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martedì 1 novembre 2011

TOGLIERE LE PILE

 DA LA MICCIA


È mattina. Me ne accorgo perché suona la sveglia. Sette in punto, per non perdere il treno delle otto. Come sempre è affollato, come sempre qualcuno si lamenta per l'aumento del costo del biglietto. Penso che non vorrei essere qui, penso al lavoro, a quando ce l'ho e a quando devo cercarlo. Le braccia mi pendono lungo il corpo. Non mi piace andare a lavorare, non mi appaga, ma quando sono senza non sono contenta uguale, perché penso all'affitto e alle bollette e dove andare a cercare un altro lavoro. Ma è mattina, e non posso sentirmi distrutta e poco produttiva, devo scacciare questi pensieri, scendo le scale della stazione di arrivo, scegliendo di posticipare le soluzioni, di districare questo gomitolo di dubbi e necessità magari nel viaggio di ritorno, magari a casa mentre fisso il vuoto della televisione, magari domani. Magari...
Ah,no...ecco che di nuovo mi incupisco e non sono nemmeno arrivata all'ultimo gradino. Forse se mi spingo tra la calca per prendere una copia del giornale gratuito un po' di contatto umano mi solleverà o forse l'oroscopo.
Lo guardo per prima cosa, nel quarto caffè della giornata tra Amore, Salute, Lavoro mi consiglia di non badare alle incomprensioni, di prendere vitamine e di essere propositiva, in effetti potrebbe andar bene a chiunque. Sfoglio ancora e tra intrighi e inciuci di politici e vip, un bombardamento e una ricetta di cucina qualcosa sulla pagina locale cattura la mia attenzione. Sono solo cinque righe di un trafiletto in fondo alla pagina. Parla di un uomo. Di un uomo che è morto. Ma non è il radicamento alla vita a non farmi sentire il calore cocente della tazzina che stringo tra le mani, visto che nei bombardamenti di ieri sono morte molte più persone. No, non è la morte. È che lo hanno ammazzato, non con un proiettile di una pistola ma con una dose di valium troppo elevata, infarto dicono...
Il fatto che questo non sia avvenuto in un ospedale, ma in un appartamento, uno qualsiasi di Napoli, forse quello che ho di fronte, mi fa decidere di soffermarmi a pensare...
Un uomo agitato entra nel palazzo dove è cresciuto, cercando da mangiare, urla e si agita; nella foga colpisce una donna che conosce. Passa una volante, una delle tante piazzate a pattugliare vicoli e piazze, orgoglio tanto di questo sindaco quanto di quello precedente.
Ma stavolta non sono loro gli esecutori dell'omicidio, chiamano rinforzi, altri colleghi, altri killer, collaboratori che “carte alla mano”, possano operare per tenere il quotidiano dentro i ranghi di una fantomatica e tranquilla “normalità”.
Il rumore dei sicari è sempre lo stesso, quello delle sirene spiegate. Arriva l'ambulanza, con a bordo medici ed infermieri che, per legge, possono effettuare un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Un T.S.O., si può disporre per autorità del sindaco, di un componente della famiglia, o di forze di polizia, verso qualsiasi persona ritenuta non in grado di intendere e di volere; se nella vita ne hai subito uno, risulta essere un precedente, se assumi psicofarmaci risulti essere uno psicolabile che potrebbe essere soggetto a questo trattamento. È così che hanno Trattato quell'uomo, ma la “cura” non è andata bene e diranno: Infarto, Anomalia...E quel giorno, come altri, in quel palazzo il potere giudiziario ha fatto un’altra vittima della sua quotidiana carneficina, fatta di leggi e attuata da chi è disposto ad indossare camici e divise. Quel giorno sono stati i camici bianchi. Come da protocollo hanno effettuato un T.S.O., diranno Infarto, Anomalia... non è il primo che finisce così, la storia ne è piena, si compie ogni giorno nelle carceri e nelle caserme, negli O.P.G. e nei C.I.E., negli ospedali e nelle case di cura.
In molte di queste strutture detentive è presente la figura dello psicologo, che in molti casi non tarderà ad affidare ad altri specialisti i soggetti che, non rientrando nelle categorie che ha studiato, diventeranno solo un numero di cartella clinica, in balia di una sorte ancora più oscura, ovvero nel vortice della psichiatra.
Gli psichiatri sì che sono bravi, hanno un'infinità di “mali dell'animo” da far ricadere nelle loro categorie, persino l'eccessiva allegria dei bambini, il mal d'amore o il cambiamento d'umore di una donna che ha appena partorito, possono essere considerati disturbi emotivi, di cui dicono di potersi prendere cura. Cura: “avere riguardo, prestare attenzione...”, ma mettersi in cura da uno psichiatra o essere sottoposti contro la propria volontà al loro giudizio, equivale senza ombra di dubbio a diventare vittime succubi delle loro armi: gli psicofarmaci, che come tutte le armi vengono progettate nei laboratori.
Laboratori pieni di scienziati, ricercatori, e tutti indossano il camice bianco, non importa cosa si esamina e quale sia il fine dell'esperimento, il camice deve essere tassativamente bianco. Quasi a voler nascondere le macchie degli interessi speculativi delle industrie di cui sono schiavi felici, siano esse biologiche, tecnologiche, farmaceutiche o militari. Tutte producono cantilenando: “il bene del progresso, il bene del paese, per lo sviluppo...”.
Ed è proprio questa litania che garantisce che il concetto di sviluppo sia inteso come produzione, la quale deve essere Santificata e Garantita, per rifornire mercati ed eserciti. Che siano O.G.M. o armi che servono ad esportare la democrazia, i loro guadagni verranno spacciati come “utili” per garantire la fine della fame nel mondo, la liberazione da sofferenze e dittature, vantando la pretesa di lavorare per “migliorare la qualità della vita delle persone”.
Ma nonostante questa propaganda umanitaria, mal si cela l'obiettivo di isolare chiunque possa rappresentare una falla in questo sistema, dimostrando di non essersi rassegnati di fronte ad un presente di merda che non offre altre prospettive, che non siano quelle già calcolate e calcolabili, entro le quali far ricadere l'espressione della nostra libertà: scegliere tra le marche dei prodotti o quale università frequentare e cambiare canale del televisore, nel tempo libero scandito dal lavoro e con l'obiettivo di andare ad abitare in una casa da pagare alle banche, fingendo una vita felice paragonabile ad uno spot pubblicitario. Rispetto a questo si può desistere o attaccare decidendo di trasformare quella falla in un terremoto che scuote dalle fondamenta l'idea che qualcuno possa decidere di governare le nostre sensazioni e i nostri desideri, sviluppando voglia di delirio e distruzione.
Il 6 di ottobre le compagne ed i compagni del circolo anarchico Fuoriluogo di Bologna sono ritornati in libertà dopo 6 mesi passati tra carceri e domiciliari. Erano stati inquisiti ed imprigionati a seguito di un’operazione repressiva denominata “outlaw”. Lo stato ed il capitale cercano attraverso queste manovre di fermare chiunque si oppone, con la pratica delle proprie idee, all’inferno delle merci a cui ci vorrebbero sottomessi e muti.
Noi come i nostri compagni inquisiti rifiutiamo di arrenderci quale che sia la portata degli attacchi repressivi che ci scagliano contro.
Ci stringiamo con affetto e determinazione ai nostri compagni e compagne appena liberati, sapendo che ci ritroveremo un’altra volta sui sentieri della rivolta.
L’anarchia non si arresta.

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