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riceviamo e diffondiamo:URGENTE SOLIDARIETA’ CON MIGUEL MONTES NEIRO
Miguel è debilitato e il suo stato di saluto è grave, ora più che mai ha bisogno di aiuto. Tutto quello che puoi fare per lui è una gran idea!
L’obbiettivo di questo comunicato è che raggiunga il maggior numero di persone possibili perché nell’ignoranza sta l’indifferenza ed ora, più che mai, Miguel ha bisogno dell’appoggio della gente. Proprio per questo, il seguente comunicato pretende di sensibilizzare il maggior numero di persone possibili. Diffondilo via internet, fanne copie, fallo leggere a tutti…
Che questo Stato criminale senta la vergogna del suo sterminio.
Solidarietà attiva!! Miguel e famiglia, non siete soli!!
Miguel Montes Neiro
IN SCIOPERO DELLA FAME PER LA SUA LIBERTA’ DAL 23 DI APRILE
In Spagna la pena carceraria massima è di 30 anni. Miguel Montes Neiro, detenuto “comune” e recidivo, è in carcere da ormai 35 anni. Attualmente sta scontando la sua condanna a Huelva a 61 anni d’età recentemente compiuti.
Incappo per la prima volta nella giustizia all’età di 16 anni quando rubò una cassetta di tabacco nell anno 1966. Successivamente nel 1976 fu accusato ingiustamente del furto di un mitra, che apparve successivamente, dimostrando la sua la sua estraneità dal furto; cominciò da qui la sua storia criminale: renitente alla leva militare, vari furti e tentativi di furto, un crimine contro la salute pubblica per traffico di hashish (per il quale lo condannarono a 6 anni, il massimo della pena), un totale di 1400 giorni di evasione e qualche altro tentativo di evasione. Nonostante il suo lungo curriculum con più di 20 crimini, tutti minori, in nessuno di essi è stato versato sangue.
Entrò in prigione nel 1976 e fino ad oggi non è più stato libero.
Sebbene il sistema giuridico spagnolo rifiuta, fino ad ora, la catena perpetua (*) in quanto incostituzionale e stabilisce un limite massimo legale di permanenza all’interno del carcere di 30, l’applicazione della “Dottrina Patron” (**) ai crimini di Montes Neiro converte la sua reclusione in una condanna a vita. Per due volte il Tribunale di Granata rifiutò la sua richiesta di riunire queste pene che si intrecciano l’una con l’altra convertendo la sua vita in una reclusione eterna. Questo secondo rifiuto lo spinse verso una disperazione totale, decidendo quindi, il passato 23 di aprile, di iniziare uno sciopero della fame con l’obiettivo di una revisione della sua condanna, di un riconteggio del tempo che ha passato in prigione che, secondo il suo avvocato ha da oggi superato ampiamente il limite massimo, e in seguito a questo l’indulto.
Montes avrebbe dovuto uscire dal carcere ne 1994 ma nel suo percorso ha incontrato molte difficoltà e, oggi come oggi, continua ad essere rinchiuso, senza la speranza che la situazione cambi.
Sembrerebbe che Miguel Montes Neiro habbia valutato bene la situazione e sebbene cosciente del suo stato di salute, e del fatto che questo sciopero mette la sua vita in pericolo, è deciso a morire nel suo tentativo: ”Se non sono un uomo libero ora che ho sessant’anni non lo sarò mai più” scrive Miguel in una lettera.
E’ anche importante rilevare che fu truffato dall’avvocato Rodrìguez Meléndez che chiese 2 milioni di pesetas per la difesa nel caso di un tentato furto, assicurando a Miguel che sarebbe stato libero in 15 giorni. La famiglia vendette proprietà e pagò la somma di denaro sperando che l’avvocato lavorasse al caso ma, con sorpresa di Miguel e della sua famiglia, la sentenza fu dura, nessuno aveva presentato ricorso al tribunale. Rodrìguez Meléndez non trattò mai il caso di Miguel e scomparse con il denaro.
Delitti imputati a Miguel: favoreggiamento per evasione, disordine pubblico, evasione, infrazione di misure cautelari, falsificazione di documenti (durante un fermo in un periodo in cui era evaso diede un nome falso agli agenti, non falsificò nulla), delitto contro la salute pubblica (traffico di hashish), tentato furto (il figlio del gioielliere dichiarò che Miguel non fece nulla), porto illegale di armi (il vero proprietario dell’arma confessò mentre compiva la sua condanna e aggiunse anche che la polizia lo obbligò a testimoniare contro Miguel) mancanza di rispetto e evasione da un permesso.
Miguel riconosce che ha commesso dei crimini, non si vuole spacciare per innocente (sebbene alcuni dei delitti di cui lo si accusa siano falsi), di fatto si fa carico di tutti i suoi atti, l’unica cosa che chiede è giustizia visto che la condanna per tutti questi delitti non superano la quantità di anni che è rimasto rinchiuso e che il sistema giudiziario continua condannando senza dare la possibilità di ricorsi per ottenere l’indulto. Per quanti delitti abbia commesso non ha mai fatto del male a nessuno e ciononostante sta compiendo condanne peggiori di quelle imposte per delitti di sangue.
Purtroppo gli anni hanno dimostrato che la giustizia pretende di lasciare morire Miguel fra un tentativo di suicidio nel passato e ora con il suo precario stato di salute dovuto allo sciopero della fame. Miguel continua ad essere rinchiuso e ancora non lo hanno condotto in ospedale.
Ora che la debolezza prende possesso del suo corpo e la delusione gli ruba le forze giorno per giorno, ciò che gli rimane è la possibilità di contare sugli altri, sulla gente del popolo che sia capace per un secondo di mettersi nei suoi panni, sentendo l’impotenza e la disperazione, e che questo sia uno slanci per rivendicare giustizia.
Non possiamo accettare che il sistema giudiziario la faccia finita con lui, che lo lasci morire in carcere. Diffondi questo comunicato ovunque, informati, parla del caso e di quanto sia urgente agire immediatamente visto che la salute peggiora a passi da gigante. Appoggia la richiesta di indulto presentata dal suo avvocato scrivendo al Ministero della Giustizia, scrivi a Miguel, è molto importante dargli animo e forza, e segui le iniziative di protesta. Qualunque cosa che tu voglia per aiutare Miguel è sempre una buona opzione. La sua speranza è l’unione dei sottomessi, del popolo.
Miguel e famiglia non siete soli!
NOTE
(*) Condanna a tempo indefinito che può essere commutata nell’ergastolo
(**) La “Dottrina Patron” è il nome comune con cui si conosce la sentenza del Tribunale Supremo di Spagna de 28 febbraio 2006 (risoluzione ad un ricorso presentato da Henri Partot, membro dell’organizzazione armata ETA) per cui la riduzione di pena per benefici penitenziari (lavoro, stui, ets…) si applica riguardo a ciascuna di esse prese individualmente e non sul massimo di permanenza legale in prigione.
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