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giovedì 27 ottobre 2011

Lo straordinario abbaglio del dottor Jekyll e del signor Hyde


da anarchaos


PRIMA PARTE  (http://einzige-lunico.blogspot.com/2011/10/lo-straordinario-abbaglio-del-dottor.html)
prologo:
in uno dei suoi scritti, Agostino da Ippona- ovvero sant’Agostino- ebbe ad affermare, riguardo alla fondamentale funzione del Governo, come “in sua assenza, le persone si opprimerebbero a vicenda e si divorerebbero l’un l’altro, proprio come un pesce più grande ne divora uno più piccolo, e poi viene a sua volta divorato da uno più grande di lui.”.

I. il giardino dell’Eden (la Caduta)

la storia del pensiero occidentale è percorsa da un fil rouge che arriva fino ad oggi: la sfiducia nelle capacità dell’Uomo. a dimostrazione, possiamo tirare in ballo il Peccato originale che fece della stirpe di Adamo- e quindi, stando a quelle storie, di tutti noi- dei piccoli concentrati di malvagità; ma anche i grandi pensatori greci: Aristotele in primis, che sì, avrà pure definito l’uomo come un animale sociale (ma non socievole), stemperando un po’ la gravità della questione, ma ha comunque ribadito quanta parte dell’azione umana è direttamente prodotta dai suoi appetiti più bassi. gli esempi si sprecano, proprio perché non c’è mai stata disquisizione (da Tucidide ai moderni rivalutatori del darwinismo sociale) con risultato diverso dalla massima, poi hobbesiana, dell’homo homini lupus.

II. Hobbes, Adams (le relazioni inter-personali)

conseguenza naturale dell’inaffidabilità (secondo certi scienziati, geneticamente) insita nell’uomo, è la necessità del Leviatano: una grande testa pensante che metta la museruola ai nostri istinti, un re- non a caso riflesso terreno dell’autorità celeste- che ci dica cosa fare e cosa non fare, cosa è giusto e cosa no. ci sono voluti secoli, lotte, rivoluzioni, massacri e quant’altro affinché la monarchia, da assoluta, diventasse costituzionale, per poi lasciare spazio addirittura al modello repubblicano, ma la faccenda rimane sempre la stessa: l’uomo continua a essere governato da un autorità, e sempre per via di questa sua famigerata incapacità di auto-regolamentarsi, si legifera su qualsiasi aspetto dell’esistenza, nulla più viene lasciato all’autonomia di giudizio (o pensiero), col risultato che siamo diventati dei piccoli automi alienati l’uno dall’altro.

III. Adam Smith e lo spirito del capitalismo

a livello sociale (e, quindi, economico) il riflesso più immediato dell’intera questione si è avuto con la formalizzazione del sistema capitalista, forte dell’iper-giustificazione- etica, psicologica, culturale in senso lato- agostiniana del pesce grande che mangia il pesce piccolo. in pratica, ha dato il via a una gara di spietatezza, in cui raggiungeva il primo premio chi riusciva, nella maniera più subdola e sottile, ad abbindolare l’altro e a depredarlo. ricorrendo ad esempi più attuali, possiamo far riferimento al rampantismo d’accatto che regna nella grande industria e nella burocrazia, arrivando finanche a pervadere la fisionomia stessa dei rapporti fra individui.

IV. illusioni

e se invece la valutazione negativa della natura dell’essere umano fosse solo uno sbaglio?
se le migliaia di nefandezze di cui l’uomo si è reso autore non fossero dei lampanti esempi della sua abiezione, bensì risultato ultimo e perverso di anni di oppressione, repressione, sfruttamento e autoritarismo?
SECONDA PARTE (http://einzige-lunico.blogspot.com/)
eravamo rimasti chiedendoci se il presupposto concettuale sul quale è stata fondata l’intera civiltà occidentale- l’homo homini lupus, la volontà di sopraffazione e violenza dell’essere umano sull’altro, per reprimere la quale ci siamo dotati di istituzioni e governi- non sia, in realtà, il frutto di un grosso, madornale, imperdonabile sbaglio. ovvero: è possibile che la valutazione sostanzialmente negativa delle predisposizioni umane sia, appunto, un abbaglio colossale?
stando alle ricerche etnografiche e biologiche, a quanto pare, sì.
I.  il canto della caverna
ciò che gli studiosi riportano è sconcertante, (e ancor più lo è- secondo me- l’averlo ignorato fino a tempi recenti). l’occidente appare essere il campione della contrapposizione teorica tra physis e nomos e, manco a dirlo, è nettamente schierata a favore del secondo termine. ed è imbarazzante considerare quanto, sotto questo punto di vista, sia isolata a livello globale. ricerche su territori un tempo non-europeizzati come le Americhe, il Sud-Est asiatico, l’Australasia e l’Africa sembrano stridere come unghie sulla lavagna: siamo i soli che ritengono l’essere umano in sé stesso una fucina di depravazione, cupidigia e ambizione. siamo i soli che ritengono di dover essere civilizzati (e, per esteso, di dover civilizzare gli altri, i cosiddetti selvaggi). viviamo e siamo educati col dogma che gli “istinti vadano domati”, che la propensione primaria dell’infante è l’aggressività e che, prima della creazione delle istituzioni, gli uomini si facessero quotidianamente la
guerra fra di loro. ma non è così.
II. [continua]
cercando di indagare scientificamente la nostra mente (ovvero, oggettivandola come fosse qualcosa d’estraneo a noi), la psicoanalisi (leggi: Freud) ci ha detto che il bambino ha primitivi istinti anti-sociali che vengono poi domati (repressi) dal super-io, che rappresenta il padre, le gerarchie, le istituzioni, le maglie della società. sarà un caso se soltanto presso la nostra cultura, si ha una tale visione? onestamente penso di no. i più disparati popoli del pianeta (melanesiani, indonesiani, siberiani, sudamericani) considerano la mente acerba del bambino non come un animaletto da addomesticare- da civilizzare\educare- bensì come una mente che matura solo nel progressivo arricchimento delle relazioni inter-umane. il bambino (che abbiamo preso come esempio della mente primigenia, libera dai condizionamenti e dalle repressioni della civiltà) ha delle inclinazioni (negative e positive, per quanto possa valere come distinzione) che impara a sviluppare, apprezzare e gestire; diventa, ora, perfettamente logico e comprensibile pensare che, se sottoposto a stimoli esterni negativi, come la repressione, l’imposizione o la punizione, il bambino potrebbe reagire aggressivamente.
III. la cultura (occidentale) è antagonista
il fatto è che noi viviamo physis e nomos come uno scontro. physis vs. nomos. invece di pensarla come una comunione- come, alla fine, risulta essere (visti gli ultimi sviluppi)- la pensiamo, e la concretizziamo, come una guerra. e non si tratta di una rievocazione del mito del ‘buon selvaggio’ rousseauviano, ma di una sua attualizzazione e riproposizione critica atta a far riflettere sui limiti della cosiddetta civiltà. sembrerà una banalità ma la lontananza dalla terra, dalla natura propriamente detta (non i parchi, le riserve e quant’altro) e dalle altre specie viventi ci ha condannato all’isolamento, all’alienazione, al morbo della gerarchia e delle istituzioni, alla violenza, alla sopraffazione. liberarsi della mania oggettivante, materialistica, reificante e soverchiante sarebbe un buon modo per riscoprire la nostra umanità. perché il nostro status reale è quella “natura umana” che per secoli (millenni?) abbiamo cercato di ingabbiare, quella “natura umana” che abbiamo tacciato di brutalità, avidità e malignità, ma che è invece capace di molto altro. il disagio della civiltà occidentale (parafrasando un titolo di Freud) esiste perché noi combattiamo la nostra stessa natura.
l’ispirazione per questa riflessione viene dalla lettura di “Un grosso sbaglio” di Marshall Sahlins, edito da elèuthera

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