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venerdì 27 aprile 2012

Il conformismo come difesa dall'emarginazione

Da "io e te" di Niccolò Ammaniti

Quando, il primo giorno di scuola, sono arrivato davanti al liceo pubblico per poco non sono svenuto.
Quello era l'inferno in terra. C'erano centinaia di ragazzi. Sembrava di stare all'entrata di un concerto. Alcuni erano molti più grandi di me. Pure con la barba. Le ragazze con le tette. Tutti sui motorini, con gli skate. Chi correva. Chi rideva. Chi urlava. Chi entrava e usciva dal bar. Uno si arrampiacato sopra un albero e ha appeso lo zaino di una ragazza su un ramo e quella gli tirava le pietre.
L'ansia mi toglieva il respiero. Mi sono appoggiato contro un muro coperto di scritte e disegni.
Perchè dovevo andare a scuola? Perchè il mondo funzionava cosi? Nasci, vai a scuola, lavori e muori. Chi aveva deciso che quello era il modo giusto ? Non si poteva vivere diversamente ? Come gli uomini primitivi ? Come mia nonna Laura, che quando era piccola aveva fatto la scuola a casa e le insegnanti andavano da lei. Perchè non potevo fare cosi pure io ?? Perchè non mi lasciavano in pace? Perchè dovevo essere uguali agli altri? Perchè non potevo vivere per conto mio in una foresta canadese ?
-Io non sono come loro. Io ho il sè grandioso, - Ho sussurrato, mentre tre bestioni che si tenevano a braccetto mi spingevano via come fossi un birillo: -Sparisci, microbo.
In trance ho visto le mie gambe rigide come tronchi che mi potravano in classe. Mi sono seduto al penultimo banco, vicino alla finestra, e ho cercato di rendermi invisibile.
Ma ho scoperto che la tecnica mimetica in quel pianeta ostile non funzionava. I predatori in quella scuola erano molto più evoluti e aggressivi e si muovevano in branco. Qualsiasi stasi, qualsiasi comportamento anomalo, era immediatamente notato e punito.
Mi hanno messo in mezzo. Mi hanno preso in giro per come mi vestivo, perchè non parlavo. E poi mi hanno lapidato a colpi di cancellino
Imploravo i miei genitori di farmi cambiare scuola, una per disadattati o sordomuti sarebbe stata perfetta. Trovavo ogni scusa per rimanere a casa. Non studiavo più. In classe passavo il tempo a contare i minuti che mi restavano per uscire da quel carcere.
Una mattina ero casa per un mal di testa. finto e ho visto in televisione un documentario sugli insetti imitatori.
Da qualche parte, ai tropici, vive una mosca che imita le vespe. Ha quattro ali come tutte quelle della sua specie, ma le tiene una sull'altra, cosi sembrano due. Ha l'addome a strisce gialle e nere, le antenne e gli occhi sporgenti e ha anche un pungiglione finto. Non fa niente, è buona. Ma vestita come una vespa, gli uccelli, le lucertole, persino gli uomini la temono. Può entrare tranquilla nei vespai, uno dei luoghi più pericolosi e vigilati del mondo, e nessuno la riconosce.
Avevo sbagliato tutto.

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