da http://latradizionelibertaria
esploratrice, femminista, anarchica
Quarant'anni
fa, nel settembre del 1969, moriva Alexandra David-Néel. Conosciuta per
essere
stata la prima donna europea a entrare nella capitale del Tibet,
Lhassa, fu anche negli anni della sua giovinezza anarchica e femminista.
Alexandra
David nacque il 24 ottobre 1868 a Saint-Mandé da un padre istitutore
amico del geografo Elisée Reclus che
aveva incontrato sulle barricate della Comune, e da una madre
cattolica, che richiese che beneficiasse di una educazione religiosa. Il
convento di Bois-Fleuri, dove trascorse la sua infanzia non
la confortò nelle sue convinzioni cristiane. In seguito, si
interressò in compenso alle spiritualità orientali (soprattutto il
buddismo) per il resto della sua vita.
Il geografo anarchico Elisée Reclus
Alexandra
scambiò una corrispondenza per tutta la sua infanzia ed adolescenza con
Elisée Reclus, che la condusse ad
interessarsi sin dai suoi 18 anni alle idee anarchiche. Essa sognò
allora di "abolire le frontiere ed i dispotismi" e scrisse per un certo
periodo sul giornale L’étoile socialiste, in
cui pubblicò i suoi primi articoli. Alexandra iniziò così una carriera di scrittrice che non doveva più
interrompere. Nel 1899, pubblicò un trattato anarchico, Pour la vie
[Per la vita]. Continuò
la corrispondenza con Reclus sino alla morte di quest'ultimo
avvenuta nel 1905. In contraddizione con i suoi scritti libertari,
frequentò durante la stessa epoca la massoneria.
Una femminista dissidente
Allo stesso tempo, Alexandra si
interessò alle idee femministe. Divenne una libera collaboratrice di La Fronde,
giornale femminista gestito cooperativisticamente da donne. Partecipò
anche ad alcune
riunioni del Consiglio delle donne francesi. Ma le sue idee
anarchiche la condussero a respingerne alcune posizioni, come la
rivendicazione del diritto al voto, preferendo la lotta per
l'emancipazione economica, causa essenziale secondo lei
dell'infelicità delle donne non potendo esse essere indipendenti
finanziariamente.
Per queste ragioni, Alexandra
si allontanò in seguito da queste femministe provenienti per la
maggior parte dalla borghesia e che consideravano la lotta economica di
poco conto. Non rinnegò tuttavia mai le idee femministe, e
tentò per tutta l avita di essere quanto più indipendente possibile,
soprattutto economicamente. Possedeva sin dal suo matrimonio, avvenuto
il 4 agosto 1904 con l'ingegnere Philippe Néel, una
fortuna personale con la quale doveva finanziare i suoi viaggi. Suo
marito non fu il suo mecenate come vuole la leggenda.
Il
9 agosto, Alexandra partì per un viaggio di studio che doveva durare 18
mesi. Di fatto, non doveva ritornare in
Europa che nel 1925. Per 14 anni, Alexandra effettuò un'odissea
attraverso l'Estremo Oriente, nel corso della quale si convertì al
buddismo e si trovò un compagno di viaggio, Yongden, un Tibetano
di 14 anni che lei adottò. Insieme viaggiarono attraverso l'India,
il Nepal, la Birmania, il Giappone, la Corea, la Cina, ed entrarono due
volte clandestinamente in Tibet, in barba alle autorità
coloniali britanniche. La sua impresa, penetrare nel febbraio del
1924 nella città santa di Llassa, assicurò la sua fama in Europa e negli
Stati Uniti, e fece di lei un'icona dell'emancipazione
delle donne presso le femministe dell'epoca.
Alexandra a Llassa.
Cento anni nel 1968
Dopo
un secondo viaggio in Asia dal 1937 al 1946, si stabilì definitivamente
a Digne-les-bains dove finì i suoi giorni
continuando a scrivere. Un anno prima della morte (all'età di 100
anni), seguì con una soddisfazione non dissimulata gli avvenimenti di
Maggio 68, di cui alcuni slogan come L'obbedienza è
morte, avrebbero potuto essere i suoi nel 1888. Ricevette anche presso lei un gruppo di giovani anarchici. Dichiarò in seguito: "Durante
la rivolta studentesca, ho notato con sorpresa
che le bandiere nere erano state spiegate accanto alle bandiere
rosse dei socialisti. [...] Credevo che i gruppi anarchici appartenevano
come i nichilisti russi a un passato vecchio di mezzo
secolo e avevano cessato di esistere" [1]. Vedendo risorgere per le strade e le riviste le idee dei suoi vent'anni, fece ristampare i suoi primi scritti.
Incorreggibile viaggiatrice, a cent'anni passati, alcune settimane prima della morte, Alexandra faceva rinnovare il suo
passaporto...
Il Tibet prima dell'occupazione cinese
Gli
scritti di Alexandra David-Néel sul Tibet sono tra le più rare
testimonianze su ciò che era il paese prima del
1950. Mistificato in occidente, idealizzato da Hollywood come un
paradiso buddista, demonizzato dal regime cinese e i maoisti (che
l'estrema sinistra a tendenza a seguire senza verificare le
fonti) che li presentano come un inferno feudale e clericale, il
Tibet dell'epoca è soggetto a polemiche. I viaggi di Alexandra
David-Néel apportano delle risposte: se trova una società isolata
in cui pratica ancora la servitù, descrive anche una società
portatrice di pratiche ecologiche in avanti sui tempi e in cui la pena
di morte era abolita sin dal 1898, il che fu rimesso in
questione dall'occupazione cinese.
Alexandra e Lama Yongden.
Ma
ciò che è più notevole in queste testimonianze, è l'influenza dei
Britannici sul paese. È vero che gli imperialisti
inglesi avevano. sin dal 1893, aperto una prima base commerciale sul
Tetto del mondo. In seguito le truppe Inglesi occuparono Llasa nel
1904 e si attribuirono dei privilegi diplomatici e
commerciali esclusivi (sfruttamento delle miniere, ecc.). Per
impedire altre influenze straniere, i Britannici vietarono l'ingresso al
Tibet agli stranieri, proibizione che Alexandra non
rispettò. Scrisse in seguito al suo prima soggiorno in Tibet nel
1916: "La politica britannica è di non lasciare entrare in Tibet che
dei soldati o dei mercanti inglesi. Ho dovuto abbandonare
il Sikkim [...] Non potendo prendersela con me, il residente
[proconsole inglese del Sikkim] a molto vigliaccamente imposto delle
forti multe a gente della frontiera".
Alexandra e Lama Yongden sullo Yang Tze.
Poco nota, la prima opera di Alexandra David-Neel, Pour la vie
[Per la vita], firmato Alexandra Myrial e
prefatto da Elisée Reclus, è un vigoroso opuscolo anarchico. In
questo libro, che comprende altri testi, si scoprono gli attacchi in
blocco contro la chiesa, la patria, la proprietà, ecc. Vi si
risente l'influenza dell'individualismo di Stirner e degli stoici.
La futura grande viaggiatrice vi denuncia anche il matrimonio e i pesi
della maternità che gravano sulle donne.
Copertina della prima edizione di Pour la vie, edito nella collana "Temps Nouveaux".
Gli
editori dell'epoca furono spaventati e rifiutarono la pubblicazione di
questo libro scritto da una donna che
rifiutava gli abusi dello Stato, dell'esercito, della chiesa,
dell'alta finanza. Per supplire a questi rifiuti, Jean Haustont con cui
viveva in libera unione dal 1896, si fece editore e stampò
egli stesso questo volumetto. Quest'ultimo fu notato negli ambienti
anarchici e tradotto in cinque lingue.
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