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martedì 14 giugno 2011

Francia - Fuoco a tutte le prigioni [manifesto]

da inform-azione

Manifesto comparso sui muri di alcune città francesi del giugno 2011

da http://non-fides.fr/?Affiche-Feu-a-toutes-les-prisons


Fuoco a tutte le prigioni!


La prigione… Tutti abbiamo una vaga idea di cosa sia: un reportage visto alla TV, l’ennesimo assassinio da parte dell’amministrazione penitenziaria che leggiamo nella cronaca del giornale, qualche breve indignazione poco impegnativa, ogni tanto… Tutti ne sentiamo parlare, ma facciamo come se non esistesse. Come se decine di migliaia di noi non fossero, ogni giorno, ostaggi dello Stato, soli nelle loro odissee carcerali individuali, isolati da tutti e repressi in silenzio. Eppure siamo in molti ad avere un fratello, un amico, un cugino in prigione, ad andare ai colloqui con una persona cara incarcerata, siamo in molti a finire per trovare tutto ciò banale. Un piccolo soggiorno in galera, dopo tutto, non siamo pochi ad averlo provato, una volta, due volte, tre volte o ancora di più, da vicino o da lontano, direttamente o per procura.  

Rinchiudere degli esseri umani in gabbie di qualche metro quadrato per mesi o anni, annichilire ogni loro volontà, spremerli come limoni, distruggerli, impedire loro di amare, perseguitarli, drogarli, picchiarli, giudicarli, ucciderli, trattarli come nessuno oserebbe trattare una merda e sottometterli ad un lavoro forzato; la galera è la barbarie in tutta la sua banalità, è il dominio totale di una manciata di sadici e di piccolo esecutori obbedienti. È l’ultimo soffio di una pallottola che viene a piazzarsi dritta nella nostra testa, mentre tutti guardano altrove, troppo preoccupati per i cazzi propri. È il modo in cui il mondo si vendica della tua anormalità o della concorrenza. È uno dei metodi attraverso i quali questo mondo impone la pace.

La prigione ha almeno un merito, con lei le cose sono chiare: niente chiacchiere, o quasi; una società che ha bisogno della prigione per sopravvivere è una società che ha dichiarato guerra ad una parte di sé stessa. Una società che si insuperbisce di gestire con tanta violenza queste fabbriche di morte è una società che porge il proprio collo alla ghigliottina della rivolta, che giustifica la necessità della propria distruzione. Potranno anche riformare le prigioni da cima a fondo, piastrellare d’oro le celle e metterci il climatizzatore, fare dei manganelli più corti, ma i colpi faranno sempre male allo stesso modo e la prigione resterà lo stesso problema che è   da sempre. Quello che conta è l’audacia della libertà, non la vigliaccheria dello status quo della riforma della costrizione.

Una prigione accettabile è una prigione che brucia.

Si parla già di una trentina di morti nelle carceri a partire dall’inizio dell’anno [in Francia, NdT]. Hanno ancora il coraggio di parlarci di suicidi e di incidenti… Hanno ancora il coraggio di insinuare che è cosa anodina impiccarsi in una prigione, che è cosa anodina morire “accidentalmente” sotto i colpi dei secondini o di altri detenuti. Ci parlano di “suicidi” per far credere che non sono l’Amministrazione Penale e lo Stato che uccidono. Ma noi sosteniamo che ogni morte in prigione è un omicidio dell’Amministrazione Penale e dello Stato. Considerare le cose diversamente vuol dire sostenere che le condizioni di vita fuori e dentro sono le stesse. È sostenere che la prigione non esiste. Eppure il dentro e il fuori si differenziano solo per il loro grado di intensità. La prigione non è altro che il riflesso esagerato di questa società che si guarda in uno specchio che ingrandisce.

In prigione, tutto è peggio che fuori, eppure tutto è talmente uguale a fuori…

La stessa merda, gli stessi meccanismi autoritari, la stessa dominazione, la stessa violenza inerente alla pace sociale, la stessa schedatura, gli stessi rapporti schifosi fra le persone, che essi siano economici o sociali.

È difficile parlare serenamente della prigione. È difficile non scivolare nell’atmosfera appiccicosa che essa sparge intorno alle nostre vite. Ma non sono le lacrime che la faranno finita con il carcere, al contrario le lacrime servono solo per affogarci. L’indignazione non ha mai fatto cadere un solo muro e non la faremo mai finita con la prigione attraverso il Diritto o la Legge, perché è con le loro pietre che essa è costruita.

In questa società che ha bisogno di rinchiudere: prigioni, psichiatria, centri per clandestini, fermo di polizia, collegi, scuole, case di riposo, campi umanitari, fabbriche, ospedali, centri educativi, istituti di reinserimento scolastico, palazzoni… In questa società in cui alcuni fanno la scelta di diventare secondini, giudici o sbirri, la nostra scelta è chiara: fuoco a tutte le prigioni. Fuoco allo Stato.

Le prigioni devono essere distrutte una per una, pietra per pietra, secondino per secondino, giudice per giudice.

Distruggiamo le prigioni, distruggiamo la società, perché una società che ha bisogno di rinchiudere ed umiliare è essa stessa una prigione.
Distruggiamo le prigioni con rabbia e gioia.

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