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giovedì 8 dicembre 2011

alla base delle scelte FAI-CNT

Da "Il massacro di Barcellona" di Mario Signorino



Ecco cosa dice un documento FAI: "Non potevamo distruggere il governo perchè, nel momento stesso, in cui avessimo rovesciato quello di Madrid e quello catalano, tutto il mondo avrebbe riconosciuto quello di Burgos" ( cioè quello di Franco).
E' la stessa tesi che gli avversari usano contro di loro: in questo quadro internazionale, dicono, portare avanti la rivoluzione spagnola significa perdere la guerra. Ma gli anarchici non si limitano a lasciare in piedi il governo: entrano a farne parte e rifiutano di puntare sul "contropotere" del movimento libertario, che pure hanno scatenato e diretto. Sanno bene che quella spagnola non è una semplice guerra civile, ma una guerra sociale che i proletari devono combattere in modo rivoluzionario. Ma accettano in pratica la linea antifascista e inchiodano al fronte i loro militanti indicandogli come unico avversario il generale Franco. Per questo sono andati al governo: " per impedire" come dice Federica Montseny, ministro anarchico della Sanità, "deviazioni nella rivoluzione, per continuarla anche dopo la guerra e per opporsi a qualsiasi tentativo dittatoriale".
Ma la realtà è un altra: i dirgenti anarchici pagano il prezzo della loro confusione teorica e della mancanza di linea politica.
Anche loro nel luglio del '36 sono stati presi in contropiede dal golpe militare. Fatto strano, se si considera che appena cinque mesi prima il segretario della CNT, Horacio Prieto, aveva previsto tutto. In un manifesto diffuso il 14 febbraio '36, alla vigilia delle elezioni, Prieto chiamava i militanti alla vigilanza contro un probabile colpo militare: " Il Marocco sembra essere il focolaio principale e l'epicentro della congiura. L'azione insurrezionale è subordinata al risultato delle elezioni, Il suo piano teorico e preventivo sarà attuato se la sinistra otterrà un trionfo elettorale." Gli anarchici, continuava il segretario della CNT,  non intendono difendere la repubblica borghese, ma si batteranno con tutte le loro forze contro il fascismo: " La democrazia cadrà tra due fuochi perchè diventerà inattuale, sarà spazzata via dal campo di battaglia. O il fascimo o la rivoluzione sociale". Bisognava, dunque prepararsi, allo scontro: ma queste preoccupazioni erano estranee alla mentralità dei dirigenti anarchici.
Ancora in maggio, quando si apre a Saragozza il IV congresso della CNT-FAI, l'ultima prima della guerra civile, i documenti votati non danno alcuna indicazione pratica. Il congresso è dominato dalla FAI, la centrale politica del movimento. La FAI era nata a Valenza nel luglio del 1927 dopo che Primo de Rivera aveva messo fuori legge la CNT . Nel '29, ricostituito il sindacato, la FAI diventava il centro d'attrazione dei malcontenti della linea "morbida" della CNT, rimanendo formalmente illegale. E' un insieme di piccoli nuclei autonomi che fanno capo a un Comitato peninsulare; non ha statuti nè programmi, e soprattutto all'inizio non conta dirigenti di riliev; i suoi militanti, infatti, non sono intellettuali, ma proletari della CNT che tendono a scalzare i quadri sindacali.
A proposito delle risoluzioni approvate a Saragozza, qualcuno parla di programma idilliaco, di anarchici chiusi in un mondo di sogno. Eppure il " Concetto Confederale di Comunismo Libertario" non è utopico perchè descrive struttura, caratteri e funzionamento delle comuni libertarie, dilungandosi con puntiglio anche sulle comuni di naturisti. Pochi mesi dopo, parte di questo programma sarà realizzato nel vivo della lotta. Quel che manca al "Concetto" è qualsiasi indicazione di tattica e di strategua politica. Come realizzare il comunismo libertario? La repubblica liberale cadrà come una pera cotta, o bisognerà abbatterla? E che fare con le altre tendenza del movimento operaio ? Quanto al pericolo fascista, niente paura: i proletari hanno fatto il servizio militare e conoscono quindi la tecnica militare moderna... La presa del potere, infine, non è questione che interessi gli anarchici.
E' con questo bagaglio politico che i dirigenti della CNT-FAI  affrontano i problemi della guerra e della rivoluzione. L' istinto di rivoluzionari e il legame profondo con le masse ne fanno i protagonisti delle giornate di luglio. Ma dopo la vittoria, privi di una linea politica, oscillano da un estremo all'altro, disorientando il movimento. Il sostegno alla causa antifascista appare loro come un rifugio provvidenziale, e finiscono con l'accettare la politica più moderata del fronte popolare.
Questo fronte ha molte anime, Come gli anarchici, anche l'ala maggioritaria della UGT dichiara di parteciparvi per vincere la guerra e difendere le conquiste rivoluzionarie. Ma il sindacato socialista, più ancora della CNT,  è scosso dai conflitti interni, ed è Largo Caballero a porre la sua persona come garanzia della rivoluzione. Lui ci crede davvero. Ma altre forze politiche  contano proprio su questa illusione, condivisa peraltro dagli anarchici, per far passare con il suo nome una politica moderata.

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