da finimondo
Quanto è miserabile una vita trascorsa davanti al buco della serratura? Una vita a sbirciare quel che fanno altri, ad origliare quel che dicono altri. Una vita da guardoni, che si crogiolano nello strappare brandelli delle esistenze altrui, di persone che nemmeno sono in grado di conoscere nella loro complessità, ma di cui violano senza alcuno scrupolo l’intimità. C’è chi lo fa da dietro un cespuglio, chi lo fa con l’ausilio di una microspia, chi lo fa al riparo di uno schermo. E non è detto affatto che i primi siano i peggiori. Almeno la loro passione non è esente da rischi. Per soddisfarla, mettono pur sempre a repentaglio le loro ossa. Ma che dire degli altri, di chi deve solo premere un bottone e piazzare un’antenna per invadere in tutta sicurezza le emozioni e le sensazioni dei propri bersagli?
Degli sbirri è inutile parlare. Per chi è pronto ad obbedire a
qualsiasi ordine, foss’anche quello di torturare e uccidere, cosa volete
che sia ficcare il naso nella quotidianità di chi è troppo poco
ossequioso per non destar sospetto? Quanto ai giornalisti, è noto come
questo genere di avvoltoi volteggi attorno alle “emozioni forti” in
grado di far rizzare gli indici di gradimento. Anche qui, ha poco senso
indignarsi. Chi è sempre lesto a sguazzare nella vergogna e nel panico,
nel lutto e nel dolore altrui, non farà certo fermare la propria
carriera da un presunto “diritto di privacy”.
Restano gli altri, tutti gli altri. Tutti quegli esseri umani che,
pur non essendo né sbirri né giornalisti, amano incollarsi davanti al
buco della serratura. Vi siete mai chiesti fino a che punto la
diffusione dei reality show, in grado di trasformare gli
spettatori in altrettanti guardoni, li prepari a diventare essi stessi
dei sorvegliati? In effetti, allorché spiare la vita altrui diventa una
cosa abituale, pressoché normale, cosa dire e perché protestare quando
toccherà alla propria finire sotto una lente di ingrandimento?
Simili pensieri ce li ha (ri)fatti venire in mente la diffusione
dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di una decina di
anarchici, arresti avvenuti a metà giugno nell’ambito della “Operazione
Ardire”. L’ordinanza è stata messa a disposizione del pubblico quasi
subito da un noto sito scandal-giornalistico, scaricabile in pdf. Nomi,
cognomi, indirizzi di tutti gli arrestati, con il solito condimento di
intercettazioni ambientali. Frammenti di vite umane — selezionati,
filtrati e adulterati dagli inquirenti — gettati in pasto al pubblico.
Ma questo stesso documento, questa carta da cesso sbirresca, è stato successivamente diffuso anche da alcuni siti di movimento, in Italia come all’estero.
Attoniti, ce ne chiediamo la ragione. Che dalla lettura di questi
fogli si possano estrapolare elementi utili per contrastare l’ennesima
ondata repressiva, potrà anche essere vero. Ma allora, perché non
limitarsi a questo? Perché divulgare l’intero documento, anziché
dedicarsi a un'opera di vaglio, di separazione fra l’essenziale e il
superfluo? Se si pensa in tal modo di alimentare la chiarezza, a nostro
avviso si compie un grossolano errore. La diffusione di una informazione
(vera o falsa che sia) è utile quando esiste un pensiero critico pronto
ad interpretarla e a farne un uso diverso. Quando questo pensiero
critico manca — e per capire fino a che punto esso sia oggi assente
basta notare come si stia generalizzando la retorica più emotiva e non
di rado commovente — ciò che viene alimentato è solo il chiacchiericcio
idiota, il commentario sbrigativo alla pari di un rutto, la morbosa
curiosità di sapere chi, cosa, dove e quando (prendendo per buona la
versione degli inquirenti!). Si comincia bene, con l’intenzione di
studiare le mosse del nemico per meglio neutralizzarle, e si finisce
male, rimanendo impantanati nel fango sollevato da quelle carte. E fango
sollevato ad arte, intenzionalmente. Non è certo un caso se ormai le
intercettazioni rese pubbliche sono piene di fatti privati. Hai letto
cosa dice Tizio di Caio? Hai visto cosa ha fatto Sempronio? Hai capito
cosa è successo fra Pinco e Pallino? Forse non sarà la verità, ma basta
anche solo il sospetto per avvelenare l’aria. In fondo, è più facile
distruggere il movimento seminando zizzania fra i compagni che facendoli
condannare in tribunale. Questo, chi sta in alto lo ha capito
perfettamente.
Perché dovremmo prestarci a questo gioco al massacro?
I servi del potere ci sorvegliano, ci spiano dal buco della
serratura. Non riescono a vedere tutto, non riescono a sentire tutto,
non capiscono proprio nulla, ma tanto basta per galvanizzare la loro
fantasia e imbrattare fogli di carta con il frutto della loro becera
eccitazione. E noi dovremmo leggerli, eccitarci e imbrattarli a nostra
volta?
Noi non ci stiamo. Non contate su di noi. Abbiamo altri gusti. Non prenderemo mai per buona la parola del nemico.
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