da macerie
Ieri la Questura di Torino aveva organizzato ben quattro espulsioni:
un uomo e una donna in Marocco, un uomo e una donna in Perú. Nei
programmi delle guardie c’era sicuramente una bella trasferta
all’estero, tranquilla e ben pagata. E invece le cose sono andate un po’
diversamente grazie alla determinazione dei deportandi, in particolare
dei due ragazzi che hanno fatto di tutto per non tornare al loro paese.
Putroppo soltanto uno di loro ce l’ha fatta, ma siamo sicuri che la loro
storia servirà da esempio per tanti. Entrambi non avevano potuto
partecipare alla sommossa
dell’altra sera, perché rinchiusi nelle celle di isolamento. Ma la
voglia di lottare non gli mancava certo, e hanno fatto un bel po’ di
casino sugli aerei. Sul volo da Roma a Casablanca Murad ha iniziato a
protestare ed è stato subito immobilizzato, con mani e piedi legati con
le classiche fascette di plastica da elettricista. Ci sono volute una
decina di guardie per farlo tacere prima che il pilota si accorgesse del
trambusto. Ismael invece ce l’ha fatta a perdere il volo da Milano a
Lima. Anche lui appena caricato sull’aereo ha iniziato far casino, così
tanto che il pilota è intervenuto per chiedergli se volesse partire o
meno. E alla risposta ovviamente negativa di Ismael, ha ordinato ai
poliziotti di scorta di farlo scendere. Ora lo hanno riportato al
Centro, ed è nuovamente all’isolamento. Staremo a vedere nei prossimi
giorni le reazioni dei dirigenti dell’Ufficio Immigrazione della
Questura, che saranno a dir poco innervositi.
Intanto, alcuni aggiornamenti dal fronte giudiziario. Restano in carcere i ragazzi arrestati durante la sommossa di mercoledì scorso nel Centro di Torino. A quanto pare
Procura e Questura hanno convinto il Giudice a dare una lezione ai
dieci, catturati mentre tentavano la fuga. Una lezione con cui sperano
senza alcun dubbio di spaventare i ragazzi ancora reclusi e prevenire
nuove sommosse. In attesa di capire come andrà avanti il processo e
come continueranno le lotte fuori e dentro al Centro, dove negli ultimi
giorni sono arrivati una quarantina di reduci dalla rivolta di
Lampedusa, ne approfittiamo per fare alcune considerazioni a margine
della più grande sommossa con evasione nella storia del Cie di Torino.
Negli ultimi giorni i quotidiani si sono spinti in ricostruzioni a dir poco fantasiose, arrivando addirittura a raccontare di improbabili guerriglie urbane
fuori dalle mura del Centro, con cassonetti incendiati e scontri nelle
strade del quartiere. In realtà, per quanto ne sappiamo, non è andata
così: le volanti accorse si sono lanciate all’inseguimento degli evasi,
fermandone alcuni. E i solidali, come spesso accade, sono arrivati un
po’ in ritardo e han potuto fare ben poco: chi era riuscito a scappare
era già lontano, chi era stato catturato dalle guardie era già in
manette. Non che sarebbe stato sbagliato aiutare attivamente più gente
possibile a scappare, anche scontrandosi con la polizia. Ma
semplicemente, questa volta, non è successo nulla del genere: per la
prossima si vedrà.
Un altro particolare che ha attirato le attenzioni della Questura e di conseguenza dei giornalisti, è il lancio di una quarantina di palline da tennis dentro al Centro, avvenuto un’ora prima della sommossa. Con la fortuna che ci contraddistingue, girando per le bettole di Porta Palazzo, siamo riusciti a ritrovare copia del contenuto di quelle palline da tennis. Una serie di foglietti, che qui vi alleghiamo, con sopra una cronologia delle rivolte e delle evasioni del mese di agosto appena trascorso, scritta in italiano, arabo e inglese; un breve testo solo in italiano sull’incendio del Centro di Lampedusa e sull’evasione dal Cie di Brindisi. Insieme a questi scritti, una bustina di Riopan che, come sa chi si è trovato a passare per la Val di Susa in questi mesi, è un buon aiuto per affrontare gli effetti dei gas lacrimogeni, usati qualche settimana fa anche nel Centro di Torino. Non che ai reclusi manchino le informazioni sulle lotte, visto che la maggior parte di loro ne sa molto di più di tutti noi solidali messi assieme. Ma il saluto rumoroso, con battiture, grida, petardi e lancio di palline è stato un modo come un altro per dar loro forza e coraggio.
Investigatori e giornalisti, come al solito, riferiscono di una regia esterna dietro a sommosse ed evasioni. Se un tempo parlavano delle trame della mafia turcomanna, ora danno a questo lancio di palline un potere quasi taumaturgico. Nessuno può sapere con certezza quale sia il legame tra il saluto e la sommossa, ma una cosa è certa: il baccano dei solidali ha attirato l’attenzione delle guardie, mettendole in uno stato di preallarme. E questo più che agevolare l’evasione potrebbe pure averla sfavorita. In ogni caso, e questo lo sanno tutti, evasioni e sommosse si susseguono da mesi in tutti i Centri del paese, con o senza saluti all’esterno.
Se qualcuno avesse mai davvero occasione di aiutare - in maniera determinante - dei reclusi a scappare, farebbe bene a farlo, pena non poter più pronunciare a voce alta la parola “libertà”; e questo vale per noi, che da anni siamo tra i nemici dichiarati della macchina delle espulsioni, ma deve valere un po’ per tutti quelli che dicono di sentirsi toccati nel vivo dall’infamia dei Cie. Le centinaia di evasi degli ultimi due mesi indicano chiaramente su quale piano è la lotta dentro alle gabbie e quindi su che cosa si debba ragionare. Noi, di nostro, non crediamo che bastino 40 palline da tennis per liberare 22 persone, ma se per una volta avessero ragione Questura e giornalisti, allora tanto varrebbe provarci, non solo a Torino, dato che anche in pochi, e con mezzi tutto sommato semplici, è sempre possibile fare qualcosa.
Un altro particolare che ha attirato le attenzioni della Questura e di conseguenza dei giornalisti, è il lancio di una quarantina di palline da tennis dentro al Centro, avvenuto un’ora prima della sommossa. Con la fortuna che ci contraddistingue, girando per le bettole di Porta Palazzo, siamo riusciti a ritrovare copia del contenuto di quelle palline da tennis. Una serie di foglietti, che qui vi alleghiamo, con sopra una cronologia delle rivolte e delle evasioni del mese di agosto appena trascorso, scritta in italiano, arabo e inglese; un breve testo solo in italiano sull’incendio del Centro di Lampedusa e sull’evasione dal Cie di Brindisi. Insieme a questi scritti, una bustina di Riopan che, come sa chi si è trovato a passare per la Val di Susa in questi mesi, è un buon aiuto per affrontare gli effetti dei gas lacrimogeni, usati qualche settimana fa anche nel Centro di Torino. Non che ai reclusi manchino le informazioni sulle lotte, visto che la maggior parte di loro ne sa molto di più di tutti noi solidali messi assieme. Ma il saluto rumoroso, con battiture, grida, petardi e lancio di palline è stato un modo come un altro per dar loro forza e coraggio.
Investigatori e giornalisti, come al solito, riferiscono di una regia esterna dietro a sommosse ed evasioni. Se un tempo parlavano delle trame della mafia turcomanna, ora danno a questo lancio di palline un potere quasi taumaturgico. Nessuno può sapere con certezza quale sia il legame tra il saluto e la sommossa, ma una cosa è certa: il baccano dei solidali ha attirato l’attenzione delle guardie, mettendole in uno stato di preallarme. E questo più che agevolare l’evasione potrebbe pure averla sfavorita. In ogni caso, e questo lo sanno tutti, evasioni e sommosse si susseguono da mesi in tutti i Centri del paese, con o senza saluti all’esterno.
Se qualcuno avesse mai davvero occasione di aiutare - in maniera determinante - dei reclusi a scappare, farebbe bene a farlo, pena non poter più pronunciare a voce alta la parola “libertà”; e questo vale per noi, che da anni siamo tra i nemici dichiarati della macchina delle espulsioni, ma deve valere un po’ per tutti quelli che dicono di sentirsi toccati nel vivo dall’infamia dei Cie. Le centinaia di evasi degli ultimi due mesi indicano chiaramente su quale piano è la lotta dentro alle gabbie e quindi su che cosa si debba ragionare. Noi, di nostro, non crediamo che bastino 40 palline da tennis per liberare 22 persone, ma se per una volta avessero ragione Questura e giornalisti, allora tanto varrebbe provarci, non solo a Torino, dato che anche in pochi, e con mezzi tutto sommato semplici, è sempre possibile fare qualcosa.
macerie @ Settembre 27, 2011
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