da romperelerighe.noblogs.
di Antonio Mazzeo
Il nuovo direttore della CIA, Leon Panetta, ne è profondamente
convinto. Dopo la controffensiva USA in Afghanistan e Pakistan e la
morte di Osama bin Laden, il baricentro della crociata internazionale
contro il “terrorismo” deve trasferirsi in Corno d’Africa. Target, le
milizie somale degli Shabab, accusate dall’agenzia d’intelligence di
essere parte della rete di al-Qaeda. “Abbiamo parecchi indizi che
mostrano che gli Shabab stanno per colpire obiettivi anche fuori dalla
Somalia”, ha dichiarato Panetta nel corso di una recente audizione al
Senato. “Al-Qaeda sta trasferendo i suoi affiliati in Yemen, Somalia e
nord Africa per fornire aiuti e addestramento al combattimento, ed è in
queste regioni che potrebbe emergere il suo nuovo leader carismatico.
La CIA sta lavorando con il Comando congiunto per le operazioni
speciali USA per cercare di potenziare le forze antiterrorismo”.
Contro la “grande minaccia” rappresentata dalla penetrazione in
Africa orientale delle milizie antigovernative sono stati mobilitati i
reparti di USAFRICOM, il Comando interforze per le operazioni USA nel
continente africano, a partire dagli oltre duemila marines di stanza
nello scalo aeronavale di Gibuti. E per scovare e annientare gli
Shabab, Washington è pronta ad intervenire con le tecnologie militari
più moderne e sofisticate, come i velivoli senza pilota UAV del tipo Global Hawk, Predator e Reaper, ampiamente utilizzati per l’attacco alla Libia.
Secondo il Washington Post, in vista delle nuove
operazioni “anti-terrorismo” in Somalia e Yemen, l’amministrazione
Obama sta allestendo in Corno d’Africa e nella penisola arabica una
serie di basi per i decolli e gli atterraggi dei droni. Una di esse
sorgerà in Etiopia, principale alleato USA nella lotta contro gli
Shabab somali. Secondo il quotidiano statunitense, da almeno quattro
anni Washington chiedeva ad Addis Abeba di autorizzare l’uso di una
installazione militare per gli aerei senza pilota. “Il programma ha
subito però forti ritardi perché gli etiopi non erano del tutto
convinti”, ha spiegato un alto ufficiale USA al Washington Post.
“Quando è stata compresa appieno la portata della minaccia degli
Shabab, l’Etiopia ha accettato di essere un valido partner nella lotta
al terrorismo. Oggi abbiamo una serie di accordi di cooperazione con
gli etiopi, specie nel campo dell’intelligence e dello scambio di dati
sulle postazioni dei militanti islamici. Noi forniamo agli alleati le
informazioni raccolte dai nostri satelliti spia, mentre i militari
etiopi ci aiutano a tradurre i messaggi, le telefonate e le e-mail dei
membri dell’organizzazione degli Shabab, intercettati dalle agenzia
USA”.
La CIA e le altre agenzie di spionaggio statunitensi utilizzano in
territorio somalo informatori e agenti segreti di nazionalità etiope.
Un’unità speciale delle forze armate USA, la Task Force 88, è operativa in Etiopia e in Kenya da alcuni anni per addestrare le truppe d’élite locali, come ad esempio gli Agazi Commandos, i gruppi di pronto intervento etiopi che hanno partecipato alla sanguinosa offensiva in Somalia di fine 2006.
Un’altra base per le operazioni dei droni contro le postazioni dei
miliziani islamici è operativa dal settembre 2009 nell’arcipelago
delle Seychelles (Oceano Indiano). “Dall’aeroporto internazionale di
Mahé, ha ripreso le operazioni questo mese una piccola flotta di droni hunter-killer,
dopo che una missione sperimentale ha dimostrato che i velivoli senza
pilota possono pattugliare effettivamente la Somalia partendo dalle
Seychelles”, scrive il Washington Post, citando il portavoce di USAFRICOM. I droni, quattro MQ-9 Reaper, sono ospitati in un hangar vicino al terminal passeggeri dello scalo aeroportuale.
Con una lunghezza di 20 metri , gli MQ-9 Reaper possono
volare per 40 ore consecutive ad una velocità di oltre 440 chilometri
all’ora e un raggio operativo di 4.800 chilometri . Dotati di
sofisticate telecamere e sensori per captare qualsiasi oggetto si muova
nell’oceano, i velivoli sono guidati da stazioni terrestri e
satellitari sotto il controllo dei Comandi US Air Force di Creech
(Nevada) e Holloman (New Mexico). I lanci e gli atterraggi dei velivoli
sono seguiti a Mahé da un team di un centinaio tra militari e
contractor statunitensi.
In principio le autorità politiche e militari di Stati Uniti e
Seychelles avevano affermato che la missione primaria degli UAV era
l’identificazione delle imbarcazioni dei “pirati” presenti nelle acque
somale e nel Golfo di Aden (in codice Operation Ocean Look).
“Le Seychelles sono diventate il centro hub per la lotta alla
pirateria”, aveva annunciato il ministro dei trasporti delle
isole-stato, Joel Morgan, in occasione del primo volo operativo dei Reaper.
“Gli aerei senza pilota saranno utilizzati per condurre missioni
d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento in un’area che si estende
dalle coste somale sino all’Oceano Indiano occidentale”. In pochi
tuttavia han creduto alle edulcorate versioni ufficiali, e dopo la
pubblicazione sul periodico EastAfrican di un documento del Comando USAFRICOM di Stoccarda, fu chiaro che i Reaper
erano destinati principalmente “a cacciare e attaccare i militanti
islamici all’interno della Somalia”. Il Pentagono negò però che gli UAV
avessero vocazioni offensive e utilizzassero armi a bordo. I
cablogrammi dei diplomatici statunitensi, rivelati recentemente da WikiLeaks, mostrano tuttavia che il Pentagono aveva la ferma intenzione di armare i Reaper
con missili “Hellfire” e bombe teleguidate da 500 libbre sin
dall’inizio delle operazioni nelle Seychelles, esattamente come avviene
in Afghanistan e Pakistan.
Gli USA utilizzerebbero droni armati in territorio somalo dallo
scorso mese di giugno, quando fu sferrato un attacco missilistico
contro due leader Shabab, “vicini al predicatore di origini
statunitensi Anwar al-Aulaqi, scampato ad un bombardamento aereo in
Yemen il mese precedente”, come ha ammesso il Dipartimento della
difesa. Con questo attacco, la Somalia è divenuto il sesto paese
colpito dai velivoli senza pilota, dopo Afghanistan, Pakistan, Libia,
Iraq e Yemen.
Contro le milizie islamiche radicali, il Pentagono ha pure
utilizzato UAV armati, decollati dalle basi di Gibuti. Per potenziare
le future opzioni di strike in Corno d’Africa e Yemen, la CIA starebbe
pure realizzando uno scalo per Predator e Reaper in un
luogo top secret della penisola arabica. Secondo le agenzie di stampa
russe, la nuova installazione dovrebbe trovarsi in Bahrein “dove già
esiste una base statunitense della V Flotta”, in modo da “assicurare la
rotta più sicura dei droni verso lo Yemen, attraverso l’Arabia
Saudita, alleato chiave USA”.
Al quartier generale della CIA di Langley (Virginia), è stata
attivata di recente un’unità speciale “antiterrorismo” destinata
specificatamente a coordinare le operazioni UAV in Yemen e Corno
d’Africa. La task force è andata ad affiancare il dipartimento
pakistano-afgano della centrale d’intelligence (noto internamente come
“PAD”) che persegue al-Qaeda con una flotta di una trentina di Predator e Reaper
dislocati in alcune basi pakistane ed afgane. Alla nuova unità
giungeranno pure le informazioni e le immagini captate in volo dai
grandi aerei-spia Global Hawk che l’US Air Force ha installato lo scorso anno nella base siciliana di Sigonella.
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