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lunedì 3 ottobre 2011

Organizzazione informal

Alfredo M. Bonanno

Per prima cosa distinguiamo l’organizzazione specifica anarchica informale dall’organizzazione specifica anarchica di sintesi. Da questa distinzione, per contrasto, verranno chiarimenti notevoli.
Cos’è un’organizzazione di sintesi, ovviamente anarchica e specifica? Si tratta di una struttura organizzativa, fondata su gruppi o individualità, in rapporto più o meno costante tra loro, che ha il suo momento culminante nei congressi periodici. In queste assemblee pubbliche si discutono le analisi teoriche di fondo, si analizza un programma e si dividono gli incarichi che coprono tutta la gamma degli interventi nel sociale. Questa organizzazione si pone pertanto come punto di riferimento, come polo capace di sintetizzare le lotte che si svolgono nella realtà dello scontro di classe. Le diverse commissioni di questo modello organizzativo intervengono nelle lotte (come compagni singoli che le compongono, o come gruppi) e, intervenendo, danno il loro contributo, ma non perdono di vista l’orientamento teorico e pratico che l’organizzazione, nel suo insieme, ha deciso nel precedente congresso.
Quando questo tipo di organizzazione si sviluppa nel pieno delle sue forze (come è accaduto nella Spagna del ’36) comincia pericolosamente a somigliare ad un partito. La sintesi si trasforma in controllo. Certo, in momenti di stanca, questa involuzione è poco evidente, e può anche sembrare una bestemmia, ma in altri momenti risulta più visibile.
In sostanza, nell’organizzazione di sintesi (sempre specifica e anarchica), esiste il presupposto di un nucleo di specialisti che formula le proposte sul piano teorico ed ideologico, adeguandole, per quanto possibile, al programma di massima deciso in sede congressuale. Gli scostamenti da questo programma possono anche essere notevoli (dopo tutto gli anarchici non ammetterebbero un adeguamento troppo pedissequo), ma, quando si verificano, si ha cura, in breve, di riportarli alla normalità della linea decisa precedentemente.
Il progetto d’intervento di questa organizzazione è quindi quello di essere presente nelle differenti realtà: antimilitarismo, nucleare, sindacati, carceri, ecologia, interventi nei quartieri, disoccupazione, scuole, ecc. Questa presenza si traduce in interventi diretti, cioè organizzati direttamente, oppure in partecipazioni ad interventi gestiti da altri compagni o da altre organizzazioni (anarchiche o no).
Se ne deduce che avendo la partecipazione lo scopo di portare la lotta all’interno del progetto di sintesi, la stessa non può essere autonoma, non può realmente adeguarsi alle condizioni dello scontro, non può collaborare effettivamente su di un piano di chiarezza con le altre forze rivoluzionarie, se non grazie al filtro ideologico della sintesi, se non attraverso le condizioni imposte dal progetto approvato in sede congressuale.
Questa situazione, che comunque non è sempre così rigida come qui sembrerebbe, comporta l’ineliminabile tendenza delle organizzazioni di sintesi a tirare verso il basso il livello delle lotte, proponendo cautele ed accorgimenti che hanno lo scopo di ridimensionare ogni fuga in avanti, ogni scelta di obiettivi troppo scoperti, ogni impiego di mezzi troppo pericolosi.

Facciamo un esempio. Se un gruppo facente parte di questo tipo di organizzazione (di sintesi, e pur sempre specifica e anarchica) aderisce ad una struttura di lotta, poniamo contro la repressione, si vedrà costretto a valutare le azioni proposte da questa struttura alla luce delle analisi precedentemente fatte e, grosso modo, approvate in sede congressuale. Ne deriva che la struttura di lotta si dovrà adeguare a queste analisi, oppure il gruppo facente parte dell’organizzazione di sintesi interromperà la sua collaborazione (nel caso costituisca una minoranza) o imporrà l’espulsione (nei fatti, se non con una precisa mozione) di coloro che avevano proposto metodi diversi di lotta.
Per quanto questa realtà politica possa fare dispiacere a qualcuno, le cose stanno esattamente così.
Ci sarebbe da chiedere perché mai, per definizione, la proposta del gruppo facente parte dell’organizzazione di sintesi, deve sempre essere più arretrata, cioè di retroguardia, o più cauta di altre proposte, riguardo possibili azioni di attacco contro le strutture della repressione e del consenso sociale.
Perché? La risposta è semplice. L’organizzazione di sintesi, specifica e anarchica, la quale, come abbiamo visto, trova il suo momento principale nel congresso periodico, ha come scopo fondamentale la crescita quantitativa. In quanto struttura di sintesi ha bisogno di una forza operativa che deve crescere. Non proprio all’infinito, ma quasi. In caso contrario non avrebbe la capacità di intervenire nelle diverse realtà e non potrebbe nemmeno ipotizzare il proprio compito principale che è, appunto, quello di procedere alla loro sintesi in un punto di riferimento unico.
Ora, chi ha come scopo primario la crescita quantitativa deve utilizzare strumenti di intervento che possano garantire il proselitismo e il pluralismo. Di fronte ad ogni problema non può assumere una posizione netta e chiara, che spesso risulta invisa ai più, ma deve trovare una via di mezzo, una strada politica per dispiacere ai meno e risultare accettabile ai più.
Ancora, su alcuni problemi, come quello repressivo e le carceri in particolare, la posizione più corretta è spesso molto pericolosa, e nessun gruppo può mettere a repentaglio un’organizzazione di cui fa parte senza prima mettersi d’accordo con gli altri gruppi. Ma ciò può avvenire solo in sede congressuale, o almeno di convegno straordinario, e tutti sanno che proprio in queste sedi finisce sempre per prevalere l’opinione più moderata e non certo quella più avanzata. Così, la presenza dell’organizzazione di sintesi all’interno delle lotte reali, delle lotte che si inseriscono nel vivo dello scontro di classe, costituisce un freno e un controllo (spesso involontario, ma pur sempre un controllo).
L’organizzazione informale non ha questi problemi. I gruppi di affinità e i compagni che si riconoscono in un’area progettuale di natura informale sono insieme di fatto e non certo per l’adesione ad un programma fissato in un congresso. Il progetto in cui si riconoscono è realizzato da loro stessi, dalle loro analisi e dalle loro azioni. Può trovare occasionale punto di riferimento in un giornale o in una serie di riunioni, ma ciò solo per facilitare le cose, mentre non ha nulla a che vedere con congressi o altre faccende del genere.
I compagni che si riconoscono in un’organizzazione informale ne fanno automaticamente parte. Si tengono in contatto con gli altri compagni, tramite il giornale o tramite altri mezzi, ma, quel che è più importante, si tengono in contatto partecipando alle diverse azioni, manifestazioni, incontri, ecc. che, di volta in volta, si realizzano. Il punto centrale di verifica e di approfondimento è dato dal vedersi in momenti di lotta che, all’inizio, possono anche essere semplicemente momenti di verifica teorica per poi diventare altro.

In un’organizzazione informale non c’è problema di sintesi, non si vuole essere presenti nelle diverse situazioni e tanto meno formulare un progetto che riconduca le lotte nell’alveo di un programma precedentemente approvato.
L’unico punto di riferimento è la metodologia insurrezionale: in altri termini l’autorganizzazione delle lotte, la conflittualità permanente e l’attacco.

[Pubblicato con il titolo Organizzazione di sintesi e organizzazione informale su "Anarchimso", n. 47, 1985.
Ora in Anarchismo insurrezionalista, Edizioni Anarchismo, Trieste 2009]

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