da antifascismo-militante-italiano
pubblicata da Antifascismo Militante Italiano il giorno martedì 3 luglio 2012 alle ore 1.03 ·
Ero fermo seduto sul guardrail in prossimità dell'entrata in autostrada. Avevo lo zainetto in spalla e mi stavo godendo quella che mi promisi fosse l'ultima sigaretta per le prossime ventiquattro ore. Vista la previsione di lacrimogeni non volevo avvelenare il mio corpo ulteriormente per mia volontà. Ero teso, eccitato, preoccupato, contento, determinato, speranzoso. Poco dopo arrivarono i compagni a prendermi, mi fecero salire davanti. Raggiungemmo altri compagni RedSkin in autogrill. Un caffè per i guidatori e una piadina per gli altri. Ci rimettemmo in cammino verso l'una di notte per quella che sarebbe diventata una giornata d'amore e lotta. Era il 3 luglio 2011, direzione Val di Susa.
Arrivammo in valle verso le quattro del mattino. La scena era surreale. Calma piatta. Vedemmo qualche bariccata con i blindati negli angoli della strada per delimitare la loro zona di pazzia, ma tutto era cosi irrealisticamente calmo.
Sapevamo dei tre diversi raduni previsti ma non conoscevamo bene la zona. I navigatori facevano fatica a prendere il segnale. Proseguimmo sui tornanti fino a quando non vedemmo due ragazzi in mezzo alla strada con delle pile. Ci fecero strada per indicarci la zona del raduno che sarebbe partito da Ramats. Parcheggiammo la macchina e sprovvisti di tende decidemmo di dormire qualche ora in macchina. Non mi addormentai subito, forse nemmeno mi addormentai.
Ricordo che ogni tanto passavano delle persone su e giù dalla via in tutto silenzio. Verso le sei del mattino uscii dalla macchina e decisi di fare un giro. Mi sedetti su di un prato al ciglio della strada e ammirai lo spettacolo che mi si presentò davanti. Una vallata in tutta natura, con i suoi profumi e i suoi suoni. Rimasi affascinato cosi decisi di andare al lato della strada per scorgere il panorama in tutta la sua bellezza. Mi accorsi in breve dell'altra facciata della valle, quella tagliata da un'insormontabile autostrada. Quell'autostrada vista mille volte nei telegiornali, era proprio lei, identica. Era li. Mi venne in mente la pubblicità del kinder cereali quando il ragazzo si accorge della mano dell'uomo dietro uno scenario apparentemente incontaminato. A breve si fece l'alba e qualche compagno usci dalla macchina. Ero impaziente di rivendicare quella valle, di dare un aiuto a tutti i compagni che la settimana prima diedero lezione di resistenza.
Il ritrovo era previsto alle nove, cosi dopo una colazione piena di proteine ci incamminammo risalendo la via che portava a Ramats. Contrariamente ad altre volte sembrava che questa volta fossimo davvero organizzati. Vennero distribuite mascherine, caschetti e guanti per chi ne fosse sprovvisto. Eravamo vestiti con capi lunghi per evitare che i lacrimogeni irritassero la pelle cosi soffrimmo il caldo afoso fin dalle prime ore del giorno. L'impazienza non defluì subito. Dovettimo aspettare che i due cortei partiti alle nove raggiungessero la prossimità del cantiere. Poco prima delle unidici ci fu un briefing su come gestire l'azione e qualcuno tradusse per i compagni accorsi da altri paesi.
Al via occupammo fin da subito la testa del serpente ed in fila indiana ci apprestammo a scendere per un lungo sentiero. A tratti ci fermavamo per rimanere compatti e indiscreti davanti l'elicottero che costantemente sorvolava la zona. Penso che qualcuno di noi credette veramente che non sapevano dove fossimo, che non c'era nemmeno un infiltrato tra noi. Ad ogni modo sostenemmo le loro convinzioni rimanendo in silenzio e serrati per giungere il più possibile vicino al cantiere. Ad un certo punto fecimo una sosta più prolungata nell'attesa che anche gli altri cortei si avvicinassero al cantiere, essendoci all'interno molti compagni dei quali necessitavamo davanti ad uno spiegamento di forze cosi cospicuo. In quella attesa mi tolsi e rimessi la maschera, i guanti e il casco più volte, sperando ora che fossimo pronti, ora capendo che c'era da aspettare sentendo il caldo sempre più. Un'attesa snervante.
Dopo venti minuti buoni decidemmo di entrare nella zona del cantiere e dopo aver tagliato le reti con tutta fretta entrammo di corsa occupando uno spazio di bosco pianeggiante e con pochi alberi, terreno ideale. Fecimo partire i fuochi d'artificio per segnalare agli altri cortei che avevamo preso la zona del cantiere. Ci accorsimo subito, però, che due plotoni delle forze del disordine erano schierati in difesa dei due unici sentieri che portavano al cuore del cantiere. Da li a poco l'inferno fu inevitabile. I lacrimogeni venivano sparati in una quantità smisurata in un luogo, quale il bosco, dove nessun media era presente e il cui accesso era severamente vietato da entrambe le parti, polizia e anarchici. La cappa dovuta alla fitta vegetazione non permetteva di respirare. Ricordo di essermi quasi soffocato per ben tre volte. La lotta durò per ore, non solo nel bosco ma in tutta l'area circostante. Per ovvi motivi non racconto gli avvenimenti di quelle ore, ma ricordo invece si la risalita a fine giornata non verso Ramats però, ma verso Giaglione, poichè Ramats era stata occupata dalla polizia che da li a poco si sarebbe apprestata a scendere nel bosco. Ricordo anche che dovettimo aspettare le nove di sera prima di poter andare a riprendere la macchina in tutta sicurezza. Ricordo i posti di blocco in entrata sull'A4 pieni di celere. Ricordo infine mio padre all'uscita dell'autostrada, dove mi avevano preso all'andata i compagni, che mi abbracciò da compagno, compagno da generazioni.
Compagni non dimentichiamoci mai di quella giornata piena d'amore.
Oggi 3 luglio 2012 dobbiamo ricordare quel giorno di resistenza.
Il vostro compagno,
Nicolò Rosate.
Filippo Musumeci 2011
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