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domenica 9 ottobre 2011

Verso il 15 ottobre: affollata assemblea alla Sapienza non si rassegna alla sterilizzazione della piazza. L’imbarazzo dei cobas

da anarchaos



Una affollata assemblea all’università di Roma discute della manifestazione nazionale del 15 ottobre e sul come “rimandare al mittente la lettera alla Bce”. Così com’è la giornata del 15 non convince molti. Decisa una mobilitazione per mercoledì 12 ottobre in occasione del convegno con Draghi e Napoletano alla Banca d’Italia, in pratica un vertice del “governo unico delle banche”.

La “mitica” aula I della facoltà di Lettere si riempie quasi con puntualità. Più di trecento persone tra universitari, attivisti sociali e sindacali riempie una delle più grandi aule della Sapienza per discutere della manifestazione del 15 ottobre. La chiamata è venuta dalla rete Roma Bene Comune che da mesi sta sperimentando nella capitale una modalità unitaria di gestione del conflitto sociale.
L’intervento introduttivo è di una studentessa dei collettivi universitari che parte dalle manifestazioni in corso a New York attuate del movimento “Occupy Wall Street” per arrivare alla lettera della Bce e a quello che definisce “l’inganno dell’Europa”. Il non pagamento del debito è al centro della mobilitazione. “Se responsabilità nazionale, come invoca Napolitano, significa rinunciare ai nostri diritti allora è meglio essere irresponsabili” afferma raccogliendo l’applauso scrosciante dei presenti. L’intervento arriva poi al nocciolo delle discussioni di questi giorni ed è piuttosto esplicito:”Il 15 ottobre diventa una giornata centrale se è non una sfilata ma una giornata radicale di conflitto”. Le divergenze emerse nei giorni scorsi nella preparazione del 15 ottobre si materializzano così nitidamente già in apertura di assemblea.
Ancora più netto è l’intervento di uno studente del collettivo di Scienze Politiche “Parlare di conflitto il 15 ottobre non significa evocare gli scontri in piazza ma parlare di una lotta che non abbia come obiettivo la campagna elettorale”. L’intervento annuncia un appuntamento effettivamente significativo: mercoledì 12 giugno alla Banca d’Italia ci sarà un convegno con Draghi e Napolitano. Il primo autore della Lettera della Bce, il secondo sostenitore della linea dei tagli e dei sacrifici in nome della stabilità europea. Immediatamente si anima un conciliabolìo in sala. Si tratta di decidere se trasformare questa occasione in una iniziativa non solo propedeutica al 15 ottobre ma come mobilitazione che dia il segno giusto alle proteste contro le misure antisociali del “governo unico delle banche”.
L’esponente dei Blocchi Precari Metropolitani sottolinea che il 15 ottobre è una giornata di lotta europea, rivendica il “diritto ad essere arrabbiati”, invita ad una mobilitazione permanente contro i provvedimenti antipopolari dei governi, a far echeggiare l’idea e lo slogan che “Noi il 15 non ce ne andiamo” e sostiene la proposta di una iniziativa di protesta alla Banca d’Italia per il 12 ottobre.
Una studentessa del collettivo universitario delle Malefiche ricorda come le misure del governo si accaniscono contro i servizi che servono alla donne tagliando ad esempio i consultori o all’innalzamento dell’età pensionabile delle donne.
Tocca poi ad Alessandro dei Cobas telecomunicazioni. Si capisce che deve in qualche modo interloquire con una assemblea che sul 15 ottobre ha maturato una valutazione molto diversa da quella sostenuta dai portavoce dei Cobas nelle riunioni preparatorie all’Arci. “Il 15 deve essere una piazza che garantisca l’agibilità per tutti. Occorre puntare alla coesione” sostiene nel suo intervento. Un altro esponente dei Cobas della scuola intervenuto successivamente riafferma invece la linea secondo cui la “forza del 15 ottobre deve essere soprattutto nei numeri” piuttosto che in una conflittualità a suo avviso ancora minoritaria nel paese. “A Montecitorio c’erano solo 500 compagni, dovrebbero essere invece 50.000” sostiene nell’intervento, “basterebbe portarceli invece di andarsene a San Giovanni” sibila il mio vicino.
Diversamente Luca Fagiano di Roma Bene Comune trascina l’entusiasmo dell’assemblea evocando la forza dell’autorganizzazione e la coerenza nelle pratiche del conflitto. Nel frattempo la proposta di una iniziativa per mercoledì 12 ottobre al convegno con Draghi e Napoletano alla Banca d’Italia si materializza in un comunicato dell’assemblea che dà appuntamento a tutte e a tutti mercoledì alle 15.00 al Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale, la via che la Questura ha negato alla manifestazione del 15 ottobre proprio perché c’è la sede della Banca d’Italia. Giorgio Cremaschi, dieci giorni fa era stato costretto a tenere la conferenza stampa per presentare la campagna contro il debito sulle scale del palazzo delle Esposizioni per una divieto analogo. L’iniziativa vorrebbe “restituire al mittente”,cioè Draghi, la lettera inviata dalla Bce.
Giunge all’assemblea la notizia che un gruppodi lavoratori pubblici ha occupato con un blitz la sede di rappresentanza dell’Unione Europea a Roma. L’Usb ne rivendica la paternità nel quadro delle azioni di protesta contro le misure antipopolari imposte dalle istituzioni europee.
Anche l’intervento di una studentessa di Atenei in Rivolta riprende l’appuntamento del 12 ottobre alla Banca d’Italia. “Il 15 ottobre non ci basta arrivare a Piazza San Giovanni” dice “Ci interessa occupare una piazza e non andarsene da lì per nessuna ragione”.
L’assemblea si conclude dunque con un primo appuntamento di mobilitazione fissato per il 12 ottobre e con un passaggio di discussione nazionale sabato prossimo (8 ottobre) al cinema Volturno occupato al quale parteciperanno molte delle soggettività e dei movimenti che si erano riuniti un mese fa, il 10 settembre, al deposito Atac occupato sul tema “conflitto e indipendenza”. La manifestazione del 15 Ottobre comincerà molto prima del previsto e non sembra volersi concludere la sera stessa del 15. Di fronte alla misure da massacro sociale imposte dalla Bce il movimento di protesta pare indicare delle vere e proprie antimisure, a cominciare dal non pagamento del debito. “Occorre riconsegnare le parole ai fatti” chiosa Paolo Di Vetta mentre ci si scioglie.

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