da lavallecheresiste.
articolo tratto da ‘Il Corriere della Sera’, 26 marzo 2012Stefania Divertito è una giornalista autrice di diverse inchieste sul rapporto tra la giustizia e l’ambiente. Si è occupata spesso anche del poligono di Quirra e ha scritto un libro intitolato «Toghe verdi» tutto dedicato alle vittime dell’inquinamento in giro per l’Italia.
Quanto sono importanti i primi risultati dell’inchiesta della Procura di Lanusei?
«Molto, per due ragioni. La prima è che l’indagine fa luce su una zona grigia rimasta nell’ombra per molti anni. La seconda è che finalmente sono state individuate le persone che avrebbero dovuto sorvegliare sulla salute dei cittadini e che invece hanno omesso o nascosto per tutelare chissà quali altri interessi. Quelle persone sono le stesse che hanno minacciato i rappresentanti dei comitati dei cittadini».
Quali sono, ora, gli sviluppi possibili?
«Speriamo che ci sia il rinvio a giudizio e che il processo si concluda con le giuste condanne. Non sempre è scontato. Il caso degli ammiragli della Marina militare assolti nei giorni scorsi fa riflettere: erano chiamati a rispondere della morte di alcuni marinai contaminati dall’amianto respirato sulle navi, ma il procedimento nei loro confronti si è concluso con un nulla di fatto».
Cosa si aspettano i cittadini dei paesi vicini al poligono e i comitati contro le basi?
«Chiedono che si vada avanti, che all’attività della magistratura segua quella della politica. Bisogna bonificare le aree e trovare un futuro diverso a quel territorio».
Una drammatica certezza e un inquietante sospetto. La prima: nelle ossa di dodici cadaveri riesumati per ordine del magistrato ci sono tracce del micidiale torio. La seconda: le persone stroncate dal nemico radioattivo potrebbero essere non meno di centosessanta. E proprio per questo la Procura della Repubblica di Lanusei ha deciso di approfondire ulteriormente l’inchiesta sui veleni della base militare del Salto di Quirra.
L’indagine è arrivata ora a una prima conclusione e nel registro degli indagati sono finiti in venti: gli ex comandanti del poligono sperimentale di Perdasdefogu e del distaccamento di Capo San Lorenzo, ma anche i responsabili sanitari del comando militare, alcuni professori universitari e i membri di un commissione nominata dal Ministero della Difesa che avrebbero dovuto studiare gli effetti della contaminazione dell’uranio.
Nell’elenco dei primi venti indagati, visto che l’inchiesta potrebbe avere altri sviluppi, è finito anche il sindaco di Perdasdefogu, uno dei paesi su cui ricade la gigantesca base militare sarda. Walter Mura, insieme al medico competente del poligono, è accusato dal procuratore Domenico Fiordalisi di aver ostacolato l’inchiesta sul disastro.
Il poligono sperimentale di Quirra è il primo al mondo a finire sotto inchiesta, solo un’altra volta (in Francia) era stata dimostrata con chiarezza la diretta relazione tra una morte sospetta e la contaminazione da uranio impoverito. Nella base ogliastrina la situazione è ben più grave. E per provarlo, il procuratore Fiordalisi ha schierato un pool di esperti di fama internazionale e ha ordinato la riesumazione di diciotto cadaveri. Il risultato è impressionante: in dodici casi il professor Evandro Lodi Rizzini ha riscontrato una grande quantità di torio radioattivo sulle ossa analizzate. I parametri non solo oltrepassano la media, ma risultano ben superiori a quelli riscontrati sulle persone che non hanno mai frequentato l’area del poligono militare.
A Perdasdefogu e Capo San Lorenzo le esercitazioni militari e le sperimentazioni sui nuovi armamenti hanno creato un disastro senza precedenti.
La diffusione dei tumori e delle leucemie tra gli abitanti della zona, secondo la tesi della procura, dimostrano come le sostanze tossiche e radioattive abbiamo contaminato il suolo, le falde acquifere che alimentano diversi paesi e persino l’atmosfera. Gli effetti, oltre alla morte di tanti militari e dei pastori che hanno allevato le loro greggi dentro il poligono, sono dimostrati dalla nascita di bambini e agnelli malformati. Ora c’è la prova, quella che non hanno mai riscontrato le commissioni nominate per far luce su uno strano fenomeno di cui si parlava da molti anni. E anche per questo, nell’elenco degli indagati, ci sono professori e altri specialisti che avrebbero volutamente negato gli effetti della contaminazione.
«Basta tentennamenti – sostiene il presidente regionale di Legambiente, Vincenzo Tiana – è urgente intervenire subito con la bonifica delle zone più contaminate e contemporaneamente stabilire una moratoria per le esercitazioni militari. I risultati delle analisi sulle salme anno confermato la gravità di una situazione che denunciamo da anni. Ora non è più consentito rimandare e decisioni ad ulteriori verifiche. Bisogna intervenire subito per mettere in sicurezza la popolazione e ristabilire l’equilibrio ambientale».
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