Siamo felici della vita che facciamo? Pensiamo di condurre un'esistenza piena, bella, degna di essere vissuta? Stiamo esaudendo i nostri sogni? Stiamo realizzando i nostri desideri? Oppure i nostri giorni assomigliano sempre di più ad un incubo?
Secondo le statistiche, sta aumentando vertiginosamente il numero dei suicidi. Si ammazzano imprenditori in difficoltà, si ammazzano disoccupati, si ammazzano tutti coloro che non riescono a dare un senso alla propria esistenza. E più il nostro sistema sociale sprofonda nella palude del profitto economico cui tutto deve essere assoggettato, più cresce questa disperazione che spinge a dire addio alla vita. Se ciò accade nel “mondo libero”, figurarsi cosa può avvenire in luoghi come le prigioni! Qui i “suicidi” stanno diventando la normalità.
Per placare questo mal di (soprav)vivere, per indurci a continuare a svolgere la nostra funzione di servi volontari, i nostri signori e padroni ci danno giocattoli con cui svagarci. La città di Firenze è all'avanguardia in questa tecnica di anestesia sociale. Spremono le nostre energie per una settimana, e poi ci trastullano in notti blu o bianche. Avvelenano l'aria che respiriamo e i cibi che mangiamo, e poi ci regalano concerti in piazza. Ci allontanano dal centro cittadino in cui vorremmo vivere per farlo attraversare ai soli turisti che lo consumano, e poi ci invitano a partecipare ad “eventi” di pura propaganda.
Accade lo stesso in carcere. Firenze Marathon, in accordo con la Direzione della Casa Circondariale di Sollicciano, ha avuto la bella idea di donare un'agenda 2012 ad ogni detenuto: per «dare un senso alla sua giornata», per «dare la magnifica sensazione di essere padroni del proprio tempo» anche «in mancanza dell’ispiratrice più significativa dell’esistenza, la libertà». Pochi giorni dopo un detenuto — l'ennesimo — dicono si sia impiccato. Chissà se aveva appuntato questo ultimo impegno sulla sua agenda.
Dentro e fuori le mura, siamo tutti prigionieri di questo mondo dove l'imperio dell'autorità e del denaro non lasciano spazio, non lasciano movimento, non lasciano più vita. Ed ora che persino la sopravvivenza si fa sempre più difficile, cosa ci resta per consolarci? Rimanere aggrappati alla speranza in un politico illuminato o in uno scudetto? Porre fine a questa disperazione, in solitudine, con un cappio al collo nei pochi metri quadri in cui veniamo stipati — monolocali di condomini o celle di penitenziari. Oppure porre fine a questo mondo, con tutti i suoi signori e padroni?
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