da osservatoriorepressione
Óscar Sánchez è tornato a Barcellona, dopo aver passato ben due anni, in carcere a Roma e Napoli, accusato di un crimine che non aveva commesso: traffico di droga. È saltato fuori che un appartenente alla mafia uruguayana aveva utilizzato i suoi documenti per effettuare “varie transazioni”, precisa El Pais: insomma, un caso di furto di identità.
E due anni di vita perduta nelle carceri italiane, dove, racconta Oscar, il detenuto sarebbe stato letteralmente seviziato. “A Roma”, dove l’uomo è stato inizialmente detenuto, “mi hanno trattato con rispetto, ma a Napoli è andata diversamente. Mi hanno picchiato con un bastone, bruciato con le sigarette, calciato nel petto, spinto la testa nell’armadio e inciso una “N” per “Napoli” nel mio braccio”, racconta Oscar, che però dice di non avercela con l’Italia: “Una cosa è l’Italia, un’altra quel che mi è successo. È stata un’esperienza che mi ha aiutato ad essere più uomo, più disciplinato e a dire di no alle cattive persone”, spiega Oscar. “Prima del mio arresto”, dice, “dicevo sì a tutti”.
“Sanchez”, racconta El Pais, “è stato arrestato come sospetto narcotrafficante dopo che un membro della mafia uruguayana, Marcelo Roberto Marín, ha usato i suoi documenti per effettuare varie transazioni, come prenotare stanze di albergo. La difesa di Sanchez, come d’altronde la polizia spagnola, ha sempre affermato che l’uomo è stato vittima di furto di identità”. Inizialmente Sanchez aveva detto di aver perso la sua carta di identità, ma più tardi ha ammesso di averla prestata ad una conoscenza in cambio di denaro. Pensava che sarebbe stata utilizzata per una serie di questioni amministrative in favore di un soggetto senza documenti legali”, come un clandestino insomma. “Sembra che sia tutto a posto”, dice di lui il cugino, che lo è andato a prendere in Italia: Oscar è stato accolto dai suoi familiari, festanti.
Tommaso Caldarelli da http://www.giornalettismo.com/
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