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domenica 4 dicembre 2011

STAI SCIOLTO

DA numero 76 de "La Miccia mensile ad alto potenziale"




“Non capisco perchè avete paura dell'anarchia e soprattutto della sua massima espressione che è l'amorfia.”
Amorfia: assenza di forma.
Anarchia: il manifestarsi delle pulsioni di un individuo o di una collettività senza canoni, leggi, regole, morali imposti da altri, in altre parole la libertà.
Perchè iniziare in questo modo a scrivere? Perchè il naturale manifestarsi della vita mette paura?
La parte più profonda della persona è quella chiamata a volte intimo, a volte individualità. È quello che ci differenzia l'uno dall'altro, è quello che detta le nostre regole, la nostra morale. Riuscire ad esprimere liberamente il proprio essere non è cosa facile e quasi mai ben vista. Viviamo in una società che tende a mutilare le persone astraendo le esigenze di queste per delegarle ad istituzioni create ad hoc: il sapere all'accademia, la sopravvivenza al lavoro, la sicurezza alle autorità, il benessere alla proprietà. In questo contesto ed in tutto ciò che ne consegue l'individuo non trova posto. Tutto ciò è vero ad una sola condizione: che le regole, i comportamenti imposti vengano accettati supinamente, cioè accettate in quanto regole, senza chiedersi chi le ha decise e soprattutto senza distruggerle, con tutti i loro difensori, se esse non ci appartengono. E’ intuitivo pensare che una regola ci appartiene solo se decisa personalmente o liberamente assieme ad altri, ovvero tiene conto delle nostre necessità ed esigenze. Permettere che altri decidano al posto nostro ci lascerà inevitabilmente insoddisfatti, nella migliore delle ipotesi. Seguire percorsi disegnati da terzi ci allontana dai nostri sentimenti facendo assopire qualsiasi scintilla di ingegno e di emotività, lasciandoci stipati nell’immobilismo dell’accettazione e sopportazione dell’esistente. In pratica ci allontana dalla nostra umanità. Questi cosiddetti altri o terzi sono quelle persone che si prendono la briga e “l’oneroso” impegno di tracciare, come degli eroici esperti, l’ufficialità e la legittimità delle nostre azioni: politici, saggi, professori, etc. Tali esseri pervadono anche ambienti dove non dovrebbero esistere, tracciando l'ortodossia della rivoluzione e del percorso che porta ad essa ergendosi ad élite depositaria della verità. Qualsiasi veste essi indossino, di professori, di comunisti o di anarchici, sono solo assimilabili a dei nemici atti ad impedire il naturale manifestarsi della vita ricoprendo un ruolo utilissimo se non fondamentale al potere, che ci vorrebbe vestiti uguali e produttivi in un unico grande carcere senza sbarre.
Accettare ciò che ci è imposto significa fare il gioco di chi impone e legittimare l'imposizione. Significa sottomettere la nostra individualità ai bisogni di altri.
Quanto detto sono di sicuro belle intenzioni, belle parole con cui stupire chi legge, un amico al bar, mandare a fare nel culo un vigile urbano (visto che in questi giorni se ne vedono tanti), ma come si passa nel quotidiano dalla teoria alla pratica? Organizzarsi indipendentemente da strutture politiche, da centri sociali, da gruppi anarchici, ma seguendo esclusivamente i propri obiettivi sfidando a viso aperto chi ci ammorba, chi ci vessa; portare avanti le lotte quotidiane secondo la propria teoria, secondo la propria esperienza e vissuto eludendo metodi e ricette proposte dal cittadinismo o da chicchessia, dando sfogo solo al proprio essere umano; utilizzare le pratiche che più si abbinano al proprio modo di essere è l'unica risposta possibile, l'unico modo di attaccare l'autorità. Solo estremizzando il nostro lato umano, fatto di paure e di incazzature, si può delegittimare l'autorità o meglio tutto quello che non vogliamo, ma che dobbiamo vedere tutti i giorni.
L'assenza di umanità, di individualità è il maggiore punto di forza del potere che si ritrova a governare su individui in serie e quindi facilmente manovrabili e accatastabili. Perchè la vera forza dell'oppressore sta negli oppressi che sopportano la loro condizione; il potere non è un'entità astratta capace di permeare tutta l'aria e manifestarsi ogniqualvolta viene messo in discussione o vengono violate le sue leggi, esso è fatto di persone che sfruttano al massimo le nostre paure e le nostre passività. Quale controllo migliore dell'autocontrollo. Se contiamo nella nostra mente il numero totale di telecamere presenti in un qualsiasi supermarket di Napoli quante persone sarebbero necessarie per controllare tutti gli schermi per tutto il periodo di apertura? Un numero troppo grande per essere vero, quindi come in un problema matematico si deduce che le telecamere servono solo da deterrente. Se non ci credete entrate in un negozio e fate attenzione a dove sono gli schermi del circuito chiuso e chi li controlla, dopo provate a rubare qualcosa; rimarrete stupiti di quanto è semplice e gratificante.
Cosa voglio dire con questo stupido esempio? L'occhio infallibile del potere, il controllo, non può essere dappertutto. Il più delle volte siamo noi che controlliamo noi stessi. Guardate quanti vigili, poliziotti, e
carabinieri sono in giro per Napoli e pensate alla quantità abnorme di reati commessi a qualsiasi ora del giorno e della notte e alla piccola parte di essi i cui responsabili vengono arrestati. Ricordarsi di essere individui e non massa, ricordarsi dell'ingegno che abbiamo è solo un punto a nostro vantaggio che ci permette di fare il nostro comodo senza utilizzare, ed in questo modo legittimare, sovrastrutture.
Bastano poche e piccole accortezze per rapinare una banca senza essere arrestati, alla faccia di tutta la tecnologia e di tutti gli esperti.

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