da inform-azione
La mobilitazione di sabato 18/06/11 nasce da una proposta lanciata da alcuni imputati nei due processi che si sono svolti in questa città e che hanno coinvolto oltre 20 compagni.
Nel giugno del 2007 a L’Aquila si è tenuta una manifestazione per le vie della città e un presidio sotto al carcere in solidarietà ai rivoluzionari prigionieri, contro il carcere, la differenziazione e l’articolo 41 bis.
A L’Aquila proprio perché in questo penitenziario è detenuta una militante rivoluzionaria sottoposta al carcere duro e come tappa di un percorso di lotta cominciato sotto al carcere di Biella, poi Parma e L’Aquila, tutte carceri in cui erano e tutt’ora sono detenuti prigionieri politici e con sezioni di isolamento e a 41 bis.
Come risposta: 24 compagni di diverse città sono stati denunciati.
Dalle denunce si è poi aperto il processo, che è stato diviso in due filoni a seconda dei reati imputati. Alcuni compagni sono stati condannati a due anni ciascuno per aver urlato lo slogan “la fabbrica ci uccide, lo stato ci imprigiona che cazzo ce ne frega di Biagi e di D’Antona”. Altrettanti compagni sono stati condannati a pene dai sette agli otto mesi e ad una sanzione pecuniaria di 1000 euro ciascuno, per l’imbrattamento dei muri, il danneggiamento della rete e l’invasione dell’area circostante al carcere.
Per tali ragioni abbiamo deciso di tornare a L’Aquila.
Qui è dove si sta svolgendo il processo e qui dobbiamo far sentire la nostra voce per dire che queste condanne non passeranno sotto silenzio e soprattutto non fermeranno la lotta contro il carcere e per la solidarietà ai detenuti e ai compagni rinchiusi! Il percorso e la mobilitazione del giugno 2007 sono parte integrante del nostro impegno politico e di quello di tutti coloro che vi hanno partecipato. Da qui nasce il percorso che ha coinvolto diverse realtà e singoli compagni per la preparazione di questa giornata, con la consapevolezza e la determinazione di rivendicare contenuti e pratiche della manifestazione del giugno 2007.
Per esprimere il senso generale di come è andata lo titoliamo così:
“Nonostante il sabotaggio predisposto dallo Stato”
Il corteo nella via principale di una città morta, manifestazione che vuole unirsi a chi cerca da anni di ridare vita alla città colpita prima dal terremoto dell’aprile 2009, poi dalla militarizzazione posta a sostegno della speculazione… e il presidio attorno al carcere locale, erano stati segnalati dall’organizzazione della mobilitazione alla questura aquilana, sin dal 9 maggio. Fino alla vigilia, il 17 giugno, tutto è filato via liscio; anche la “visita” del direttore generale del DAP, Franco Jonta, al carcere di L’Aquila a fine maggio, almeno in apparenza, non aveva portato contrordini. Quel giorno, alle compagne e ai compagni che avevano messo il loro nome sulla segnalazione del corteo e del presidio viene comunicato che il percorso del corteo e il luogo del presidio non possono essere quelli indicati; in quella comunicazione vengono fissate altre strade.
Nonostante questo manifesto tentativo di farci desistere, di scoraggiare le adesioni, i pullman delle compagne e dei compagni partono da Napoli, Milano, Padova-Bologna, assieme a pulmini e macchine da Lecce, Foggia, Roma, Teramo… e anche una delegazione di alcuni giovani compagni dalla Svizzera! Così all’appuntamento a L’Aquila si è in oltre 200 compagn*. Viene compiuta una ricognizione sul percorso indicato dalla questura; le strade controindicate sono tutte interne ad un parco. Impossibile accettare un’imposizione, tanto meno quando con ipocrisia cerca di prendersi gioco dell’intelligenza. Ai responsabili in strada della polizia vengono perciò prospettate due alternative: o la possibilità di compiere il percorso richiesto o un altro. Ci si accorge bene di trovarci di fronte ad una ‘tarantella’ voluta e pianificata ‘in alto’ per sabotare l’intera mobilitazione; questo fare formale, burocratico, lento, paralizzante cercherà per tutta la giornata, inutilmente di paralizzarci. “Nessun vero aquilano”, questa l’esortazione di un giornale locale, “deve prendere parte al corteo di anarchici, brigatisti”… per parte loro, inoltre, la polizia invita … o meglio obbliga i commercianti “a tener chiusi gli esercizi”.
Nonostante questo, il corteo parte aperto dallo striscione “Contro carcere – Isolamento - 41bis – Uniti nella lotta”, lo stesso del 2007. Il percorso alternativo ci permette di incontrare, non i pochi turisti presenti in centro, ma gente di L’Aquila, non molta a causa del clima di terrorismo creato dalla polizia, ma curiosa a gruppetti ai margini della strada, vicino ai locali aperti o sulle finestre delle case, gente probabilmente segnata dalla gestione militare della città e dei suoi dintorni. Molte persone chiedevano i volantini che i compagni diffondevano. Significative sono state le parole di un anziano cittadino a margine del corteo che ci ha detto “fate bene, non ci rimane altro che lottare perché qui a L’Aquila Bertolaso e lo Stato italiano hanno sperimentato il fascismo”. Negli interventi al microfono, nel volantinaggio, si riesce a costruire un senso di condivisione, di chiarezza fra corteo e gente in strada. In particolare l’intervento di una compagna del luogo che in rapida successione ripercorre l’odissea del terremoto riservata alla popolazione di L’Aquila, sollecitandola a mobilitarsi, viene accolto con sentita emozione.
Oltre a questo intervento, l’intero corteo è stato caratterizzato da slogans, numerosi interventi e letture di volantini. Si sono spiegate le ragioni per cui si è tornati a L’Aquila, si è portata la solidarietà ai 22 compagni processati, si è spiegato il significato e la valenza dello slogan “la fabbrica ci uccide, lo stato ci imprigiona, che cazzo ce ne frega di Biagi e di D’Antona”. A questo proposito si è detto che vogliono che piangiamo i loro morti e se non lo facciamo ci condannano, ma che noi teniamo le nostre lacrime per i 1000 operai che la fabbrica uccide ogni anno, per gli oltre 1660 morti negli ultimi 10 anni uccisi dal carcere e per tutti gli altri morti provocati dalle guerre e dallo sfruttamento.
Si è parlato inoltre del carcere a 41 bis che c’è nel capoluogo abruzzese, attraverso vari interventi e slogan si è portata solidarietà alla compagna delle Br – pcc Nadia Lioce, a tutti i prigionieri rivoluzionari e in ricordo del compagno Luigi Fallico, ennesimo omicidio di stato, essendo stato Gigi, militante comunista e prigioniero nel carcere di Viterbo, lasciato morire senza alcuna cura il 23 maggio 2011.
Si è informato sulle ultime inchieste che ci sono state in Italia negli ultimi mesi, in particolare si è data solidarietà ai compagni di Bologna arrestati il 6 aprile. Infine si è parlato anche della militarizzazione del luogo, fornendo dati e smascherando la figura di Franco Gabrielli, successore di Guido Bertolaso. Abbiamo chiarito bene che noi siamo contro lo stato dei padroni, della corruzione e delle mafie (tema attuale si vedano le recenti indagini per la P4), ma siamo anche contro il 41bis!
Con la carica sotto i piedi suscitata dal corteo, ora ci rivolgiamo al carcere. L’Aquila è una città militarizzata per davvero e tale dovrebbe restare, ma fino a quando? La mobilitazione del 18 giugno è un’occasione ghiotta per lo stato in cui mettere in mostra il proprio potere. Raggiungeremo il carcere, distante una decina di km, in pullman scortati dai mezzi militari. Lo strano convoglio viene dirottato in un luogo isolato, distante diverse centinaia di metri dal prato accanto al carcere da noi richiesto (lo stesso luogo del 2007). Come il percorso del corteo dettatoci dalla questura era un’offesa-impedimento alla sua anche minima riuscita, così è il luogo scelto per il presidio sotto il carcere. Ai dirigenti della questura che ci stanno di fronte, diciamo che quanto cercano di imporci lo rifiutiamo, che non ce ne andremo fino a quando non giungiamo nel luogo da noi indicato.
Ancora lungaggini noiose, irritanti. L’avvicinamento al carcere infine viene accettato, il convoglio di pullman e mezzi militari arriva sul posto, ma… “dovete fermarvi sulla strada”, così dice la polizia. La risposta a questa ennesima provocazione non si fa attendere: si apre un varco nella siepe che corre attorno al prato, si entra dentro, sorprendiamo gli sbirri che con scudi e manganelli cercano di fermarci, partono le manganellate, gli atterramenti… alla fine conquistiamo un pezzo del prato e da lì salutiamo le persone rinchiuse, che rispondono con fazzoletti bianchi e rossi usciti per miracolo dalle bocche di lupo. Ce l’abbiamo fatta. Gli interventi, fra cui molto significativo, quello dei “Disoccupati organizzati di Napoli”, riescono a comunicare solidarietà mista a complicità, a far sentire a chi da anni (e chissà per quanto tempo ancora?) non può leggere e ascoltare della realtà altro dalle sue versioni istituzionali e che invece fuori cresce la coscienza della necessità di conoscere e lottare contro il carcere. Anche davanti al carcere sono stati molti gli slogan e i riferimenti al compagno Gigi e si é manifestata frequentemente attraverso gli interventi la solidarietà di classe verso la prigioniera politica Nadia Lioce e tutti i prigionieri politici.
La mobilitazione è riuscita a smitizzare il carcere, il 41bis - che oggi ne è il suo pilastro - ha consolidato rapporti vitali alla continuità della lotta contro il carcere e la società che lo crea e usa.
Ha ribadito che la solidarietà di classe nei confronti dei prigionieri che lottano e dei prigionieri rivoluzionari non deve essere criminalizzata e la sua repressione può diventare occasione per nuova determinazione alla lotta come hanno mostrato i condannati dal tribunale di L’Aquila che hanno saputo trasformare un processo alle lotte in un processo di lotta rilanciando la mobilitazione per cui erano stati inquisiti.
Possiamo certamente dire che a dispetto dell’enorme lavoro fatto contro il corteo e il presidio gli è andata male. Perché noi non abbiamo desistito ed eravamo in quantità sufficiente per farlo e gli aquilani non ci hanno certo isolato, ma ci hanno volentieri ascoltato.
Il diniego della questura ed in particolare le forcaiole motivazioni che, guarda caso sono le stesse della campagna stampa contro di noi gestita nei giorni precedenti con il delirante comunicato del Comitato città nuove - 99 ( che sembra essere il portavoce della questura) non sono riuscite nel loro intento! La nostra determinazione è stata più forte.
Nel giugno del 2007 a L’Aquila si è tenuta una manifestazione per le vie della città e un presidio sotto al carcere in solidarietà ai rivoluzionari prigionieri, contro il carcere, la differenziazione e l’articolo 41 bis.
A L’Aquila proprio perché in questo penitenziario è detenuta una militante rivoluzionaria sottoposta al carcere duro e come tappa di un percorso di lotta cominciato sotto al carcere di Biella, poi Parma e L’Aquila, tutte carceri in cui erano e tutt’ora sono detenuti prigionieri politici e con sezioni di isolamento e a 41 bis.
Come risposta: 24 compagni di diverse città sono stati denunciati.
Dalle denunce si è poi aperto il processo, che è stato diviso in due filoni a seconda dei reati imputati. Alcuni compagni sono stati condannati a due anni ciascuno per aver urlato lo slogan “la fabbrica ci uccide, lo stato ci imprigiona che cazzo ce ne frega di Biagi e di D’Antona”. Altrettanti compagni sono stati condannati a pene dai sette agli otto mesi e ad una sanzione pecuniaria di 1000 euro ciascuno, per l’imbrattamento dei muri, il danneggiamento della rete e l’invasione dell’area circostante al carcere.
Per tali ragioni abbiamo deciso di tornare a L’Aquila.
Qui è dove si sta svolgendo il processo e qui dobbiamo far sentire la nostra voce per dire che queste condanne non passeranno sotto silenzio e soprattutto non fermeranno la lotta contro il carcere e per la solidarietà ai detenuti e ai compagni rinchiusi! Il percorso e la mobilitazione del giugno 2007 sono parte integrante del nostro impegno politico e di quello di tutti coloro che vi hanno partecipato. Da qui nasce il percorso che ha coinvolto diverse realtà e singoli compagni per la preparazione di questa giornata, con la consapevolezza e la determinazione di rivendicare contenuti e pratiche della manifestazione del giugno 2007.
Per esprimere il senso generale di come è andata lo titoliamo così:
“Nonostante il sabotaggio predisposto dallo Stato”
Il corteo nella via principale di una città morta, manifestazione che vuole unirsi a chi cerca da anni di ridare vita alla città colpita prima dal terremoto dell’aprile 2009, poi dalla militarizzazione posta a sostegno della speculazione… e il presidio attorno al carcere locale, erano stati segnalati dall’organizzazione della mobilitazione alla questura aquilana, sin dal 9 maggio. Fino alla vigilia, il 17 giugno, tutto è filato via liscio; anche la “visita” del direttore generale del DAP, Franco Jonta, al carcere di L’Aquila a fine maggio, almeno in apparenza, non aveva portato contrordini. Quel giorno, alle compagne e ai compagni che avevano messo il loro nome sulla segnalazione del corteo e del presidio viene comunicato che il percorso del corteo e il luogo del presidio non possono essere quelli indicati; in quella comunicazione vengono fissate altre strade.
Nonostante questo manifesto tentativo di farci desistere, di scoraggiare le adesioni, i pullman delle compagne e dei compagni partono da Napoli, Milano, Padova-Bologna, assieme a pulmini e macchine da Lecce, Foggia, Roma, Teramo… e anche una delegazione di alcuni giovani compagni dalla Svizzera! Così all’appuntamento a L’Aquila si è in oltre 200 compagn*. Viene compiuta una ricognizione sul percorso indicato dalla questura; le strade controindicate sono tutte interne ad un parco. Impossibile accettare un’imposizione, tanto meno quando con ipocrisia cerca di prendersi gioco dell’intelligenza. Ai responsabili in strada della polizia vengono perciò prospettate due alternative: o la possibilità di compiere il percorso richiesto o un altro. Ci si accorge bene di trovarci di fronte ad una ‘tarantella’ voluta e pianificata ‘in alto’ per sabotare l’intera mobilitazione; questo fare formale, burocratico, lento, paralizzante cercherà per tutta la giornata, inutilmente di paralizzarci. “Nessun vero aquilano”, questa l’esortazione di un giornale locale, “deve prendere parte al corteo di anarchici, brigatisti”… per parte loro, inoltre, la polizia invita … o meglio obbliga i commercianti “a tener chiusi gli esercizi”.
Nonostante questo, il corteo parte aperto dallo striscione “Contro carcere – Isolamento - 41bis – Uniti nella lotta”, lo stesso del 2007. Il percorso alternativo ci permette di incontrare, non i pochi turisti presenti in centro, ma gente di L’Aquila, non molta a causa del clima di terrorismo creato dalla polizia, ma curiosa a gruppetti ai margini della strada, vicino ai locali aperti o sulle finestre delle case, gente probabilmente segnata dalla gestione militare della città e dei suoi dintorni. Molte persone chiedevano i volantini che i compagni diffondevano. Significative sono state le parole di un anziano cittadino a margine del corteo che ci ha detto “fate bene, non ci rimane altro che lottare perché qui a L’Aquila Bertolaso e lo Stato italiano hanno sperimentato il fascismo”. Negli interventi al microfono, nel volantinaggio, si riesce a costruire un senso di condivisione, di chiarezza fra corteo e gente in strada. In particolare l’intervento di una compagna del luogo che in rapida successione ripercorre l’odissea del terremoto riservata alla popolazione di L’Aquila, sollecitandola a mobilitarsi, viene accolto con sentita emozione.
Oltre a questo intervento, l’intero corteo è stato caratterizzato da slogans, numerosi interventi e letture di volantini. Si sono spiegate le ragioni per cui si è tornati a L’Aquila, si è portata la solidarietà ai 22 compagni processati, si è spiegato il significato e la valenza dello slogan “la fabbrica ci uccide, lo stato ci imprigiona, che cazzo ce ne frega di Biagi e di D’Antona”. A questo proposito si è detto che vogliono che piangiamo i loro morti e se non lo facciamo ci condannano, ma che noi teniamo le nostre lacrime per i 1000 operai che la fabbrica uccide ogni anno, per gli oltre 1660 morti negli ultimi 10 anni uccisi dal carcere e per tutti gli altri morti provocati dalle guerre e dallo sfruttamento.
Si è parlato inoltre del carcere a 41 bis che c’è nel capoluogo abruzzese, attraverso vari interventi e slogan si è portata solidarietà alla compagna delle Br – pcc Nadia Lioce, a tutti i prigionieri rivoluzionari e in ricordo del compagno Luigi Fallico, ennesimo omicidio di stato, essendo stato Gigi, militante comunista e prigioniero nel carcere di Viterbo, lasciato morire senza alcuna cura il 23 maggio 2011.
Si è informato sulle ultime inchieste che ci sono state in Italia negli ultimi mesi, in particolare si è data solidarietà ai compagni di Bologna arrestati il 6 aprile. Infine si è parlato anche della militarizzazione del luogo, fornendo dati e smascherando la figura di Franco Gabrielli, successore di Guido Bertolaso. Abbiamo chiarito bene che noi siamo contro lo stato dei padroni, della corruzione e delle mafie (tema attuale si vedano le recenti indagini per la P4), ma siamo anche contro il 41bis!
Con la carica sotto i piedi suscitata dal corteo, ora ci rivolgiamo al carcere. L’Aquila è una città militarizzata per davvero e tale dovrebbe restare, ma fino a quando? La mobilitazione del 18 giugno è un’occasione ghiotta per lo stato in cui mettere in mostra il proprio potere. Raggiungeremo il carcere, distante una decina di km, in pullman scortati dai mezzi militari. Lo strano convoglio viene dirottato in un luogo isolato, distante diverse centinaia di metri dal prato accanto al carcere da noi richiesto (lo stesso luogo del 2007). Come il percorso del corteo dettatoci dalla questura era un’offesa-impedimento alla sua anche minima riuscita, così è il luogo scelto per il presidio sotto il carcere. Ai dirigenti della questura che ci stanno di fronte, diciamo che quanto cercano di imporci lo rifiutiamo, che non ce ne andremo fino a quando non giungiamo nel luogo da noi indicato.
Ancora lungaggini noiose, irritanti. L’avvicinamento al carcere infine viene accettato, il convoglio di pullman e mezzi militari arriva sul posto, ma… “dovete fermarvi sulla strada”, così dice la polizia. La risposta a questa ennesima provocazione non si fa attendere: si apre un varco nella siepe che corre attorno al prato, si entra dentro, sorprendiamo gli sbirri che con scudi e manganelli cercano di fermarci, partono le manganellate, gli atterramenti… alla fine conquistiamo un pezzo del prato e da lì salutiamo le persone rinchiuse, che rispondono con fazzoletti bianchi e rossi usciti per miracolo dalle bocche di lupo. Ce l’abbiamo fatta. Gli interventi, fra cui molto significativo, quello dei “Disoccupati organizzati di Napoli”, riescono a comunicare solidarietà mista a complicità, a far sentire a chi da anni (e chissà per quanto tempo ancora?) non può leggere e ascoltare della realtà altro dalle sue versioni istituzionali e che invece fuori cresce la coscienza della necessità di conoscere e lottare contro il carcere. Anche davanti al carcere sono stati molti gli slogan e i riferimenti al compagno Gigi e si é manifestata frequentemente attraverso gli interventi la solidarietà di classe verso la prigioniera politica Nadia Lioce e tutti i prigionieri politici.
La mobilitazione è riuscita a smitizzare il carcere, il 41bis - che oggi ne è il suo pilastro - ha consolidato rapporti vitali alla continuità della lotta contro il carcere e la società che lo crea e usa.
Ha ribadito che la solidarietà di classe nei confronti dei prigionieri che lottano e dei prigionieri rivoluzionari non deve essere criminalizzata e la sua repressione può diventare occasione per nuova determinazione alla lotta come hanno mostrato i condannati dal tribunale di L’Aquila che hanno saputo trasformare un processo alle lotte in un processo di lotta rilanciando la mobilitazione per cui erano stati inquisiti.
Possiamo certamente dire che a dispetto dell’enorme lavoro fatto contro il corteo e il presidio gli è andata male. Perché noi non abbiamo desistito ed eravamo in quantità sufficiente per farlo e gli aquilani non ci hanno certo isolato, ma ci hanno volentieri ascoltato.
Il diniego della questura ed in particolare le forcaiole motivazioni che, guarda caso sono le stesse della campagna stampa contro di noi gestita nei giorni precedenti con il delirante comunicato del Comitato città nuove - 99 ( che sembra essere il portavoce della questura) non sono riuscite nel loro intento! La nostra determinazione è stata più forte.
Assemblea per la giornata di lotta del 18 giugno
aquila11giugno@autistici.org
22/6/2011
aquila11giugno@autistici.org
22/6/2011
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