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Submitted by admin on 7 ottobre 2011 – 23:35No Comment
Scriviamo
queste righe dalle nostre montagne, sperando che dalle Alpi possano
arrivare a tutto lo stivale, da Cortina a Lampedusa. La nostra valle
vive un momento di lotta intensa, di resistenza: ogni giorno è qui,
ormai, un giorno decisivo. Dai nostri presidi, dalle nostre baite, dai
nostri paesi, dalle strade e dai sentieri che li collegano, attorno al
fortino militarizzato creato dal governo a difesa del non-cantiere
dell’Alta Velocità, stiamo resistendo. Ed è da resistenti che ci
rivolgiamo a voi, che ci rivolgiamo all’Italia. La lotta No Tav è una
lotta per la difesa della salute e del territorio, ma non solo: è una
lotta contro la consegna della ricchezza prodotta collettivamente, in
tutto il paese, nelle mani di pochi. È una battaglia contro l’alleanza
strategica tra stato e mafia, ma è anche l’idea di un mondo diverso,
costruito insieme attraverso nuove pratiche di decisione dal basso. È un
movimento in difesa della nostra valle, che amiamo ora come non avevamo
mai amato, ma è anzitutto un grido che si leva da un luogo nel mondo,
rivolto a tutto il mondo.
Il 15 ottobre, in Europa e non solo,
migliaia di persone risponderanno all’appello che giunge dagli
indignados spagnoli: da coloro che, a partire dal marzo scorso, hanno
deciso di trasformare, a modo loro, la vita politica del loro paese.
Persone comuni – non eroi! – proprio come noi e voi, che hanno invaso le
piazze delle loro città, parlando alla Spagna della società che
vorrebbero costruire, sulle ceneri della classe politica che governa il
loro paese. Come la Val Susa non può vincere senza l’Italia – e, lo
diciamo con convinzione, un’Italia migliore non può nascere senza la
vittoria della Val di Susa – così i ragazzi spagnoli non possono vincere
senza l’Europa. Che cosa vogliono? Una politica e un’economia al
servizio di tutte e tutti, il rispetto per l’essere umano e per
l’ambiente, la morte definitiva dell’accentramento del potere mediatico,
dell’abuso sistematico di quello politico, della corruzione, del
commissariamento globale da parte della grande finanza. Ogni volta che
ripetiamo questi stessi, identici concetti nelle nostre assemblee
popolari, ogni volta che li gridiamo lungo le vigne o sotto le reti
della militarizzazione, sentiamo di portare avanti una lotta che è la
loro stessa; ma è la stessa degli studenti greci e tunisini, dei ragazzi
che vengono arrestati sul ponte di Brooklyn e di quelli che cambiano la
storia in piazza Tahirir.
Allora che aspettiamo? Il tiranno che ci
governa è a Roma! A Roma è il mandante politico dell’invasione militare
della Valle, a Roma è il mandante politico del Tav: decrepito,
vergognoso e trasversale, proprio come in Spagna, proprio come in
Grecia. A Roma sono i palazzi che hanno partorito una manovra di
assassinio di due o tre generazioni, e mentre con una mano rapinano gli
italiani di 20 miliardi di euro, con l’altra firmano gli accordi con la
Francia per regalarne 22 al malaffare, distruggendo con il Tav le nostre
vite e la nostra vallata. Mentre già discutono la necessità di una
manovra bis per attaccare ancora più a fondo, in nome dei diktat della
BCE, la società italiana, spendono 90.000 euro al giorno per gasarci al
CS e reprimere in ogni forma il nostro dissenso, per la sola colpa di
esserci ribellati al loro decennale strapotere. Questo è ormai la Val di
Susa, del resto: un pericoloso esempio per tutte e tutti, da sradicare
con la forza. Cosa aspettate? Cosa aspettiamo? Se vogliamo un futuro, un
futuro qualsiasi, non abbiamo scelta: dobbiamo sfidare la casta – tutta
la casta! – e dobbiamo vincere. A Roma ci saremo per sentire ancora il
vostro abbraccio, dopo mesi difficili in cui abbiamo sofferto, ma anche
sognato; e tra i nostri sogni ci sarà sempre quello in cui vi vediamo
marciare fin sotto i palazzi del potere, e lanciare tutti insieme il
grido che arriva, forte e chiaro, dalla Spagna: Que se vayan todos!
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