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martedì 7 febbraio 2012

Discorso al popolo

Carlo Michelstaedter
Michelstaedter scrisse queste pagine nei primi giorni del 1909, subito dopo aver letto in un giornale che degli operai, i quali si erano raccolti per protestare contro la condanna di Ferrer, avevano applaudito un aeroplano, che per caso era passato sopra la piazza in cui tenevano il comizio. Michelstaedter immagina di aver reagito violentemente contro questo loro entusiasmo e di esser stato perciò malmenato dalla folla, alla quale egli avrebbe poi tenuto questo discorso.

Voi mi battete e siete nel diritto! m’ucciderete e sarete ancora nel diritto! Ma diritto mio è la libera parola; e vostro dovere l’ascoltarmi. Poiché se l’atto fu brutale e se giustifica l’espressione brutale della vostra sorpresa, non fu brutale la mente, non fu nemica a voi. È l’amore per voi, per l’idea che oggi vi riunisce [che ha fatto si] ch’io mi son ribellato e mi ribello ad un entusiasmo che non corrisponde alla vostra volontà, o fratelli, a quella volontà che vi fa forti contro la tirannide in Spagna. Se domani voi doveste ancora riunirvi e non con lo sdegno indeterminato d’oggi, ma con l’indignazione fresca, con la ferita viva, con la minaccia presente, se doveste domani riunirvi qui, per affermare la vostra volontà fino in fondo, per far trionfare coi fatti e nella vita attuale, e per l’interesse vostro personale d’ognuno – contro le autorità costituite dalla legge, contro le autorità costituite dal danaro, contro governo e borghesia – quell’ideale che oggi vi muove, fratelli, quel mirabile istrumento che ora avete applaudito misurerebbe su di voi la sua forza – e alle fucilate dall’alto risponderebbero dal basso, davanti e a tergo e ai lati altre fucilate a seminar la morte fra le vostre file, a spegnere nel sangue il vostro sdegno, a rovinare per sempre le vostre speranze più care. Fin che queste speranze sono vaghe e lontane, fin che voi soffrite in silenzio la vostra miseria materiale e sociale, voi siete un’innocua moltitudine d’infelici da sfruttare; e la società borghese vi sfrutta in pace e in silenzio, – e perché vi tiene col giogo del vostro bisogno di farvi sentire la forza micidiale delle sue armi. Ma le sue armi le prepara nel silenzio e nella pace, e le sa coprire con le apparenze luminose d’umanità e di progresso, e voi – voi le applaudite!... – Ma il giorno che voi acquisterete piena coscienza dei vostri diritti e della vostra forza, il giorno che sarete raccolti attorno ai vostri eroi, attorno ai Ferrer* della vostra rivoluzione, sotto le bandiere della libertà popolare, il giorno che vorrete affermare l’inizio della nuova vita di giustizia e di fede – quel giorno, fratelli, l’umanità e il progresso della borghesia vi riveleranno la loro vera faccia, vi stringeranno in un cerchio di ferro e di fuoco, senza pietà per gli schiavi che si ribellano. – voi sarete schiavi in terno se non arriverete a smascherare la miserabile ipocrisia della potenza borghese, che copre di fiori le sue difese e nasconde in seno il pugnale. – Ma la potenza è vostra, fratelli, a voi appartiene il futuro, poiché voi avete la fede, e vostro è il diritto. – la società borghese poiché ha usurpato la potenza non sua, con la forza che le proviene soltanto dalla vostra attuale debolezza, poiché non ha altra fede che la sete di guadagno, non altro diritto che la tirannide, ha bisogno della scienza che le metta in codice gli obbrobri della sua prepotenza, della scienza che le dia le armi di forza smisurata e ordigni di guerra che dominino il mare la terra e il cielo, ha bisogno del governo che tragga dalle vostre stesse file gli uomini necessari a tener schiavi voi, guardie carabinieri soldati. Fratelli, voi avete applaudito al simbolo della potenza che vi schiaccia. – Ma vi scuoterete voi dalla vostra inerzia, v’unirete tutti, porterete ognuno il contributo del suo amore fraterno, e della sua forza disperata, nata dalla diuturna sofferenza – e allora sarete invincibili, allora questo vano edificio della potenza borghese che vi domina e che voi rispettate, che vi domina soltanto perché voi lo rispettate, crollerà tutto con le sue leggi, le sue istituzioni, la sua scienza vana, la sua morale ipocrita – gli eserciti dei preparatori, gli eserciti degli esecutori della tirannide spariranno: scienziati, impiegati, soldati saranno razze estinte, nel nuovo mondo.
E sarà il mondo dove regnerà l’uomo, l’uomo del lavoro, l’uomo sano nel corpo e nella mente, l’uomo che non avrà bisogno di leggi ingiuste, e perché ingiuste complicate, per esser sicuro del suo fratello, non di milizie e d’armi faticosamente congegnate per esser sicuro dai suoi nemici: ma la sua fede, e il lavoro comune, e la compagine stretta dall’amore fraterno – gli saranno governo e legge e difesa nel regno del lavoro e della giustizia. Fratelli, in ognuno di voi dorme quest’uomo del futuro e aspetta il giorno del risveglio – fratelli, io sono un oscuro, ma in me parla la voce di quest’uomo. Non anche uscito e rientro nell’oscurità, queste sono le mie prime parole e saranno le mie ultime. Domani forse nelle mani della giustizia borghese in agguato intorno a noi io subirò la sorte che attende Ferrer. Ma se ciò potra illuminare la vostra coscienza, affrettare il vostro risveglio e approssimare l’avvento dell’uomo e del suo regno, io sarò lieto della morte. – Addio Fratelli – viva il lavoro e la giustizia – morte alla borghesia. –

* Francisco Ferrer y Guardia (10 gennaio 1859 – 13 ottobre 1909), pensatore anarchico e agitatore, fu sensibile ai problemi dell’istruzione e dell’educazione. Fondò la Escuela Moderna per sottrarre i giovani, in particolare quelli provenienti dalle classi più disagiate, ai pregiudizi della società e per allevarli al libero pensiero. Sospettato nel 1906 di coinvolgimento nell’attentato al re Alfonso XIII, fu incarcerato e la sua scuola rivoluzionaria fu chiusa. Dopo la legge marziale del 1909, dichiarata a causa della rivolta della «Settimana Tragica», fu processato da un tribunale militare e giustiziato.

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