Fonte: Ansa.it
“Il direttore dello zoo ha le giuste armi per questo lavoro, le nostre non l’avrebbero nemmeno graffiato”.
Queste le parole inaccetabili di Stefan Kirchner, portavoce della polizia di Colonia alla luce di quanto successo ieri nello zoo cittadino.
Il fatto: una tigre maschio chiamata Altai (trasferita allo zoo di Colonia nel mese di Aprile dello scorso anno) è risucito a fuggire attraverso i tunnel di sicurezza che collegavano la sua gabbia all’esterno ed ha aggredito una guardiana che è successivamente deceduta in ospedale.
Prima che la tigre arrivasse all’area visitatori il direttore dello zoo ha deciso personalmente di ucciderla, per poi dichiarare “questo è il giorno più buio della mia vita”.
Innanzitutto chiediamoci chi è davvero la vittima, chi è stato anni dietro le sbarre all’interno di un ambiente fortemente antropizzato, con ritmi e cicli totalmente diversi da quelli che la sua natura richiederebbe. Chiediamoci a chi veniva imposto un recinto come casa, a vedere visi ogni giorno che osservavano l’animale esotico.
E c’è chi ha il coraggio di disquisire sulle armi usate per porre fine alla tragedia per non far arrivare la belva a chi aveva pagato il biglietto d’ingresso (ma quale è stata veramente la tragedia? quella di ieri o quella iniziata anni fa con la reclusione di Altai a Colonia), e chi illustra come il late-night opening dello zoo quel giorno è stato cancellato.
Chiediamoci chi sono veramente le belve, forse questi ‘Stefan Kirchner’, questi ‘Theo Pagel’ (il direttore), questi carcerieri che esistono in tutto il mondo con nomi diversi, che pensano solo al profitto giocando con le strategie di mercato sulle vite di animali innocenti, per portare sempre più persone all’interno delle loro strutture.
Non finanziamo queste prigioni.
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