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mercoledì 29 giugno 2011

Torino - Uscire cadavere da una caserma dei carabinieri


da "bello come una prigione che brucia" - trasmissione di radio blackout

Dalla cronaca dei quotidiani locali del 28 giugno 2011, apprendiamo che un uomo di 36 anni, di origine marocchina, è morto nelle camere di sicurezza della caserma dei carabinieri di via Guido Reni. La versione diffusa dai media di regime, racconta di un suicidio dalle dinamiche inverosimili: "A sorvegliarlo c'era un militare di guardia. L'uomo si è messo a letto, sotto una coperta. Così nascosto, ha sfilato un pezzo della tuta e se l'è avvolta intorno al collo, legando l'estremità alla rete del letto. [...] Quando il militare si è avvicinato per controllarlo, lo ha trovato privo si sensi. Lo ha subito liberato e chiamato i soccorsi. Ma è stato tutto inutile."
Non sappiamo come siano realmente trascorse le ore antecedenti alla sua morte; la dinamica descritta dai carabinieri è assurda, ma difficilmente qualcuno cercherà di fare emergere la verità. Del resto, in casi analoghi, i tentativi messi in atto da parenti o comitati hanno sortito il mero approdo alle aule di tribunale, e la conseguente autoassoluzione da parte dello Stato.
Le camere di sicurezza sono un limbo in cui si è in balia delle forze dell'ordine, dopo essre stati fermati in flagranza di reato. A differenza del carcere, non ci sono nemmeno quelle garanzie pro-forma come il presidio medico o lo sguardo dei compagni di detenzione che comunque, come noto, raramente riescono ad evitare le condanne a morte somministrate a discrezione delle divise di turno. A Torino è in corso l'ampliamento di quelle di un commissariato di Polizia, voluto dall'ex sindaco Chiamparino, trasformate in mini-carcere dove attendere la convalida degli arresti: una strategia per estendere gli spazi detentivi e gravare meno sul sovraffollato carcere delle Vallette.
La speranza è che la piaga degli omicidi di Stato venga affrontata e riportata nell'unico luogo in cui può essere contrastata: fuori dalle sterili e conniventi aule di tribunale, fuori dalla giustizia penale, nelle strade e negli occhi iniettati di rabbia, nella giustizia sociale.

A questo proposito si ricorda la mobilitazione in corso contro carceri, cie e opg

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