da finimondo
Sono circa 1300 l’anno, in Italia, i morti sul lavoro, le “morti bianche”. Un lento stillicidio, una vera e propria guerra che va avanti, inesorabile, da tempo. Tutti gli schieramenti politici non fanno altro che un gran strillare, invocare nuove regole, aspre sanzioni e altro ancora, ma si guardano bene dall’indicare i reali mandanti di questi omicidi “bianchi”. E lo fanno per un motivo ben preciso, perchè i mandanti sono essi stessi. Da destra come da sinistra, da Modigliani e Tarantelli, alle leggi cosiddette “Treu” e “Biagi”, con il complice collaborazionismo di tutti i sindacati e su richiesta ben precisa di Confindustria e organi simili, le politiche del lavoro nell’ultimo quarto di secolo sono andate sempre in un’unica direzione, quella della deregolamentazione selvaggia e dello smantellamento sistematico di tutte le vecchie conquiste operaie; quella della concertazione tra padroni e sindacati su flessibilità lavorativa e straordinari, forme di lavoro precarie, atipiche e parasubordinate, e tanto altro ancora.
Negli ultimi mesi molte sono state le stragi che hanno colpito l’opinione pubblica, ma una in particolare si è impressa nell’immaginario collettivo, forse perchè verificatasi a Torino, la vecchia capitale operaia, o per le modalità particolarmente brutali della morte di sette operai, una morte avvenuta dopo atroci sofferenze durate anche molti giorni. Si tratta di quanto accaduto negli stabilimenti della ThyssenKrupp lo scorso 6 dicembre 2007. La storia di questo gigante del capitalismo, colosso mondiale dell’acciaio, racconta molto bene il presente in cui siamo immersi, oltre ad essere esemplificativa di quale sia il VERO significato del lavoro.
La ThyssenKrupp è nata nel 1999 dalla fusione di due gruppi e di due dinastie. I Thyssen sono diventati grandi con le commesse militari della prima guerra mondiale e poi con Hitler, di cui furono sostenitori; a quell’epoca investirono i loro introiti negli USA anche tramite la Union Banking Corporation di Prescott Bush - nonno di George W. - che finanziò il riarmo tedesco fino al 1942. Anche la fortuna dei Krupp si fonda sulla produzione di armamenti, già a partire dal 1800, quando Alfred Krupp era chiamato “Re Cannone”, e poi con i due conflitti mondiali, tanto che un altro Alfred Krupp venne condannato nel processo di Norimberga come criminale di guerra per l’uso di lavoro schiavistico nei campi di sterminio: una grande fabbrica si trovava nei pressi di Auschwitz. Ovviamente, pochi anni dopo riprendeva il controllo dell’azienda.
Salta agli occhi come non sia la prima volta che la ThyssenKrupp si rende responsabile o complice della morte, col fuoco, di numerosi uomini.
Negli ultimi mesi molte sono state le stragi che hanno colpito l’opinione pubblica, ma una in particolare si è impressa nell’immaginario collettivo, forse perchè verificatasi a Torino, la vecchia capitale operaia, o per le modalità particolarmente brutali della morte di sette operai, una morte avvenuta dopo atroci sofferenze durate anche molti giorni. Si tratta di quanto accaduto negli stabilimenti della ThyssenKrupp lo scorso 6 dicembre 2007. La storia di questo gigante del capitalismo, colosso mondiale dell’acciaio, racconta molto bene il presente in cui siamo immersi, oltre ad essere esemplificativa di quale sia il VERO significato del lavoro.
La ThyssenKrupp è nata nel 1999 dalla fusione di due gruppi e di due dinastie. I Thyssen sono diventati grandi con le commesse militari della prima guerra mondiale e poi con Hitler, di cui furono sostenitori; a quell’epoca investirono i loro introiti negli USA anche tramite la Union Banking Corporation di Prescott Bush - nonno di George W. - che finanziò il riarmo tedesco fino al 1942. Anche la fortuna dei Krupp si fonda sulla produzione di armamenti, già a partire dal 1800, quando Alfred Krupp era chiamato “Re Cannone”, e poi con i due conflitti mondiali, tanto che un altro Alfred Krupp venne condannato nel processo di Norimberga come criminale di guerra per l’uso di lavoro schiavistico nei campi di sterminio: una grande fabbrica si trovava nei pressi di Auschwitz. Ovviamente, pochi anni dopo riprendeva il controllo dell’azienda.
Salta agli occhi come non sia la prima volta che la ThyssenKrupp si rende responsabile o complice della morte, col fuoco, di numerosi uomini.
[Da Lanterna, foglio @periodico di stimolazione cerebrale, n°1, giugno 2008]
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