l’urbanistica al servizio del profitto e del controllo sociale
Trivio dei Tumultuosi
Nel 1885, un’amministrazione comunale preoccupata per le gravide tensioni sociali, sollecitata da imprenditori avidi e con l’ausilio di un giornalista servo e bigotto, diede inizio alla distruzione dell’antico centro storico di Firenze, nel nome del “progresso” e della lotta al “degrado”. Stessi pretesti, stessi metodi di oggi. Quei fatti lontani nel tempo — drammaticamente attuali — vengono qui rievocati.
Quella che stiamo presentando è la mostra che abbiamo allestito a Firenze in piazza della Repubblica (ex piazza del Mercato Vecchio) il 18 giugno 2010, poi esposta per una settimana all’interno del Trivio dei Tumultuosi nei pressi di Santa Croce, infine in piazza Santo Spirito il 25 giugno (a dispetto delle ignoranti intimidazioni della polizia municipale). È stata quindi riproposta, sempre in piazza della Repubblica, all’inizio del 2011, in prossimità della sentenza contro gli occupanti che anni prima avevano resistito allo sgombero della sede anarchica di vicolo del Panico, uno degli ultimi vicoli di origine medievale situato proprio dietro la piazza centrale del capoluogo toscano.
Nelle tre occasioni in cui è stata esibita in luoghi pubblici, questa mostra ha sempre attratto l’attenzione di tanta gente che si è accalcata attorno ai suoi 32 pannelli ricchi di vecchie e rare immagini fotografiche. Turisti incuriositi di vedere com’era la culla del Rinascimento italiano celebre in tutto il mondo per il genio dei suoi abitanti più illustri (come Dante, Giotto, Leonardo, Michelangelo...), ma anche fiorentini per lo più ignari del passato della propria città. Tutti sbalorditi dinanzi ad una bellezza perduta per sempre, distrutta per appagare la sete di profitto dei ricchi e la necessità di controllo sociale dei potenti. In piazza della Repubblica i loro occhi vagavano smarriti nell’inutile tentativo di riconoscere qualche vestigia dell’antico splendore, ma ovunque si posassero trovavano solo mediocri palazzi moderni ricettacoli della speculazione e del commercio.
I motivi per cui abbiamo organizzato questa mostra sono semplici. Pur vecchia di ormai due secoli, la storia dello sventramento di Firenze è terribilmente attuale. Essendo assai istruttiva su cosa sia sempre stata l’urbanistica, ovvero la programmazione degli spazi pubblici secondo una concezione mercantile e poliziesca dell’esistenza umana, fa capire bene cosa si nasconde anche oggi dietro le dichiarazioni dei burocrati che amministrano le città. La devastazione compiuta dal vecchio «piano di riordinamento del centro storico» annuncia quella dell’odierno «piano di indirizzo territoriale». Dopo aver conosciuto il destino del Ghetto, non ci si stupisce che l’antico carcere delle Murate sia stato trasformato per metà in condominio popolare e per metà in uffici e locali chicculturali. Dopo aver appreso dell’allontanamento degli abitanti del Mercato Vecchio, non è una sorpresa trovarsi sbarrata piazza Santo Spirito. Dopo aver preso atto della demolizione di torri, chiese e palazzi medievali per far passare i tram, non ci si potrà meravigliare per i danni a centinaia di edifici per far largo ai Treni dell’Alta Velocità. Dopo aver appreso dei profitti di uno Stefano Bardini, dell’ignavia interessata di un Pietro Torrigiani, dell’infamia di un Jarro, davvero ci si può interrogare sulle reali intenzioni di imprenditori come Riccardo Fusi, di sindaci come Matteo Renzi, di giornalisti come quelli della Nazione? Come non vedere che le esigenze, i metodi, financo le menzogne, sono rimaste esattamente le stesse?
Lo sventramento di Firenze non si è concluso alla fine dell’Ottocento — continua ancora oggi. Sta a noi fermarlo.
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