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giovedì 24 novembre 2011

Yemen: il Rais si dimette, la rivoluzione continua

da .infoaut



  • YEMENQuanti manifestanti sono caduti in Yemen nella Piazza del Cambiamento, tanti, troppi... ricordiamo il primo grande corteo aperto dalle studentesse dell'università di Sana pochissimi giorni dopo le prime manifestazioni nella capitale tunisina contro il regime di Ben Ali, ricordiamo quell'immagine insieme a molte altre come gli imponenti cortei di donne interamente coperte da vesti neri innalzare gigantografie di Che Guevara, e poi le tende coperte di striscioni e cartelloni colorati da appelli alla rivoluzione e alla giustizia sociale, gli studenti in piazza, gli operai e i lavoratori dei servizi, e ci ricordiamo anche che mentre i riflettori del mondo puntavano su piazza Tahrir d'Egitto, in Yemen lo slogan “irhal” non ha mai cessato di rimbombare tra pozze di sangue e sibili di proiettili.
    Poi la lotta che si fa sempre più dura tra giornate della collera, segni di cedimento del regime e nuovi lutti, fino all'incendio del palazzo presidenziale in cui il volto del tiranno Saleh resterà sfigurato a vita dalle fiamme. Neanche quell'episodio riuscì a far desistere immediatamente il regime e dare ragione alla piazza, neanche la fuga “sanitaria” di Saleh funzionò da ultimo colpo, ancora scontri, ancora manifestazioni, ancora assemblee dove lo Yemen rivoluzionario continuava a prendere forma resistendo al silenzio del mondo e ai lancia fiamme che con la scusa del pericolo alqaeda bruciavano sit in e presidi permanenti. Poi le forti crepe nell'esercito, una parte si schiera con il movimento rivoluzionario, e poi i nervi saldi nella società più armata del mondo (a 14 anni è segno di maturità girare con i coltelli della tradizione yemenita) che non hanno mai ceduto alla tentazione di premere il grilletto sfuggendo a quella tentazione che in Libia è stata in parte fatale per le sorti del rovesciamento del regime.
    Eppure gli scontri di piazza durissimi, le pietre, le molotov e l'arsenale della dignità in lotta contro il regime alla fine ha avuto la meglio, e il primo piccolo passo è stato fatto: ieri sera Saleh è stato costretto alle dimissioni. La situazione politica nel piccolo e ricco paese arabo non era più sostenibile e dai palazzi dei reami petroliferi la pressione si è fatta talmente forte al punto che la firma del Rais sul documento che annunciava le sue dimissioni non era più ritardabile. Una sorta di atto formale che ha sancito pubblicamente quello che la materialità dello scontro aveva già prodotto da tempo. Si avvia così anche in Yemen la transizione democratica che come ha insegnato l'esempio tunisino ed egiziano non è altro che il proseguo della reazione da una parte e della lotta del movimento rivoluzionario dall'altra, una fase politica ancora più dura e difficile ma che sembra non aver colto di sorpresa il movimento yemenita che ieri mentre rilanciava la lotta per lo scioglimento del parlamento ha visto cadere a terra altri 5 manifestanti, uccisi dai cecchini del regime. Anche in Yemen la transizione democratica inizia, ma la lotta rivoluzionaria continua.

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