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sabato 7 aprile 2012

A distanza

"Killing King Abacus"

Ma da ogni altro punto di vista che non sia quello del facilitare il controllo poliziesco, la Parigi di Haussmann è  una città costruita da un idiota, piena di rumore e violenza, che non significa nulla.
G. Debord

Haussmann non ha inventato la progettazione della città; già i romani e i cinesi antichi pianificavano le città. Quelle moderne vennero progettate e costruite nelle colonie britanniche e francesi prima che in Europa. Washington DC venne progettata e costruita su di un’area vuota decenni prima che Haussmann rimodellasse Parigi. La differenza è che Haussmann costruì la sua nuova capitale sopra la vecchia Parigi, una città preindustriale. La Parigi di Haussmann a proposito dell’architettura confacente al capitalismo e allo stato-nazione rivela più di quanto non faccia L’Enfant’s D.C, perché ci mostra cosa Haussmann scelse di distruggere e cosa scelse di costruire. Nella sua demolizione dei quartieri poveri e dei vecchi vicoli possiamo vedere che cosa egli considerasse una minaccia.

A Parigi i viali stavano già sostituendo le strade strette due decenni prima che Haussmann assumesse il suo incarico, ma su scala assai minore. Durante la rivoluzione del luglio 1830 ai soldati governativi venne giocato un brutto tiro: i larghi cubi di granito usati per pavimentare i nuovi viali furono portati in cima agli ultimi piani delle case e lanciati sulle teste dei soldati. Queste lastre di pietra divennero una risorsa comune come materiali di costruzione delle barricate. Nel 1830 ne vennero erette seimila.
Haussmann assunse l’incarico nel 1853, dopo le insurrezioni del 1830 e del 1848. Nel tentativo di prevenire altre insurrezioni, cercò di eliminare la possibilità di costruire barricate distruggendo le strade strette e sostituendole con larghi viali. Fece costruire grandi strade anche con lo scopo di consentire un più agevole trasporto di truppe «che collegassero il governo con le truppe e le truppe con la periferia» e che permettessero alle truppe di circondare i quartieri nella città. Pavimentandole facilitò il movimento regolato e regolare delle truppe.
La Parigi di Haussmann era dunque qualcosa di più di una semplice città. Era un simbolo; i suoi monumenti e i viali produssero l’immagine della capitale di un potente impero. I nuovi viali agghindati che erano parte di questa immagine fecero lievitare gli affitti proprio come accade coi moderni progetti di «rivitalizzazione urbana». Intanto i quartieri proletari venivano letteralmente devastati per pavimentare i viali. Mentre aumentava la popolazione dei vagabondi e dei senza casa, nasceva in modo massiccio il fenomeno dei “pendolari”, avendo Haussmann cercato di trattenere e sistemare gli emarginati e di incanalare i lavoratori in movimenti lineari — da casa al lavoro, dal lavoro a casa —: un precursore del metro, boulot, dodo (metropolitana, lavoro, dormire). Nel 1864 tenne un discorso in cui esprimeva «la sua avversione per la popolazione urbana sradicata».
Haussmann progettò la costruzione di collegamenti ferroviari tra il centro di Parigi e i suoi sobborghi proprio nel momento in cui le ferrovie europee si stavano espandendo considerevolmente. «Lo spazio è ucciso dalle ferrovie e noi siamo rimasti con il tempo solo» (Heine). Magari lo spazio non è stato del tutto ucciso dalle ferrovie ma i viaggi ad alta velocità hanno reso il tempo del viaggio un fattore più importante rispetto alla distanza e al significato stesso del viaggio. Ciò che Georg Simmel diceva del denaro può essere in un certo senso affermato della città moderna. Entrambi consentono collegamenti tra cose in precedenza distanti ma rendono più difficile da raggiungere ciò che è più vicino. Mentre le distanze venivano conquistate dalle ferrovie, le vicinanze scivolavano ancora più lontano. Ciò stava a significare che nello stesso momento in cui i trasporti e le comunicazioni permettevano di raggiungere posti lontani in un periodo di tempo più breve, i propri vicini diventavano più lontani: l’industrializzazione richiedeva più ore di lavoro e più tempo occorreva per andare e venire dal lavoro, meno ne restava per socializzare.

Centinaia di migliaia di famiglie, che lavoravano nel centro della capitale, dormivano nei sobborghi. Il movimento assomiglia alla marea: al mattino i lavoratori confluiscono dentro Parigi, e di sera la stessa ondata di persone ne scorre fuori. È una immagine melanconica... Vorrei aggiungere... che questa è la prima volta che l’umanità ha assistito a uno spettacolo così deprimente.
A. Gravneau


L’industrializzazione e l’opera dei nuovi urbanisti erano riuscite a separare gli spazi vitali da quelli lavorativi. Una separazione che ha dato inizio a un processo di sempre maggior dipendenza verso articoli di consumo che in precedenza venivano prodotti in casa o di cui i contadini e gli artigiani non avevano mai sentito la mancanza. La creazione delle periferie aumentava la separazione.

Le periferie nord-americane: il sogno lastricato
Prima della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti erano già un paese altamente industrializzato. Quindi, le condizioni sopra descritte erano già instaurate nelle città nord-americane. A partire dagli anni ‘30, la distanza che divideva gli spazi vitali da quelli lavorativi era aumentata esponenzialmente allorquando milioni di persone si trasferirono nelle periferie, vennero costruiti chilometri di autostrade e milioni di americani acquistarono un’automobile nel tentativo di chiudere questa distanza che aumentava.
Negli anni trenta il governo federale impiegò milioni di dollari per costruire un nuovo paesaggio. Dopo la seconda guerra mondiale, il Veteran’s Mortgage Guarantee Program fornì alloggi a basso costo a milioni di persone. Dalla fine degli anni ‘40 fino alla metà degli anni ‘60 vennero costruite 23 milioni di nuove abitazioni. L’industria seguì i nuovi abitanti dei sobborghi per la maggior parte bianchi fuori della città. Negli anni ‘40 e ‘50 il governo investì milioni di dollari nelle infrastrutture periferiche: gas, elettricità, strade, sistemi fognari e autostrade. Vennero costruite migliaia di strade e di autostrade che permettevano un facile movimento fra le periferie e i centri delle città. I quartieri poveri furono incapaci di resistere alla costruzione di questi serpentoni di cemento che dovevano passare al loro interno, mentre i quartieri residenziali spesso riuscivano ad opporsi. Un esempio recente è la costruzione di una autostrada a Los Angeles, nella zona sud-centrale, laddove i ricchi di Beverly Hills sono stati in grado di fermare la costruzione di una autostrada che doveva attraversare il proprio quartiere.
Il dipartimento della difesa spese milioni e milioni di dollari per la costruzione di strade dopo la guerra. Così come i viali di Haussmann erano utili strategicamente per l’esercito, le autostrade potevano potenzialmente venir usate anche come piste di atterraggio per aerei bombardieri. Ancora più significativa era l’alleanza fra le industrie automobilistiche, petrolifere e della gomma che si spartivano i proventi per la costruzione delle autostrade, e lo Stato. Queste industrie usarono la coercizione dell’ambiente costruito per assicurarsi il consumo dei propri prodotti.
L’alienazione è costruita dentro la città e dentro i sobborghi, nel loro cemento e nell’asfalto. Prendiamo l’esempio di Los Angeles, la città costruita per favorire le automobili non certo le passeggiate degli esseri umani. A Los Angeles molte persone non pensano ad altro che a guidare per tre quarti d’ora soltanto per andare al bar. Invece di avere quartieri dove si possa trovare una strada con botteghe e caffè, gli spazi per socializzare sono sparsi fuori della città. Le città nord-americane sono prive di qualsiasi storia pre-capitalista, essendo state progettate e costruite in base ai dettami del capitale, con l’aiuto dei politici. Il risultato: ruggini urbane più adatte a un’automobile che a un essere umano.
L’abitante dei sobborghi ricorre al controllo sulla natura laddove è privo del controllo sulla propria vita. Quindi osserviamo aiuole potate nelle piazze, una nevrosi per falciare prati e file di fiori meticolosamente piantati, i negozi di giardinaggio che proliferano e il cortile suburbano diventato “natura” mercificata.
Il sogno americano è senza vita ed è uniforme e piatto come il prato suburbano. I sobborghi nascondono la mancanza di rapporto con la natura e con gli esseri umani così come nascondono la mancanza di potere esercitato dagli abitanti delle periferie sulle proprie vite.
Mentre la Parigi di Haussmann era servita per creare l’immagine della capitale di un potente impero, i progetti di rivitalizzazione della città creano l’immagine di una nuova città “abbellita” che ci viene venduta sotto forma di orgoglio comunitario. In entrambi questi casi il risultato è stato raggiunto anche attraverso lo spostamento dei poveri. La «comunità» ci viene venduta con celebrazioni in tutta la città, fiere cittadine o celebrazioni ufficiali del Millennio. Lo Stato e i mass media contribuiscono a creare e a perpetuare queste comunità immaginarie, basate su un concetto astratto di identità comune, il cui esempio più ovvio è quello della Nazione.
Haussmann aveva costruito larghe strade per prevenire la costruzione di barricate e distrutto completamente i quartieri per prevenire ciò che non era controllabile. Questi quartieri riapparvero in forma ben differente nelle periferie. I sobborghi nord-americani sono stati costruiti in maniera tale che si possano sviluppare ben pochi rapporti autentici. Per il controllo statale la comunicazione è una minaccia tanto quanto le barricate. Negli Stati Uniti i sobborghi crescono proprio all’ombra del sogno americano.

[Tr. it. su Diavolo in corpo n. 3, novembre 2000]

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