Il nostro debito nei confronti di Michail Bakunin è molteplice.
Ma ce n'è uno che è tra tutti il più importante. I comunisti libertari della fine del XX secolo gli devono soprattutto, ben oltre le sue polemiche con Marx, superandole ad ampie falcate, di aver letto in un futuro ben più lontano ciò che un giorno sarebbe stato il bolscevismo. Certo, per fare ciò, si è mostrato eccessivo, spesso ingiusto, nei confronti del suo contemporaneo, il fondatore del socialismo detto scientifico.Tutt'al più alcuni tratti autoritari e contaminati di statismo erano evidenziabili in Marx, benché non manifestantesi che allo stato embrionario. Il colpo di forza del congresso dell'Aja del 1872 che escluse Bakunin dall'Internazionale aggrava queste velleità. Bakunin, nella sua polemica, se la prende meno con il suo rivale che con lo Stato popolare (Volksstaat) dei lassalliani e socialdemocratici, che Marx e Engels impiegarono troppo tempo a respingere.
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Al suo ritorno in Europa occidentale, dopo i suoi lunghi anni di prigionia in Russia, Bakunin aveva fatto sue le idee anarchiche, improntate a Proudhon, benché sviluppate in un senso più rivoluzionario. Ma questa nuova convinzione si era sovrapporta presso lui a un gusto inveterato per la clandestinità delle cospirazioni. Egli aveva raccolto in qualche modo l'eredità del babuvismo, della carboneria, del blanchismo e più ancora delle attività segrete appropriate alla lotta contro il dispotismo zarista. Internazionalsita nell'anima, egli aveva cospirato in diverse "Fraternità" internazionali da cui reclutava gli affidati in diversi paesi latini.
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Chiusa questa parentesi, ritorniamo alla richiesta di adesione dell'Alleanza all'AIT. Il Consiglio generale di Londra comincia con il reagire molto sfavorevolmente. Nella sua seduta del 22 dicembre 1868, considera "che la presenza di un secondo corpo internazionale operante all'interno e posto fuori dall'Associazione internazionale dei lavoratori sarebbe il mezzo più infallibile della disorganizzazione e, di conseguenza, dichiara che l'Alleanza internazionale della democrazia socialista non è ammessa come ramo dell'Associazione internazionale dei lavoratori". La sentenza è redatta per mano di Marx. Ma, alcuni mesi dopo, il 9 marzo 1869, sotto la penna dello stesso Marx, il Consiglio generale, ripensandoci, non vede più alcun ostacolo alla "conversione delle sezioni dell'Alleanza in sezioni dell'Internazionale": L'Alleanza accetta queste condizioni ed è dunque ammessa [8].
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Non sarà che due anni più tardi che le relazioni si faranno tese; alla conferenza di Londra che si apre il 17 settembre 1871, Marx svela un autoritarismo incompatibile con le opzioni libertarie di Bakunin. In poche parole, Marx tenta di accrescere i poteri del Consiglio generale di Londra, Bakunin vorrebbe ridurli. Uno vuole centralizzare, l'altro decentrare. L'ultima conseguenza sarà il congresso dell'Aja, all'inizio di settembre 1872, in cui Marx, attraverso procedure sleali e per mezzo di falsi mandati, riuscì ad escludere Bakunin e il suo amico James Guillaume, poi a relegare il Consiglio generale dell'Internazionale negli Stati Uniti.
È allora che Bakunin, indignato da questo atto di forza, si scatena davvero contro Marx e il "comunismo" autoritario. Questa rabbia ci vale le imprecazioni che oggi ci sembrano profetiche, poiché al di là degli intrighi marxiani essa pone in causa e denuncia tutto un processo che, ben dopo la morte di Bakunin e di Marx, riveste una singolare attualità.
Innanzitutto Bakunin presagisce ciò che un giorno sarà, sotto il termine ingannevole di dittatura del proletariato, la dittatura del partito bolscevico. In una lettera al giornale La Liberté di Bruxelles, scritta da Zurigo il 5 ottobre 1872, tuona contro la confisca del movimento rivoluzionario da parte di una cricca di capi: "Pretendere che un gruppo di individui, anche il più intelligente e i meglio intenzionati, sarà capace di diventare il pensiero, l'anima, la volontà dirigente e unificatrice del movimento rivoluzionario e dell'organizzazione economica del proletariato di tutti i paesi, è una tale eresia contro il senso comune e contro l'esperienza storica, che ci si domanda con stupore come un uomo così intelligente come Marx abbia potuto concepirla" [9].
E Bakunin continua a vaticinare: "Non ammettiamo nemmeno come transizione rivoluzionaria, né le Convenzioni nazionali, né le Assemblee costituenti, né i governi transitori, né le dittature sedicenti rivoluzionarie; perché siamo convinti che la rivoluzione [...] quando si trova concentrata tra le mani di alcuni individui che governano, diventa inevitabilmente e immediatamente la reazione".
La fatale esperienza di una potente Internazionale affondata dalla volontà arbitraria di un solo uomo porta Bakunin a diffidare da un'internazionale autoritaria come lo sarà, molto più tardi, quella della III Internazionale sotto la guida bolscevica: cosa dire di un amico del proletariato, di un rivoluzionario che pretende di voler seriamente l'emancipazione delle masse e che, ponendosi come dirigente e arbitro supremo di tutti i movimenti rivoluzionari che possono scoppiare in diversi paesi, osa sognare l'asservimento del proletariato di tutti questi paesi a un pensiero unico, sbocciato dal suo cervello?
Bakunin non ci ripensa. L'accecamento di Marx gli sembra inconcepibile: "Mi chiedo come faccia a non vedere che l'instaurazione di una dittatura universale, collettiva o individuale, di una dittatura che necessiterebbe in qualche modo che un ingegnere sia a capo della rivoluzione mondiale, che regola e dirige il movimento insurrezionale delle masse in tutti i paesi così come si dirige una macchina, che l'instaurazione di una simile dittatura basterebbe da sé per uccidere la rivoluzione, per paralizzare e falsare tutti i movimenti popolari".
E il genere di dittatura che Marx ha esercitato sul Consiglio generale di Londra porta Bakunin a temere che un tale esempio si amplifichi e assuma delle proporzioni aberranti: "E cosa pensare di un congresso internazionale che, nel cosiddetto interesse di questa rivoluzione, impone al proletariato di tutto il mondo civilizzato un governo investito di poteri ditattoriali, con il diritto inquisitoriale e pontifico di sospendere delle federazioni regionali, di proibire nazioni intere in nome di un principio sedicente ufficiale e che non è altro che il pensiero di Marx, trasformato dal voto di una maggioranza fittizia in una verità assoluta?".
L'anno successivo, nel 1873, ancora scottato per la disavventura dell'Aja, Bakunin redige un libro intitolato Stato e Anarchia dove approfondisce le sue riflessioni e precisa le sue invettive [10]. Il filo conduttore del suo ragionamento è, come dubitarne?, le pagine di Idée générale de la Révolution au XIXè siècle [Idea generale della Rivoluzione nel XIX secolo] del suo maestro Proudhon. Con e dopo di lui, Bakunin pone la domanda: "Se il proletariato diventa la classe dominante, ci chiediamo, esso dominerà? (...). Chi dice Stato dice necessariamente dominio e, di conseguenza, schiavitù (...). Da qualunque angolazione ci si ponga, si giunge allo stesso esecrabile risultato: il governo dell'immensa maggioranza delle masse popolari da parte di una minoranza privilegiata. Ma questa minoranza, dicono i marxisti, si comporrà di operai. Essi sono, certamente, dei vecchi operai, ma che non appena saranno diventati dei governanti, smetteranno di essere degli operai e si porranno a guardare il mondo proletario dall'alto dello Stato, non rappresenteranno più il popolo, ma se stessi e la loro pretesa a governarli".
E Bakunin scende in guerra contro la pretesa del socialismo autoritario di essere "scientifico". Non sarà nient'altro che il governo dispotico delle masse proletarie da una nuova e molto ristretta aristocrazia di veri o pretesi uomini di scienza. Il popolo non essendo colto, sarà interamente liberato da preoccupazioni governative e del tutto integrato nel gregge dei governati [11].
Altrove, Bakunin si compiace nel dipingere sotto i tratti particolarmente sgradevoli questo Stato futuro dalle pretese scientifiche e che somiglia come un fratello a quello dell'URSS di oggi: "Ci sarà un governo eccessivamente complicato, che non si accontenterà di governare e di amministrare le masse politicamente,[...], ma che ancora li amministrerà economicamente, concentrando nelle sue mani la produzione e la giusta ripartizione delle ricchezze, la coltivazione della terra, l'edificazione e lo sviluppo delle fabbriche, l'organizzazione e la direzione del commercio, infine l'applicazione del capitale alla produzione da parte del solo banchiere, lo Stato. Tutto ciò esigerà una scienza immensa e molte teste straripanti di cervello in questo goveno. Sarà il regno dell'intelligenza scientifica, il più aristocratico, il più dispotico, il più arrogante e il più spregevole di tutti i regimi" [12].
Ma il dispotismo in questione sarà durevole Per Bakunin: "I marxisti si consolano all'idea che questa dittatura sarà temporanea e di breve durata. Secondo essi, questo giogo statale, questa dittatura è una fase di transizione necessaria per giungere all'emancipazione totale del popolo: l'anarchia o la libertà rimane lo scopo, lo Stato o la dittatura il mezzo. Così per liberare le masse popolari, si dovrà cominciare con l'asservirle (...). A ciò essi ci rispondono che nessuna dittatura può avere altro fine che di durare il più a lungo possibile" [13].
Si crederebbe in anticipo a una confutazione libertaria di Stato e Rivoluzione del "compagno" Lenin [14]!
Bakunin è giunto sino a presentire il regno degli apparatčiks. In un testo del marzo 1872, prima ancora del colpo di forza dell'Aia, egli annunciala nascita "di una borghesia poco numerosa e privilegiata, quella dei direttori, rappresentanti e funzionari dello stato cosiddetto popolare" [15].
Infine, in uno scritto datato novembre-dicembre 1872, che fungerà da conclusione, Bakunin accuserà Marx di aver "quasi assassinato l'Internazionale con il suo criminale tentativo dell'Aia" e porrà come condizione per essere ammessi nell'Internazionale detta antiautoritaria, che sopravviverà al colpo di forza la seguente condizione: "Capire che, poiché il proletario, il lavoratore manuale, l'uomo di fatica, è il rappresentante storico dell'ultimo schiavismo sulla terra, la sua emancipazione è l'emancipazione di tutti, il suo trionfo è il trionfo finale dell'umanità, e che, di conseguenza, l'organizzazione della potenza del proletariato di tutti i paesi [...] non può avere come scopo la costituzione di un nuovo privilegio, di un nuovo monopolio, di una classe o di un nuovo dominio" [16].
Bakunin era un comunista libertario ante litteram!
Daniel Guérin
[Traduzione di Ario Libert]
NOTE:
[1] Corrèspondance de Mikhail Bakounine, lettres à Herzen e à Ogarev [Corrispondenza di Mikhail Bakunin, lettere a Herzen e a Ogarev], éd. Perrin, 1896; in: Archives Bakounine.
[2] Sotto la direzione la direzione di Jacques Freymond, La première Internationale [La prima internazionale], op. cit., 1, p. 451.
[3] Ibidem, p. 450.
[4] Ibidem, I, p. 451 E. Kaminski, Bakounine, la vie d'un révolutionnaire [Bakunin, la vita di un rivoluzionario], op. cit.
[5] Les prétendues scissions dans l'Internationale, [Le pretese scissioni nell'internazionale], in: Bakounine, Œuvres complètes, vol. VI, [Opere complete], Champ libre, p. 271.
[6] "L'Alliance de la démocratie socialiste et l'Association internationale des travailleurs" [L'Alleanza della democrazia socialista e l'Associazione internazionale dei lavoratori], in: Freymond, op. cit., 11, pp. 474-475.
[7] Cfr. Bourgeois et bras nus, 1792-1795, Gallimard, 1973, pp. 312-313; Les Nuits rouges, 1998.
[8] Procès-verbaux du Conseil général de la 1è Internationale, 1868-1870 [Verbali del Consiglio generale della I Internazionale], in: Freymond, op. cit., 11, pp. 262-264 e 272-273.
[9] Lettre au journal 'La Liberté' 5 octobre 1872 [Lettera al giornale La Liberté], in: Bakounine, Œuvres complètes, vol. III, p. 147.
[10] Bakounine, Etatisme et Anarchie [Stato e anarchia], 1873, in: Œuvres complètes, vol. IV.
[11] Lettre au journal 'La Liberté', op. cit.
[12] Bakounine, Ecrits contre Marx [Scritti contro Marx], in: Œuvres complètes, Vol III, p. 204.
[13] Etatisme et Anarchie [Stato e anarchia], op. cit., pp. 346-347.
[14] Lenin, L'Etat et la Révolution [Stato e rivoluzione], op. cit.
[15] L'Allemagne et le communisme d'Etat [La Germania e il comunismo di Stato], in: Bakounine, Œuvres Complètes, vol. III, p. 118.
[16] Ecrit contre Marx [Scritti contro Marx], op. cit., pp. 182-183.
LINK interno a una breve presentazione di Daniel Guerin:
LINK ad un saggio pertinente presente in un sito sulfureo:
Pier Carlo Masini, Il conflitto fra Marx e Bakunin in un'opera di Franz Mehring
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