da finimondo
Michail Bakunin
Chi può, chi vuole comandare non è più mio fratello, è il mio padrone, e se gli obbedisco sono suo schiavo. «Ma non è a lui che obbedite, mi rispondono – è alla legge che egli rappresenta». – «E chi fa questa legge?» – «I rappresentanti del pensiero e della volontà popolare» – Ebbene, ecco ciò che precisamente nego.
Ci dicano gli uomini che hanno qualche esperienza della vita e dell’azione politica, sia per averla esercitata essi stessi, sia per averla vista esercitare dagli altri, se esiste una identità reale tra i sentimenti che animano il deputato coscienzioso, quando si trova in mezzo ai suoi elettori alla vigilia dell’elezione, quando briga per avere i suffragi e immediatamente dopo, e quelli che trova all’interno di una Assemblea rappresentativa, della quale esso è diventato membro anche dopo una o due settimane?
A questo problema, ogni uomo che aggiunga un poco di esperienza a molta coscienza, risponderà no. Più spesso, in queste condizioni, gli uomini non hanno nemmeno bisogno di due, e forse anche di una settimana per cambiare; essi si trasformano da un giorno all’altro; sono totalmente altri uomini, con una fisionomia nuova, altri sentimenti, altre idee. Nel più rivoluzionario si sente nascere il conservatore, il conservatore almeno dell’Assemblea di cui ha l’onore di far parte, contro «le ingiuste e stupide impazienze della popolazione». Egli non osa ancora pronunciare la parola consacrata: canaglia.
Appena ieri egli era l’amico appassionato e sincero di questa canaglia. L’ammirava, l’adorava, e fiero d’esserne amico, giurava su di essa. Perché questo cambiamento? Si sarà lasciato corrompere così presto? Corrompere, sì ma non per un interesse personale, dall’irresistibile influenza esercitata su di lui dall’Assemblea. Quando era circondato dalla canaglia popolare, in presenza dei suoi elettori, ne condivideva francamente le aspirazioni, gli istinti. Sentiva vivamente i loro dolori, i loro bisogni, la loro miseria, ed era in buona fede quando prometteva di difendere i loro interessi ad oltranza, di non essere altro che il rappresentante fedele del loro pensiero e della loro volontà. Ma, appena messo piede nell’Assemblea egli si trova in un ambiente completamente diverso. Là era assalito da ogni parte dalle reali manifestazioni della vita reale, penetrato e dominato dalle palpitazioni viventi dell’anima popolare. Qui è circondato di astrazioni, facendosi ogni deputato un dovere di subordinare gli interessi della base, i bisogni della località, cioè i desideri, il pensiero e la volontà dei suoi elettori, il mandato che gli hanno conferito e al quale aveva giurato di essere fedele – perché altrimenti non l’avrebbero eletto – subordinare a che cosa? All’interesse generale, al pensiero e alla volontà generale, alla società.
Facendo e ritenendosi impegnato a fare ogni deputato la stessa cosa, ne viene fuori che ciò che si chiama interesse generale, il pensiero e la volontà generali sono il prodotto dell’immolazione degli interessi, dei pensieri e delle volontà di tutte le località il cui insieme costituisce la società, cioè sono la negazione delle aspirazioni reali di questa società.
Ma allora questa negazione, questa astrazione: l’interesse pubblico, la salute pubblica, la ragione pubblica, la Chiesa o lo Stato, in una parola, che cosa rappresentano? Siamo generosi e non parliamo ancora degli sporchi interessi personali. Prendiamo un deputato coscienzioso e onesto e domandiamogli che cosa intende con questa grandi parole. Risponderà sviluppando tutto un sistema di organizzazione e di governo, sistema che deve necessariamente considerare come il solo giusto e vero, perché altrimenti l’avrebbe ripudiato, ma che non è il suo sistema, non è il sistema assoluto. Chi può, a meno di essere un rivelatore, un profeta, non desiderare di conoscere il sistema assoluto?
Che cosa bisogna concludere? Ogni deputato subordinando e sacrificando gli interessi, i bisogni e le aspirazioni reali dei suoi elettori a ciò che chiama l’interesse pubblico, li immola in realtà a ciò che gli sembra essere il Bene pubblico, alle sue proprie idee sugli interessi generali della società – idee alle quali in genere è tanto più ostinatamente legato, quanto più queste sono ristrette – subordina quindi in realtà il mandato dei suoi elettori non agli interessi reali del ben pubblico, ma alle sue astrazioni personali o soggettive.
Non ho quindi ragione quando dico che è sufficiente diventare un deputato, un rappresentante del popolo, per divenire subito un rappresentante d’astrazioni, un essere fatalmente estraneo alle reali aspirazioni della vita popolare? E allora, cosa diventa l’Assemblea? Una arena in cui si combattono una folla di astrazioni, molti sistemi, in cui ciascuno è del tutto estraneo, o per meglio dire, ostile al pensiero popolare, e in cui la vittoria finisce sempre per arridere ai più abili. Ma i più abili son o generalmente i meno convinti, i meno sinceramente appassionati, i meno puri… e allora? Allora, questa astrazione del bene pubblico, del pensiero e della volontà pubblica, che non si sarebbe potuta mantenere se, contraria agli interessi delle masse, non fosse stata utile a qualcuno, trova dei rappresentanti e dei difensori molto interessati nella classe dei legislatori governativi.
Ecco la pura verità sul sistema rappresentativo.
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