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lunedì 6 febbraio 2012

La condanna del "comunismo" autoritario da parte di Michail Bakunin



 
Il nostro debito nei confronti di Michail Bakunin è molteplice.
 
Ma ce n'è uno che è tra tutti il più importante. I comunisti libertari della fine del XX secolo gli devono soprattutto, ben oltre le sue polemiche con Marx, superandole ad ampie falcate, di aver letto in un futuro ben più lontano ciò che un giorno sarebbe stato il bolscevismo. Certo, per fare ciò, si è mostrato eccessivo, spesso ingiusto, nei confronti del suo contemporaneo, il fondatore del socialismo detto scientifico.Tutt'al più alcuni tratti autoritari e contaminati di statismo erano evidenziabili in Marx, benché non manifestantesi che allo stato embrionario. Il colpo di forza del congresso dell'Aja del 1872 che escluse Bakunin dall'Internazionale aggrava queste velleità. Bakunin, nella sua polemica, se la prende meno con il suo rivale che con lo Stato popolare (Volksstaat) dei lassalliani e socialdemocratici, che Marx e Engels impiegarono troppo tempo a respingere.
 
marx_engels_congresso_aja_1872.jpgCongresso dell'Aja del 1872 che oppose le componenti marxista e anarchica della prima Internazionale (quadro di A. Rieznikov, nel più puro spirito oleografico sovietico).

herzen_e_Ogarev_1861.jpgMa, avendo individuato l'embrione, Bakunin ha avuto la divinazione geniale della sua escrescenza futura. Così che la sua critica smisurata e un po' tendenziosa si troverà giustificata a posteriori quando essa si applicherà agli epigoni abusivi di Marx. La prescienza di Bakunin in quanto alle divinazioni perverse, prima di diventare mostruose, di ciò che prenderà impropriamente il nome di "marxismo", merita dunque da parte nostra un grande inchino.
Bakunin NadarPrima ancora di polemizzare con l'ispiratore della prima Internazionale, il profeta russo aveva messo in guardia contro il "comunismo" autoritario. Sin dal 19 luglio 1866, in una lettera a Alekandr Herzen e a Nikolai Ogarëv, discutendo con i suoi due corrispondenti come se si trattasse di una sola persona, Bakunin scriveva: "Tu che sei un socialista sincero e devoto, certamente, saresti pronto a sacrificare il tuo benessere, tutta la tua fortuna, la tua stessa vita, per contribuire alla distruzione di questo Stato, la cui esistenza non è compatibile né con la libertà né con il benessere del popolo. O allora, fai del socialismo di Stato e visto che sei capace di riconciliarti con questa menzogna più vile e più temibile che abbia generato il nostro secolo: il democratismo ufficiale e la burocrazia rossa" [1].
proudhon-d Sulla condanna del "comunismo" autoritario, Bakunin riprendeva le invettive del suo maestro Proudhon. Al secondo congresso della Lega della pace e della libertà, a Berna, a fine settembre del 1868, prima di rompere con questa emanazione del liberalismo borghese, affermava: "Detesto il comunismo [autoritario], perché esso è la negazione della libertà e non posso concepire nulla di umano senza libertà. Non sono affatto comunista perché il comunismo concentra e fa assorbire tutte le potenze della società nello Stato, perché sfocia necessariamente nella centralizzazione della proprietà tra le mani dello Stato [...]. Voglio l'organizzazione della società e della proprietà collettiva o sociale dal basso verso l'alto, per la via della libera associazione, e non dall'alto verso il basso per mezzo di qualsiasi autorità. Ecco in che senso sono collettivista e nient'affatto comunista" [2].
prima_internazionale_1864.gifTuttavia Bakunin è diventato membro locale, a Ginevra, dell'Associazione internazionale dei lavoratori dal luglio 1868 e ha scritto a Gustave Vogt, presidente della Lega della pace e della libertà, in settembre: "Non possiamo né dobbiamo ignorare l'immenso e utile portata del congresso di Bruxelles [della Prima Internazionale]. È un grande, è il più grande avvenimento dei nostri giorni e, se siamo noi stessi dei sinceri democratici, dobbiamo non soltanto desiderare che la Lega internazionale degli operai finisca con l'abbracciare tutte le associazioni operaie dell'Europa e dell'America, ma dobbiamo cooperarvi con tutti i nostri sforzi, perché essa può costituire oggi la vera potenza rivoluzionaria che deve cambiare la faccia del mondo" [3].
Marx.jpg Con questo slancio, Bakunin scrive a Marx, il 22 dicembre 1868: "Non conosco più altra società, altro ambiente che il mondo dei lavoratori. La mia patria ora è l'Internazionale di cui tu sei uno dei principali fondatori. Vedi dunque, caro amico, che sono tuo discepolo e sono fiero di esserlo". Marx fa subito sapere di passarlo in silenzio. Apro dunque una parentesi, per chiuderla velocemente.
Al suo ritorno in Europa occidentale, dopo i suoi lunghi anni di prigionia in Russia, Bakunin aveva fatto sue le idee anarchiche, improntate a Proudhon, benché sviluppate in un senso più rivoluzionario. Ma questa nuova convinzione si era sovrapporta presso lui a un gusto inveterato per la clandestinità delle cospirazioni. Egli aveva raccolto in qualche modo l'eredità del babuvismo, della carboneria, del blanchismo e più ancora delle attività segrete appropriate alla lotta contro il dispotismo zarista. Internazionalsita nell'anima, egli aveva cospirato in diverse "Fraternità" internazionali da cui reclutava gli affidati in diversi paesi latini.
bakunin L'ultima in data di queste iniziative sarà, nel 1868, all'indomani della sua rottura con la Lega della pace e della libertà, l'Alleanza internazionale della democrazia socialista, organizzazione, egli sosteneva, "semi segreta e semi pubblica", e che serviva di fatto da copertura a una società più ristretta e segreta: L'Organizzazione rivoluzionaria dei fratelli internazionali. Fatto ciò, Bakunin, sinceramente attratto dal movimento operaio, sollecitò l'adesione della sua Alleanza all'Internazionale (AIT). La diffidenza di Marx e del suo nucleo del Consiglio generale di Londra non era del tutto senza motivazione. Infatti, la candidatura dell'Alleanza, nuova versione delle società segrete fomentate da Bakunin, poteva far apparire quest'ultima come "destinata a diventare un'Internazionale nell'Internazionale" [5].
babeuf.jpgCome giunse Bakunin a conciliare le sue opzioni ferocemente antiautoritarie con questo tentativo appena mascherato di "entrismo"? Ecco la giustificazione che egli si faceva scrupolo di esporre negli statuti segreti dell'Alleanza, di cui una copia cadde tra le mani del Consiglio generale dell'AIT a cui Marx dettava legge: "Quest'organizzazione esclude ogni idea di dittatura e di potere dirigente tutelare. Ma per l'instaurazione stessa di questa alleanza rivoluzionaria e per il trionfo della rivoluzione contro la reazione, è necessario che nell'ambiente dell'anarchia popolare che costituirà la vita stessa e tutta l'energia della rivoluzione, l'unità del pensiero e dell'azione rivoluzionaria trovi un organo (...), una specie di stato-maggiore rivoluzionario composto da individui devoti, energici, intelligenti, e soprattutto amici sinceri, e non ambiziosi né vanitosi, del popolo capaci di servirsi di intermediari tra l'idea rivoluzionaria e gli istinti popolari [...]. Per l'organizzazione internazionale in tutta l'Europa, cento rivoluzionari fortemente e seriamente alleati bastano" [6].
marx karl, LevineLa dissonanza tra democrazia diretta e elitismo rivoluzionario era già notevole presso i babuvisti [7]. La si ritroverà ai nostri in certe controversie comuniste libertarie.
Chiusa questa parentesi, ritorniamo alla richiesta di adesione dell'Alleanza all'AIT. Il Consiglio generale di Londra comincia con il reagire molto sfavorevolmente. Nella sua seduta del 22 dicembre 1868, considera "che la presenza di un secondo corpo internazionale operante all'interno e posto fuori dall'Associazione internazionale dei lavoratori sarebbe il mezzo più infallibile della disorganizzazione e, di conseguenza, dichiara che l'Alleanza internazionale della democrazia socialista non è ammessa come ramo dell'Associazione internazionale dei lavoratori". La sentenza è redatta per mano di Marx. Ma, alcuni mesi dopo, il 9 marzo 1869, sotto la penna dello stesso Marx, il Consiglio generale, ripensandoci, non vede più alcun ostacolo alla "conversione delle sezioni dell'Alleanza in sezioni dell'Internazionale": L'Alleanza accetta queste condizioni ed è dunque ammessa [8].
incisione ProudhonBakunin assiste al congresso di Basilea dell'Internazionale, nel settembre del 1869, e fa blocco con i sostenitori di Marx contro gli epigoni degenerati di Proudhon che sostengono la proprietà individuale contro la proprietà collettiva.
Non sarà che due anni più tardi che le relazioni si faranno tese; alla conferenza di Londra che si apre il 17 settembre 1871, Marx svela un autoritarismo incompatibile con le opzioni libertarie di Bakunin. In poche parole, Marx tenta di accrescere i poteri del Consiglio generale di Londra, Bakunin vorrebbe ridurli. Uno vuole centralizzare, l'altro decentrare. L'ultima conseguenza sarà il congresso dell'Aja, all'inizio di settembre 1872, in cui Marx, attraverso procedure sleali e per mezzo di falsi mandati, riuscì ad escludere Bakunin e il suo amico James Guillaume, poi a relegare il Consiglio generale dell'Internazionale negli Stati Uniti.
È allora che Bakunin, indignato da questo atto di forza, si scatena davvero contro Marx e il "comunismo" autoritario. Questa rabbia ci vale le imprecazioni che oggi ci sembrano profetiche, poiché al di là degli intrighi marxiani essa pone in causa e denuncia tutto un processo che, ben dopo la morte di Bakunin e di Marx, riveste una singolare attualità.
Innanzitutto Bakunin presagisce ciò che un giorno sarà, sotto il termine ingannevole di dittatura del proletariato, la dittatura del partito bolscevico. In una lettera al giornale La Liberté di Bruxelles, scritta da Zurigo il 5 ottobre 1872, tuona contro la confisca del movimento rivoluzionario da parte di una cricca di capi: "Pretendere che un gruppo di individui, anche il più intelligente e i meglio intenzionati, sarà capace di diventare il pensiero, l'anima, la volontà dirigente e unificatrice del movimento rivoluzionario e dell'organizzazione economica del proletariato di tutti i paesi, è una tale eresia contro il senso comune e contro l'esperienza storica, che ci si domanda con stupore come un uomo così intelligente come Marx abbia potuto concepirla" [9].
E Bakunin continua a vaticinare: "Non ammettiamo nemmeno come transizione rivoluzionaria, né le Convenzioni nazionali, né le Assemblee costituenti, né i governi transitori, né le dittature sedicenti rivoluzionarie; perché siamo convinti che la rivoluzione [...] quando si trova concentrata tra le mani di alcuni individui che governano, diventa inevitabilmente e immediatamente la reazione".
La fatale esperienza di una potente Internazionale affondata dalla volontà arbitraria di un solo uomo porta Bakunin a diffidare da un'internazionale autoritaria come lo sarà, molto più tardi, quella della III Internazionale sotto la guida bolscevica: cosa dire di un amico del proletariato, di un rivoluzionario che pretende di voler seriamente l'emancipazione delle masse e che,  ponendosi come dirigente e arbitro supremo di tutti i movimenti rivoluzionari che possono scoppiare in diversi paesi, osa sognare l'asservimento del proletariato di tutti questi paesi a un pensiero unico, sbocciato dal suo cervello?
Bakunin non ci ripensa. L'accecamento di Marx gli sembra inconcepibile: "Mi chiedo come faccia a non vedere che l'instaurazione di una dittatura universale, collettiva o individuale, di una dittatura che necessiterebbe in qualche modo che un ingegnere sia a capo della rivoluzione mondiale, che regola e dirige il movimento insurrezionale delle masse in tutti i paesi così come si dirige una macchina, che l'instaurazione di una simile dittatura basterebbe da sé per uccidere la rivoluzione, per paralizzare e falsare tutti i movimenti popolari".
E il genere di dittatura che Marx ha esercitato sul Consiglio generale di Londra porta Bakunin a temere che un tale esempio si amplifichi e assuma delle proporzioni aberranti: "E cosa pensare di un congresso internazionale che, nel cosiddetto interesse  di questa rivoluzione, impone al proletariato di tutto il mondo civilizzato un governo investito di poteri ditattoriali, con il diritto inquisitoriale e pontifico di sospendere delle federazioni regionali, di proibire nazioni intere in nome di un principio sedicente ufficiale e che non è altro che il pensiero di Marx, trasformato dal voto di una maggioranza fittizia in una verità assoluta?".
L'anno successivo, nel 1873, ancora scottato per la disavventura dell'Aja, Bakunin redige un libro intitolato Stato e Anarchia dove approfondisce le sue riflessioni e precisa le sue invettive [10]. Il filo conduttore del suo ragionamento è, come dubitarne?, le pagine di  Idée générale de la Révolution au XIXè siècle [Idea generale della Rivoluzione nel XIX secolo] del suo maestro Proudhon. Con e dopo di lui, Bakunin pone la domanda: "Se il proletariato diventa la classe dominante, ci chiediamo, esso dominerà? (...). Chi dice Stato dice necessariamente dominio e, di conseguenza, schiavitù (...). Da qualunque angolazione ci si ponga, si giunge allo stesso esecrabile risultato: il governo dell'immensa maggioranza delle masse popolari da parte di una minoranza privilegiata. Ma questa minoranza, dicono i marxisti, si comporrà di operai. Essi sono, certamente, dei vecchi operai, ma che non appena saranno diventati dei governanti, smetteranno di essere degli operai e si porranno a guardare il mondo proletario dall'alto dello Stato, non rappresenteranno più il popolo, ma se stessi e la loro pretesa a governarli".
E Bakunin scende in guerra contro la pretesa del socialismo autoritario di essere "scientifico". Non sarà nient'altro che il governo dispotico delle masse proletarie da una nuova e molto ristretta aristocrazia di veri o pretesi uomini di scienza. Il popolo non essendo colto, sarà interamente liberato da preoccupazioni governative e del tutto integrato nel gregge dei governati [11].
Altrove, Bakunin si compiace nel dipingere sotto i tratti particolarmente sgradevoli questo Stato futuro dalle pretese scientifiche e che somiglia come un fratello a quello dell'URSS di oggi: "Ci sarà un governo eccessivamente complicato, che non si accontenterà di governare e di amministrare le masse politicamente,[...], ma che ancora li amministrerà economicamente, concentrando nelle sue mani la produzione e la giusta ripartizione delle ricchezze, la coltivazione della terra, l'edificazione e lo sviluppo delle fabbriche, l'organizzazione e la direzione del commercio, infine l'applicazione del capitale alla produzione da parte del solo banchiere, lo Stato. Tutto ciò esigerà una scienza immensa e molte teste straripanti di cervello in questo goveno. Sarà il regno dell'intelligenza scientifica, il più aristocratico, il più dispotico, il più arrogante e il più spregevole di tutti i regimi" [12].
Ma il dispotismo in questione sarà durevole Per Bakunin: "I marxisti si consolano all'idea che questa dittatura sarà temporanea e di breve durata. Secondo essi, questo giogo statale, questa dittatura è una fase di transizione necessaria per giungere all'emancipazione totale del popolo: l'anarchia o la libertà rimane lo scopo, lo Stato o la dittatura il mezzo. Così per liberare le masse popolari, si dovrà cominciare con l'asservirle (...). A ciò essi ci rispondono che nessuna dittatura può avere altro fine che di durare il più a lungo possibile" [13]. 
Si crederebbe in anticipo a una confutazione libertaria di Stato e Rivoluzione del "compagno" Lenin [14]!
Bakunin è giunto sino a presentire il regno degli apparatčiks. In un testo del marzo 1872, prima ancora del colpo di forza dell'Aia, egli annunciala nascita "di una borghesia poco numerosa e privilegiata, quella dei direttori, rappresentanti e funzionari dello stato cosiddetto popolare" [15].
Infine, in uno scritto datato novembre-dicembre 1872, che fungerà da conclusione, Bakunin accuserà Marx di aver "quasi assassinato l'Internazionale con il suo criminale tentativo dell'Aia" e porrà come condizione per essere ammessi nell'Internazionale detta antiautoritaria, che sopravviverà al colpo di forza la seguente condizione: "Capire che, poiché il proletario, il lavoratore manuale, l'uomo di fatica, è il rappresentante storico dell'ultimo schiavismo sulla terra, la sua emancipazione è l'emancipazione di tutti, il suo trionfo è il trionfo finale dell'umanità, e che, di conseguenza, l'organizzazione della potenza del proletariato di tutti i paesi [...] non può avere come scopo la costituzione di un nuovo privilegio, di un nuovo monopolio, di una classe o di un nuovo dominio" [16].
Bakunin era un comunista libertario ante litteram!
 
 
 
Daniel Guérin
 
[Traduzione di Ario Libert]

NOTE:

[1] Corrèspondance de Mikhail Bakounine, lettres à Herzen e à Ogarev [Corrispondenza di Mikhail Bakunin, lettere a Herzen e a Ogarev], éd. Perrin, 1896; in: Archives Bakounine.
[2] Sotto la direzione la direzione di Jacques Freymond, La première Internationale [La prima internazionale], op. cit., 1, p. 451.
[3] Ibidem, p. 450.
[4] Ibidem, I, p. 451 E. Kaminski, Bakounine, la vie d'un révolutionnaire [Bakunin, la vita di un rivoluzionario], op. cit.
[5] Les prétendues scissions dans l'Internationale, [Le pretese scissioni nell'internazionale], in: Bakounine, Œuvres complètes, vol. VI, [Opere complete], Champ libre,  p. 271.
[6] "L'Alliance de la démocratie socialiste et l'Association internationale des travailleurs" [L'Alleanza della democrazia socialista e l'Associazione internazionale dei lavoratori], in: Freymond, op. cit., 11, pp. 474-475.
[7] Cfr. Bourgeois et bras nus, 1792-1795, Gallimard, 1973, pp. 312-313; Les Nuits rouges, 1998.
[8] Procès-verbaux du Conseil général de la 1è Internationale, 1868-1870 [Verbali del Consiglio generale della I Internazionale],   in: Freymond, op. cit., 11, pp. 262-264 e 272-273.
[9] Lettre au journal 'La Liberté' 5 octobre 1872 [Lettera al giornale La Liberté], in: Bakounine, Œuvres complètes, vol. III, p. 147.
[10] Bakounine, Etatisme et Anarchie [Stato e anarchia], 1873, in: Œuvres complètes, vol. IV.
[11] Lettre au journal 'La Liberté', op. cit.
[12] Bakounine, Ecrits contre Marx [Scritti contro Marx], in: Œuvres complètes, Vol III, p. 204.
[13] Etatisme et Anarchie [Stato e anarchia], op. cit., pp. 346-347.
[14] Lenin, L'Etat et la Révolution [Stato e rivoluzione], op. cit.
[15] L'Allemagne et le communisme d'Etat [La Germania e il comunismo di Stato], in: Bakounine, Œuvres Complètes, vol. III, p. 118.
[16] Ecrit contre Marx [Scritti contro Marx], op. cit., pp. 182-183.
 


LINK al post originale:
 
 
LINK interno a una breve presentazione di Daniel Guerin:
 
LINK ad un saggio pertinente presente in un sito sulfureo:
Pier Carlo Masini, Il conflitto fra Marx e Bakunin in un'opera di Franz Mehring

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