da http://www.osservatoriorepressione.org
Qualche anno
fa, a Vallo della Lucania, un uomo venne braccato da un imponente
schieramento di forze dell'ordine per aver commesso un'infrazione
stradale. L'uomo era conosciuto dai servizi psichiatrici territoriali,
si chiamava Francesco Mastrogiovanni e per questo scattò nei suoi
confronti un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Per chiunque
altro sarebbe
finito tutto con una multa o, nel peggiore dei casi, con un ritiro della
patente. Ma per il maestro delle elementari la vicenda si concluse in
un reparto di psichiatria dove trovò la morte dopo 4 giorni di
contenzione forzata.
Un'altra storia
simile avvenne in Sardegna, dove Giuseppe Casu, venditore ambulante,
mentre protestava per il diniego dell'autorizzazione a occupare il suolo
pubblico veniva internato e moriva nel reparto psichiatrico di Cagliari
dopo diversi giorni di letto di contenzione.
In realtà si
tratta di storie dall'origine più disparata, che non avrebbero niente in
comune tra di loro se non fossero accomunate dal ricovero in un reparto
psichiatrico in seguito al quale è sopraggiunta la morte.
In Italia la
detenzione psichiatrica, ovvero il Trattamento Sanitario Obbligatorio, è
regolamentata dalla legge 180 del 1978. Questa per arginare gli abusi
del sistema Manicomiale sancì tutta una serie di norme che resero
l'internamento coatto un provvedimento amministrativo temporaneo,
proposto da medici, autorizzato dal Sindaco, in qualità di autorità
sanitaria locale e convalidato dal giudice Tutelare, entro tempi
prestabiliti. Omissioni e ritardi producevano la nullità del
provvedimento amministrativo da realizzarsi solo ed esclusivamente nei
reparti psichiatrici di ospedali generali.
La riforma
Basaglia, come venne soprannominata, condusse gradualmente alla chiusura
delle grandi strutture manicomiali e alla nascita degli SPDC (Servizi
Psichiatrici di Diagnosi e Cura), dove si sarebbero dovute internare
persone solo per gravi ed urgenti motivi e per un periodo di tempo
limitato ad una settimana, prolungabile con una richiesta di proroga e
con la convalida del Giudice Tutelare. La legge Basaglia stabilì in
sostanza una procedura formale che avrebbe dovuto funzionare da antidoto
agli abusi manicomiali. Un tentativo di imbrigliare gli eventuali abusi
psichiatrici nelle maglie di una burocrazia che dava, a chiunque ne
avesse l'interesse, il diritto a ricorrere verso tale provvedimento, una
sorta di controllo democratico sull'operato dell'istituzione
psichiatrica che nel suo passato manicomiale si era contraddistinta per
particolari violazioni ed atrocità.
A Pisa esiste
il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud che si muove ormai da più
di un decennio in difesa dei diritti fondamentali delle persone che
diventano pazienti psichiatrici e vengono quindi sottoposti al TSO. Il
Collettivo viene contattato dai diretti interessati quando sono in
reparto, da familiari, da amici e vengono richiesti consigli,
informazioni legali e sui farmaci, viene chiesto aiuto e sostegno o
semplicemente di essere ascoltati per denunciare quello che per loro è
un abuso. In questo modo pervengono all'orecchio del Collettivo molte
storie di vita che quando vengono verificate e approfondite risultano
complicate dalla psichiatria stessa.
Come la storia
di un uomo, pervenuta di recente all'orecchio del Collettivo, al quale
la psichiatria aveva intenzione di fare l'elettroshock. Il signore in
questione è stato ricoverato per più di venti giorni all'ospedale Santa
Chiara di Pisa senza essere oggetto di alcun provvedimento di
trattamento sanitario obbligatorio. In maniera preventiva, non appena
l'uomo arrivava al reparto di psichiatria veniva immediatamente legato.
L'uomo era li perchè non mangiava più da due settimane, ma fu
immediatamente legato al letto e solo diversi giorni dopo alimentato.
Questa storia è emblematica del fatto che gli psichiatri abbiano avuto
immediata premura di legare la persona al letto e di proporre
l'elettroshock, ma non di alimentarla. Negli stati di anoressia, quando
necessita un'alimentazione forzata, si arriva spesso a legare al letto
per prevenire il rischio che il paziente si tolga il sondino
naso-gastrico, ma nel caso di quest'uomo la misura di sicurezza
preventiva è stata antecedente addirittura all'alimentazione,
prolungando così il suo digiuno.
Spesso durante i
ricoveri psichiatrici vengono omessi gli obblighi di legge previsti
dalla legge 180, procrastinando illegalmente nel tempo, anche per
settimane, la formalizzazione del TSO. Re-legare a letto produce rischi
per l'apparato respiratorio, mina le capacità motorie e compromette
gravemente l'autonomia di una qualunque persona, specialmente per
periodi prolungati. Inoltre la risposta omologante e uguale per tutti
che si sostanzia nella somministrazione di psicofarmaci, presso il
proprio domicilio, in day hospital, in casa famiglia o in reparto, rende
la psichiatria pubblica come una sorta di dispositivo di controllo dal
quale, una volta entrati, non è facile uscire, facendo sentire le
persone completamente espropriate della facoltà di decidere della
propria esistenza. In nome di una presunta e presupposta pericolosità
sociale, che è sempre importante ricordare non proviene da una sentenza
di un tribunale, ma di fatto dal semplice giudizio psichiatrico, vengono
limitati i diritti costituzionali delle persone.
Dalla
esperienza del Collettivo questo approccio psichiatrico alla questione
che fa della persona "malata" un nemico della società dal quale bisogna
difendersi, produce una sorta di stato di guerra permanente che ad
esempio porta alla contenzione al letto anche persone molto pacifiche.
Tra l'istituzione e le persone coinvolte c'è una vera e propria guerra
fredda in nome della sicurezza preventiva e questo conduce
inevitabilmente all'innalzamento di muri di incomprensione e alla
degenerazione delle vicende di cui la psichiatria si prende
carico.
Tutte le cure
dovrebbero essere volontarie senza eccezione per le "patologie
psichiatriche", solo con l'abolizione del TSO si possono superare gli
abusi che si sono perpetrati nei manicomi e che oggi continuano nei
reparti di psichiatria. Per non avere altri casi Mastrogiovanni,
bisognerebbe smetterla di legare persone, e capire che chiunque se viene
maltrattato e forzato diventa pericoloso per chi lo maltratta e lo
forza.
Al di là di
tanta bella teoria, nella realtà dei fatti, la psichiatria pubblica non
cerca di conoscere la storia ed il vissuto delle persone, per tutti
esiste una sola risposta terapeutica: quella farmacologica o tutto al
più l'elettroshock. Chi non ha abbastanza denaro e non può permettersi
uno specialista privato o scegliere liberamente una struttura dove
ricoverarsi difficilmente sarà capace di sottrarsi ad un destino che
altri hanno "prescritto" per lui.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud- Pisa
Collettivo Telefono Viola- Milano
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