da finimondo
Secondo la celebre frase di Mark Twain, «i redattori e le persone
che hanno i vermi» sono i soli a poter utilizzare il termine «Noi», ma a
quanto ci risulta nessuno ha mai fatto un'analisi approfondita dei
rapporti di potere nascosti in questo monosillabo.
«Noi» suona egualitario, comune e cooperativo, anche se il più
delle volte indica di fatto dei rapporti sociali gerarchici e
coercitivi. Anche il fascismo, non scordiamolo, è una forma di
collettività. Nella prima fase della nostra indagine, abbiamo scoperto
diverse varianti del termine «Noi». Eccole, anche se si tratta di un
elenco ben lungi dall'essere esaustivo:
Il Noi del leader: «... e noi daremo la nostra vita, se occorre, per proteggere la nostra patria!».
Il Noi del manager: «Quest'anno siamo riusciti ad aumentare la produttività del 25%, e questo investirà anche i profitti».
Il Noi del cuoco: «Dobbiamo pulire in fretta questa cucina in meno di mezz'ora».
Il Noi della baby-sitter: «Facciamo un po' di capricci stasera? Forse è meglio se andiamo a letto?».
Il Noi del tifoso: «Andiamo ai mondiali quest'anno!». Ma certo che ci vai!
Il Noi dell'attivista: «Whose streets? Our streets!». Di chi precisamente?
Il Noi del partito: «Ora che le fabbriche sono in mano agli operai,
possiamo iniziare la creazione del paradiso terrestre per l'Umanità!».
(Un attimo prima di andare semplicemente in Siberia).
Il Noi di Zamyatin: un romanzo sottovalutato da cui Orwell si è ispirato molto per scrivere 1984.
Alcune forme di Noi fanno riferimento a corpi sociali del tutto
mitici: il Noi del cittadino, ad esempio, il quale indica tutte le
persone raggruppate all'interno della cittadinanza, essa stessa concessa
dallo Stato-nazione, anche se alcuni cittadini hanno una posizione
critica nei confronti dello Stato. Altre forme, come il Noi
dell'identità, vogliono creare dei corpi sociali coscienti di se stessi
(o «aventi una coscienza di sé») valorizzando una comunità mitica sulla
base di una argomentazione indiretta.
Numerose sono le forme di processi collettivi che si nascondono nel
«Noi». Nel mondo della politica, c'è il Noi democratico — «Abbiamo
votato per l'espulsione del 40% dei nostri membri» — ed il Noi del
consenso — «Abbiamo avuto bisogno di quattro settimane per scrivere un
paragrafo che avrei potuto scrivere da solo in tre minuti».
Una lettura anarchica della parola «Noi» non potrebbe essere
completa senza una indagine concernente il «Noi» del propagandista.
Questo è un parente prossimo del Noi «plurale maiestatis»*, in quanto è
tutto fuorché uno.
Il Noi del propagandista è popolare soprattutto fra i radicali che
vogliono farsi passare per persone che comprendono da sole tutto un
movimento sociale coerente. Nel migliore dei casi, si tratta di una
immaginazione piena di speranza; ma nel peggiore, si tratta viceversa di
quella del futuro despota che vagheggia la formazione di un esercito di
ingranaggi, non riuscendo ad immaginare altre forme di rapporti.
Con queste ambiguità in mente, quale uso è ancora possibile della parola «Noi»?
Noi (eccolo, il «noi»!) vorremmo richiamare l'attenzione del
lettore sulla nota battuta fra Tonto e Lone Ranger mentre sono inseguiti
da un'orda sanguinaria di sedicenti indiani:
«Sembra che siamo nella merda, vecchio mio», constata Lone Ranger.
Al che Tonto risponde: «Cosa vuoi dire con "siamo", uomo bianco?».
* L'idea che sta dietro il pluralis maiestatis è che il
monarca parli sempre a nome del suo popolo. Allo stesso modo, si
riferisce a decisioni del consiglio municipale come se fossero quelle de
«la» città, invece che quelle del governo di questa città.
[trad. da Salto, n. 1, maggio 2012]
Nessun commento:
Posta un commento