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sabato 27 agosto 2011

L’agosto caldo dei Centri

da
macerie

 

 

Sommosse e tentativi di fuga, in tanti Centri della penisola. Probabilmente questo innalzamento della tensione nei Centri per senzadocumenti è un effetto ritardato della legge dei 18 mesi.  Approvata definitivamente dal Senato già da tre settimane, finora è stata applicata, per quanto ne sappiamo, in ben pochi casi. Ma tra i reclusi c’è un clima di attesa e preoccupazione, alimentato anche dalle false voci sulla legge messe in giro da Polizia, Croce Rossa e Misericordie varie che gestiscono i Centri. Tanti, come Ahmed, sono stati rimpatriati allo scadere, altri sono stati liberati senza richieste di proroga. In più, ed è notizia di ieri, un Giudice di Pace di Torino non ha concesso la proroga del trattenimento a un recluso che si era già fatto 6 mesi nel Centro, nonostante la Questura avesse richiesto di tenerlo almeno altri due mesi. Il Giudice ha accolto le richieste dell’avvocato, che aveva protestato contro l’applicazione retroattiva della legge. Il ragazzo è stato quindi liberato, con il classico foglio che gli intima di lasciare l’Italia entro sette giorni. Assieme a lui sono stati liberati altri tre reclusi protagonisti delle proteste dei giorni precedenti, ufficialente per indisponibilità di posti, e ieri anche a Milano ci sono state una dozzina di liberazioni. Probabilmente si tratta di una mossa per far spazio ai tanti sbarcati a Lampedusa dopo ferragosto, che in questi giorni vengono quotidianamente trasferiti nei diversi Centri italiani. Uomini e donne che saranno esplusi o dovranno farsi 18 mesi nei Centri, se non riusciranno a trovare un modo di scappare prima, come successo a Pozzallo la scorsa settimana.
Proprio un gruppo di donne appena trasferite da Lampedusa nel Centro di Torino, l’altra notte ha dato vita a una rumorosa battitura. Protestavano per i ritardi nei soccorsi, perchè una di loro ha problemi di salute aggravati dal lungo viaggio in mare dalla Tunisia. Militari e Croce Rossa però, dopo la sommossa della scorsa settiamana, non hanno nessuna intenzione di soccorrere chi sta male: questione di «priorità e disposizioni», per usare le parole di un finanziere che spiegava la situazione a un recluso. Nulla di nuovo, ma se vi interessa ascoltare come le guardie raccontano le proteste di pochi giorni fa, tra bottiglie di piscio e sputi in faccia, potete ascoltare questo breve audio:
Ma dai Centri non si esce solo se la polizia ti libera. E, anche se Maroni e i suoi uomini vorrebbero far sembrare che la situazione sia sotto controllo, sommosse, tentativi di fuga e evasioni riuscite sono all’ordine del giorno. Anche se quasi nessuno ne parla, chi ha contatti con i reclusi dei vari Centri di storie da raccontare ne ha un sacco. In attesa di raccogliere testimonianze dirette che ci raccontino della seconda fuga di massa dal Cie di Roma, dal quale sarebbero scappati in 23 la settimana scorsa, ecco un paio di storie raccolte dal blog Fortress Europe.
A Cagliari, nel CPA di Elmas, c’è stata un tentativo di fuga di massa nella notte del 21 agosto. A quanto pare la scintilla che ha fatto scoppiare la sommossa è stato il rifiuto di ricoverare tre ragazzi che avevano bevuto dello shampoo. La polizia li ha fatti medicare all’interno del Centro, perchè aveva paura che scappassero dall’ospedale, proprio come avevano fatto la mattina altri due. Di fronte al rifiuto di ricoverare i ragazzi, tutti i 60 reclusi del Centro hanno cercato di sfondare i cancelli per scappare. Putroppo la polizia è riuscita a fermarli, e nessuno è riucito a guadagnarsi la libertà.
A Trapani, nel nuovo CIE di Milo gestito dalla cooperativa Insieme del consorzio Connecting People, c’è casino più o meno tutte le sere. Spesso i reclusi si lanciano in massa contro i cancelli del Centro e la polizia è costretta a caricare anche usando i lacrimogeni. Nella confusione, qualcuno riesce quasi sempre a scappare: un ragazzo il 22 agosto, cinque ragazzi un paio di giorni prima. Per prevenire le fuge, in attesa di rinforzi, la polizia ha sequestrato i lacci e tagliato le scarpe ai reclusi.

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