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domenica 29 gennaio 2012
Sentimenti imposti: il fine dell'educazione (Stirner)
Da l'unico e la sua proprietà di Max Stirner
Essenziale è dunque distinguere i sentimenti che vengono inspirati da quelli che sono soltanto
eccitati.
Questi ultimi sono sentimenti propri, egoistici, perchè non vengono impressi nella mia mente
né suggeriti o a forza innestati; ma dei primi invece io vado superbo, li considero come un mio
retaggio, li coltivo e ne son posseduto. Chi non avrebbe osservato, coscientemente o
inconsciamente, che, tutta la nostra educazione è intensa a far nascere in noi dei sentimenti,
anziché permetterci di crearli da noi bene o male? Se alcuno pronunci avanti a noi il nome di
Dio; noi dobbiamo esser compresi di timor di Dio; se il nome del principe, noi dobbiamo
accoglierlo con rispetto, con venerazione e con devozione; se quello della morale, noi dobbiamo
rappresentarci qualcosa di inviolabile; se quello del maligno e dei malvagi, noi abbiamo il dovere
di rabbrividire.
Tutto è inteso a instillarci quei sentimenti, e chi, per avventura, dimostrasse di udire con
compiacenza le imprese dei malvagi, si renderebbe meritevole d'esser "castigato ed educato"
colle verghe. Così rimpinzati, di sentimenti imposti, noi ci presentiamo alla sbarra della età
adulta per esser dichiarati "maggiorenni".
Il nostro bagaglio è composto di "sentimenti sublimi, di massime entusiasti che, di principi
eterni, ecc."
I giovani devono cinguettare al modo dei vecchi; e i maestri di scuola si impegnano per
apprender loro l'antica melodia; e sol quando l'anno mandata a memoria li proclamano adulti.
A noi non è permesso di sentire — ad ogni cosa, ad ogni nome che ci si affaccia — quello che
vorremmo e potremmo pensare; non di figurarci, per esempio, qualche cosa di ridicolo di
irriverente quando si pronuncia dinanzi a noi il nome di Dio; bensì ci è sempre prescritto quello
che in un dato momento dobbiamo sentire e pensare.
Tale è il significato del vocabolo "cura d'anime".
La mia anima o il mio spirito devono esser foggiati come desiderano gli altri, non come
bramerei io stesso. Quanta fatica costa ad ognuno il conquistarsi un sentimento proprio ed
indipendente quando sente pronunciar dinanzi a sé un qualche nome, il ridere in faccia a colui
che quando ci parla attende da noi un viso compunto! Ciò che c'instillarono nell'animo è una cosa
straniera, e perciò "santa"; donde la difficoltà di spogliarci del "santo rispetto per essa".
È per uso oggi di celebrare anche la " serietà", la serietà "nelle cose e nei dibattiti di grande
importanza", la "serietà tedesca". Questa specie di serietà dimostra assai bene quanto siano
antiche e serie la pazzia e l'ossessione. Poiché nessuno è più serio del pazzo quand'egli si trova
nel punto centrico della sua pazzia dacché allora egli prende la cosa tanto sul serio che non
tollera scherzi.
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