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lunedì 30 gennaio 2012

I tempi non sono maturi!

Carlo Cafiero


Repetita juvant

Io so che i nemici maggiori del progresso non sono i despoti, i tiranni, gli oscurantisti. Questi, nel loro assurdo, fanno meglio apparire direi quasi i vantaggi, le bellezze della idea del progresso, e così, in un certo senso, gli servono mirabilmente. I maggiori nemici del progresso sono i falsi liberali, i moderati. Essi che acconsentono alle nostre idee, ma come idee; — essi che amano, come lor piace di dire, la giustizia e la libertà, ma per proclamarle poi in fatto utopie, — che all’ultimo raziocinio, all’ultima pietra che cade nella loro fortezza ci fanno la carità di un ultimo consiglio, e ci sussurrano: I tempi non sono maturi
I tempi non sono maturi! — Ecco come s’insulta all’umanità, al diritto, alla giustizia. — Ecco la più insulsa delle offese, e la più cretina delle risposte.
Chi farà maturi i tempi? — E chi ne avvertirà del momento quando lo saranno? — E che farete voi anche allora, perché non lo fate adesso? — Voi direte allora: I tempi non sono maturi. Perché voi non volete il progresso, perché voi non volete la libertà, perché voi non volete la giustizia.
Voi dite che i tempi non sono maturi per ritardare ancora il momento della giustizia, perché intanto non vi si tocchi. — Giù la maschera. — I tempi sono sempre maturi per togliere l’ingiustizia quando l’ingiustizia esiste. — Attendete che l’uomo si sia rimesso in piedi per rialzarlo? — Allora sarà venuto il momento di dargli aiuto? — O quando giace? O quando l’aggressore gli sta sopra? O quando vi chiede soccorso?
I tempi sono maturi, quando domina l’ingiustizia, quando trionfa il male, quando la misura è colma, quando la voce dell’umanità oltraggiata si alza terribile, e fa agghiacciare il sangue dei traditori, dei parassiti.
I tempi sono maturi, perché si sente nell’aria un rombo che è come la voce di mille e mille grida di dolore e di rabbia, perché l’eco se ne ripercuote fragorosa dalle catene dei monti d’Irlanda a quelle della Sicilia; perché un grande pensiero avvicina gli operai di tutto il mondo; perché tutti gli schiavi si fanno della partita.
Sì, il polline è maturo e sta per cadere, perciò l’ovario si distende trepidante, invocando il bacio fecondatore. — Prepariamo il terreno che si vuol coltivare.
Bisogna ricuperare la massima parte dell’umanità, che langue senza pensiero, senza dignità, senza vita.
E non sono maturi i tempi per farlo?
I tempi sono maturi!
Proviamo a scuotere tutti insieme basti e catene!
Si udrà un gran fracasso!
Il fracasso divertirà… e si vedran allibire quelli che ce lo voglion tenere il basto, quelli che dicono che i tempi non sono maturi.


[La Plebe, Milano, 26-27 novembre 1875

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