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venerdì 11 maggio 2012
1972
pubblicato sul n.16/92 di UMANITA' NOVA
il 24 dicembre 1971 viene eletto presidente della Repubblica Giovanni Leone, esponente della Democrazia Cristiana, con i voti determinanti del Movimento Sociale Italiano, il partito neofascista diretto da ex-repubblichini.
Il 17 febbraio 1972 si forma il 1° governo Andreotti, monocolore democristiano con l'appoggio dei liberali. Il governo non ottiene la fiducia e il presidente della Repubblica scioglie anticipatamente le Camere e indice le elezioni per il 7 e 8 maggio successivi.
Forte del contributo dato all'elezione di Giovanni Leone e all'appoggio dato, quando necessario al Governo, Giorgio Almirante, fucilatore di partigiani, alla vigilia delle elezioni si appella allo scontro fisico. Intanto il 23 febbraio è cominciato il processo a Pietro Valpreda e agli altri compagni del 22 marzo. La manifestazione antifascista dell'11 marzo a Milano è l'occasione per riprendersi la piazza: il 12 dicembre la questura aveva relegato le manifestazioni degli anarchici e della sinistra extraparlamentare per l'anniversario della Strage di Stato in periferia; è un sabato di scontri, ma anche il segnale che i movimenti di lotta non sarebbero rimasti ad assistere passivamente.
Da allora tutta l'Italia fu percorsa da un grido: i fascisti non devono parlare.
Genova: protetto da migliaia di celerini, parla Almirante: portuali, giovani proletari scendono duramente in piazza; Pistoia, 13 aprile: ci prova Birindelli, ma i compagni si sono bene organizzati e l’ammiraglio si prende pure una sassata; Roma, Centocelle, quartiere proletario, 14 aprile: comizio di Caradonna, De Lorenzo, Turchi e Trombetta; i proletari tappano loro la bocca e non solo la bocca. Agli scontri partecipano donne, bambini, compagni di base del PCI, nonostante che il partito avesse invitato i suoi iscritti a restarsene a casa buoni buoni.
Crotone, San Benedetto, Venezia, Mclii. Cinisello, Siena. Sarno, Piombino, Civitavecchia, Viareggio: i FASCISTI NON PARLANO!
Fra le forze politiche che sostengono la mobilitazione antifascista ci sono gli anarchici: Umanità Nova (in quel periodo viene denunciato più volte il responsabile Alfonso Failla); la Federazione; i gruppi e le organizzazioni territoriali come i Gruppi Anarchici Toscani, che coordinano la campagna politica e la presenza dei compagni in regione.
Il 4 maggio Niccolai parla a Livorno, Franco ed altri compagni di Pisa partecipano agli scontri provocati da polizia e carabinieri che difendono l'ex-repubblichino; gli scontri continueranno fino a tarda notte.
Il 5 tocca a Pisa: nonostante la mobilitazione degli antifascisti, la sproporzione delle forze è evidente; la polizia carica da subito e inizia la caccia all'uomo. Franco viene fermato dalla parte opposta della città rispetto a quella dove parlava Niccolai, viene massacrato di botte e trascinato in carcere. Il giorno dopo viene interrogato da sostituto procuratore Sellaroli, in preda a fortissimi dolori alla testa, il giorno dopo ancora è morto in galera. Non era stato nemmeno ricoverato in ospedale, perché cercarsi delle grane? Tanto più che si tratta di un giovane proletario, impegnato nello studio e nel lavoro, ma senza famiglia, senza mezzi; al punto che per dormire era stato costretto ad accettare l'ospitalità nell'allora riformatorio di Pisa, in Piazza San Silvestro.
Franco era un anarchico, un militante del gruppo “Pinelli” di Pisa, che operava all'interno della Federazione Anarchica Pisana; partecipava attivamente alle riunioni dei Gruppi Anarchici Toscani e alle loro iniziative, tra cui la campagna contro la Strage di Stato e alle mobilitazioni antifasciste: nel Movimento Anarchico aveva trovato finalmente quella solidarietà e quello spirito di libertà che aveva cercato in tutta la sua breve vita.
Mi sono letto la collezione di Umanità Nova di quei giorni, e sono rimasto colpito dal fatto che allora come oggi venisse denunciata la svolta autoritaria del governo e delle istituzioni, svolta che aveva nel Movimento Sociale Italiano la ruota di scorta. A distanza di quaranta anni è significativo Il paragone tra l'evoluzione dell'Italia e quella del Cile in quegli anni: in entrambi i paesi la Democrazia Cristiana era protagonista, ma in Cile l'atteggiamento legalitario della sinistra al potere non venne controbilanciato da una mobilitazione rivoluzionaria dal basso, cosa che invece avvenne in Italia, dove gruppi di esaltati, illusi e arrabbiati riuscirono a coinvolgere anche settori della base dei partiti riformisti e dei sindacati di Stato. In conclusione: in Cile ci fu il colpo di stato, la dittatura di Pinochet, migliaia di desaparecidos; in Italia la svolta reazionaria è stata rinviata. Questo fa anche chiarezza sulla leggenda del Partito Comunista che difende la democrazia; nel 1972 (come in altre occasioni) il PCI era dalla parte della polizia che massacrava i compagni, dall'11 marzo a Milano all'assassinio di Franco Serantini, ha solo raccolto i frutti di una lotta che noi, come anarchici, abbiamo portato avanti in prima persona. Forse non è stata una vittoria, ma sicuramente i piani dei nostri nemici, la strategia della tensione e delle Stragi di Stato è stata sconfitta. Ricordare Franco Serantini significa anche recuperare insegnamenti per le lotte di oggi.
Tiziano Antonelli
polizia in lungarno gambacorti. pisa 05/05/1972
comizio in piazza carrara. pisa 20/05/1972. parlano gianni landi e alfonso failla
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