da osservatoriorepressione
“Drogato di
merda, non reggi nemmeno uno schiaffo”. Pugni e minacce dagli agenti di
polizia penitenziaria a un detenuto: Alessandro Ricci - 51 anni e un
passato con qualche problema di tossicodipendenza - ha deciso di
denunciare “perché certi episodi non accadano più”.
Ieri sulla
vicenda si è svolta la seconda udienza davanti al giudice Eugenio Turco e
al pm Barbara Santi. Solo uno per ora è stato riconosciuto, Umberto
Fortuna - assente in aula - difeso dall’avvocato Riccardo Gozzi, che
rigetta le accuse: “È una storia priva di fondamento”. Fortuna è stato
riconosciuto da alcune foto, “ma se avessi davanti gli altri - ha
commentato Ricci - li indicherei subito”.
La vicenda.
Tutto ebbe inizio il 19 luglio del 2008: dopo una perquisizione nella
sua azienda agricola, i carabinieri trovarono alcune piante di
marijuana. Ricci fu quindi arrestato e portato a Mammagialla. “Quel
giorno - ha raccontato Ricci, difeso dall’avvocato Cristina Gotti
Porcinari - alla visita di ingresso fui riconosciuto come persona
tranquilla. Entrai con scarponi da lavoro con punta metallica e un paio
di zoccoli, depositai 176 euro e i miei beni personali. Ma era sabato e
non essendoci il personale addetto non fu registrato nulla”. Dopo due
giorni in isolamento, il lunedì mattina all’ufficio matricole iniziarono
i problemi. “Ho chiesto i miei zoccoli, l’agente disse no. Insistetti e
fui insultato”. Nella denuncia, la frase attribuita da Ricci all’agente
è “stai zitto e non rompere i coglioni”.
La violenza.
Alla nuova richiesta l’agente avrebbe iniziato a prenderlo a schiaffi.
“Non fu Fortuna - ha continuato Ricci - ma lui era lì che rideva. Poi
arrivò un altro e mi dette dei pugni, quindi mi colpì prima con una
penna, che si ruppe subito, e con altri oggetti. Mi coprii con le
braccia per difendermi. Alla fine andai via scalzo e sanguinante.
Durante il tragitto incrociammo un’altra persona che, vedendomi in
quello stato, disse: sono sempre loro che fanno questo casino,
riferendosi a chi mi avevano colpito”. Poi le medicazioni e di nuovo in
cella.
Non finì lì.
Dopo essersi presentato “scalzo davanti al giudice” e aver ottenuto gli
arresti domiciliari, fu il momento di tornare a prendere le proprie cose
prima di andarsene. Ad aspettarlo c’era Fortuna. “Mi disse: firma e ti
ridò le tue cose. Ma io - ha proseguito Ricci - le volevo prima di
firmare, così lui disse che se non lo avessi fatto non sarei più uscito.
Dopo la firma però sottolineò che le aveva buttate.
Insistetti per
riaverle e mi prese a pugni anche lui. Intervenne la persona che si
occupava della contabilità: per proteggermi mi chiuse dentro una
stanza”. Alla fine avrebbe riavuto solo 104 euro su 176. Tornato a casa
si sentì male, chiamò l’ambulanza e fu portato a Belcolle, ma non fu
ricoverato. Poche ore dopo “su consiglio del maresciallo Angelo
Ciardiello - ha concluso Ricci - mi feci fotografare le ferite e
consegnai il rullino ai carabinieri”.
La difesa.
L’avvocato di Fortuna smentisce la ricostruzione. “È una storia priva di
fondamento - ha commentato Gozzi al termine dell’udienza - e il mio
assistito respinge ogni addebito. Anzi, mi sembra strano che la sua
posizione non sia stata archiviata”. Come testimoni sono intervenuti due
medici: Luca Moscetti ed Enrico Giuliani. Il primo visitò Ricci dopo il
primo giro di pugni evidenziando ferite da taglio ed escoriazioni al
volto e alle braccia. Il secondo lo fece prima che uscisse, aggiungendo
al precedente diario medico ulteriori lesioni da grattamento. Prossima
udienza il 26 settembre.
fonte: Il Messaggero
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