da viverealtrimenti
Il suo destino è abbastanza segnato; figlio di famiglia indigente deve presto faticare nei campi.
Resta dunque semianalfabeta ma acquisisce, negli anni, un carisma del tutto fuori del comune per quanto, oggi, sia uno di quei rivoluzionari quasi del tutto rimossi dalle storiografie ufficiali.
Lo vediamo attivo all’indomani della rivoluzione di ottobre, ad organizzare libere comuni ed un soviet locale di contadini nella zona di Gulyai-Polye.
È presto riconosciuto come un guerrigliero di grande capacità organizzativa e lucida visione strategica.
Dal novembre 1918 il movimento dei contadini rivoluzionari seguaci di Machno, la Machnovcina, si estende sino a controllare un consistente territorio ad est del fiume Dnjepr.
Per sette mesi la Machnovcina può agire indisturbata, non subendo l’offensiva degli eserciti controrivoluzionari, detti “bianchi”, né dell’Armata Rossa.
Le terre dei latifondisti vengono distribuite ai contadini e vi vengono fondate comuni che coinvolgono tra i 100 ed i 300 membri.
Si instaurano rapporti di mutuo appoggio tra città e campagna, nel momento in cui gli operai gestiscono, direttamente, le fabbriche ed i contadini i campi.
I prodotti dei campi e delle fabbriche vengono dunque scambiati in uno spirito squisitamente mutualistico.
La Machnovcina può fare affidamento su un suo “esercito” che, alla fine del 1919, conta più di 50.000 unità.
Lev Trotzki lo utilizzerà come supporto contro il pericolo bianco, poi, nel 1921, ne ordinerà la soppressione, assieme alle comuni rivoluzionarie ed ai liberi soviet.
Decine di migliaia di contadini verranno massacrati, perché aderenti alla Machnovcina.
Machno, il 28 agosto, fuggirà in Romania, poi in Polonia, infine a Parigi, dopo aver conosciuto sia le carceri rumene che quelle polacche.
Morirà in un ospedale parigino nel Luglio del 1935.
Leggendo il libro di Ugo Gastaldi Storia dell’Anabattismo ho trovato un brano non esattamente lusinghiero nei confronti della Machnovcina, il cui “esercito” avrebbe infierito su pacifiche colonie di mennoniti. Personalmente non ho modo di verificare la veridicità di quanto scrive Gastaldi e credo che diversi anarchici avrebbero alcune obiezioni. Credo, tuttavia, sia doveroso riportare il brano cui si è appena fatto cenno:
«I mennoniti di Russia si trovarono […] a disagio durante la prima guerra mondiale, ma assia di più durante gli anni della rivoluzione bolscevica. Non erano solo dei tedeschi: in quanto ricchi borghesi e proprietari di terre erano considerati nemici naturali della rivoluzione. La guerra tra armata bianca e armata rossa sostò a lungo in Ucraina nelle sue alterne vicende, travolgendo le fiorenti fattorie dei mennoniti. Alle devastazioni dei belligeranti si aggiunsero i saccheggi, gli assassini, gli stupri delle bande degli irregolari e dei briganti, nessuna delle quali eguagliò le efferatezze dell’armata anarchica di Nestor Machno, che negli ultimi suoi mesi di vita spadroneggiò nella zona di Chortitza».
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