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domenica 12 giugno 2011

Albert Camus

da lafrusta.homestead.com

Albert Camus (Mondovi, auj Deraan, Algeria, 1913 - Villeblevin,
Yonne, 1960).



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Lo straniero Albert Camus

Romanziere, drammaturgo, saggista, giornalista e partigiano,
Albert Camus è forse per antonomasia  il tipico rappresentante
dell'intellettuale francese del dopoguerra. Profondamente
impegnato nelle lotte e nei dibattiti del suo tempo, continua,
nonostante i malintesi che la sua notorietà stessa ha procurato
alla sua opera lucida e sincera, a svolgere un ruolo di primo
piano nella letteratura del XX secolo.

La memoria di una giovinezza misera sembra avere definitivamente orientato una sensibilità che gli onori non hanno mai sviato: nel 1957, a Stoccolma, di fronte alle teste coronate, il nuovo premio Nobel della letteratura renderà, dalla tribuna, omaggio al suo insegnante di filosofia (Jean Grenier).

Un uomo povero
Albert Camus nacque a Mondovi nel 1913, in una famiglia più che modesta. Allo scoppio della prima guerra mondiale suo padre, operaio agricolo, è ucciso al fronte; sua madre si trasferisce ad Algeri in un alloggio modesto, e vive di lavori domestici e di altri impieghi saltuari. Camus assegnerà  più tardi a quest'esperienza della povertà la funzione di una vera scuola di vita. Suo zio, un macellaio, lettore dilettante, gli passa il piacere della lettura e dei libri. Ma il giovane preferisce ancora dedicare il suo tempo all'amicizia, ai bagni di mare e  al calcio. Incoraggiato dal suo insegnante di filosofia Jean Grenier, beneficia di una borsa di studio che gli permette di proseguire i suoi studi al liceo quindi all'università di Algeri, dove consegue la laurea in  filosofia. Ma di salute fragile e temendo la routine, rinuncia all'insegnamento.

L'entrata in letteratura
Nel 1934 contrae  il suo primo matrimonio, che durerà soltanto due anni, e si iscrive al partito comunista, che lascerà tre anni più tardi. Si  cerca nella vita e si trova nella letteratura. Il dritto e il rovescio (1937), la sua prima prova, contiene già i temi principali della sua opera: il sole, la solitudine, l'assurdità del destino degli uomini. Nel 1939, Nozze conferma le sue doti d'autore e una acuta sensibilità cui la meditazione filosofica  non può bastare. Il giovane autore riesce a conciliare il suo amore per la scrittura con  la riflessione e l'azione sia come   giornalista  presso "Alger républicain" che come animatore di un gruppo teatrale. La seconda guerra mondiale giunge allora a modificare il corso delle cose. La censura determina la scomparsa del giornale al quale lavorava, e Camus è allontanato dall'esercito per motivi di salute.


L'elaborazione di una filosofia
Si risposa  e lascia l'Algeria per la Francia. A Parigi, entra nella Resistenza nella cellula "Combat", dove svolge attività di  informazione e di giornalismo clandestino. Soprattutto  lavora a ciò che già si può definire il "ciclo dell'assurdo". Dal 1940 al 1945, in tre opere capitali, elabora la sua "filosofia". Meursault, ne Lo straniero, uccide un Arabo quasi per caso ed esperisce  nella sua cerchia l'indifferenza del mondo. Al teatro è Caligola,  interpretato da Gérard Philipe, che spinge l'assurdità delle cose fino a suscitare la rivolta. Il mito di Sisifo affronta le stesse tematiche con taglio teorico: in mancanza di un senso della vita, l'uomo può superare l'assurdità con la "révolte tenace" contro la sua condizione.
Questi lavori sono all'origine dei suoi primi successi ma anche delle prime critiche e dei primi malintesi. Presentato dalla stampa come un filosofo disperato, è associato a Jean-Paul Sartre ed alla corrente esistenzialista, etichetta cui invano cerca di sottrarsi. Ma ormai  fa parte a pieno titolo dell'intelligentsia francese. La casa editrice  Gallimard lo accoglie nel suo comitato di lettura.


Dalla rivolta al  premio Nobel
Alla Liberazione è redattore-capo di "Combat" e prende ormai posizione su tutti i grandi temi che scuotono il mondo: la bomba atomica, i movimenti di decolonizzazione, la pena di morte. Viaggia in Algeria, in America e ovunque prova forti emozioni per la miseria delle popolazioni.
Fin dal 1947, ha iniziato un nuovo ciclo sulla rivolta con un romanzo, La peste, dove l'umanità è posta davanti al simbolo di un male insormontabile. I terroristi russi messi in scena ne I giusti si interrogano anch'essi sul senso dei loro atti allo stesso tempo portatori di morte e di giustizia.

Polemiche e crisi morale
La suo opera  L'uomo in rivolta genera un   lungo e violento dibattito: alcuni giornalisti lo attaccano, ma anche alcuni  partiti  politici e intellettuali come Jean-Paul Sartre o André Breton, che gli rimproverano delle inclinazioni "borghesi". Camus si difende, si spiega, risponde. La polemica dura un anno e finisce per deprimerlo, mentre la sua salute si deteriora. Abbandona  per un po' il romanzo e si dedica ad adattamenti teatrali di autori stranieri: Dostoevskij, Calderón, Buzzati, Faulkner. Continua d'altra parte ad intervenire a favore delle vittime, contro i carnefici. Questo ripiegarsi  su se stesso non è né un riflusso né una  rinuncia. Infatti la crisi che attraversa trova presto la sua espressione letteraria e, nel 1956, pubblica La caduta, un romanzo che segna un mutamento del suo stile: ad Amsterdam, lontano dal cielo mediterraneo, un ex avvocato confessa la sua cattiva coscienza e la sua colpa  in un monologo pieno d'ironia e di sarcasmi. Una raccolta di racconti  esce  l'anno successivo, L'esilio ed il regno, dove sono espressi più dubbi che certezze.

La consacrazione
Come Jonas, il pittore di uno dei suoi testi, chiuso in una gabbia per sfuggire i visitatori, così Camus si sente prigioniero del suo pubblico, sia che esso  lo ammiri o che lo detesti. Se la celebrità gli pesa, tuttavia raggiungerà il suo culmine. Nel 1957 gli viene assegnato  il premio Nobel per la  letteratura. Ha quarantatre anni, è il più giovane autore mai premiato a Stoccolma. Questa consacrazione internazionale aumenta la sua stanchezza ma non intacca la  sua energia: mette presto in cantiere un nuovo romanzo, Il primo uomo, rimasto incompiuto (e pubblicato ben oltre  dopo la sua morte, nel 1994), di cui si può solo dire che avrebbe inaugurato un "ciclo dell'amore".

Il 4 gennaio 1960, Camus rientra a Parigi con il suo editore. Vicino a Villeblevin, nell'Yonne, l'automobile va a sbattere contro un albero. Morte assurda, che dà tuttavia alla sua opera una triste unità. I taccuini che ha lasciato testimoniano lo sforzo costante di una vita tesa alla chiarezza e all'autenticità.

Bilanci
Si può  congetturare sul  posto che occupa e che occuperà Camus nella storia letteraria? La letteratura "a tesi",  suscitando oggi meno interesse, potrebbe far apparire Camus come un erede di Montaigne o dei  Moralistes classici dove la forza di uno stile al servizio di uno spirito libero e sincero si impone rispetto  alla solidità di  un sistema. Come molti autori della sua generazione, Camus ha voluto praticare tutti i generi letterari che potevano contribuire all'espressione delle sue idee o dei suoi dubbi. Ma è più giusto articolare la sua opera attorno ai temi  agitati  piuttosto che in funzione del generi o dei mezzi espressivi adottati: il romanzo, il teatro o il saggio. Lui stesso ha indicato  i due grandi cicli della sua maturità: l'assurdo e la rivolta. Ma non si possono trascurare né le opere  di gioventù né gli ultimi lavori, che annunciavano sicuramente  una nuova maniera, prematuramente interrotta.


Brama di vivere e assurdo
Camus vivo, le polemiche hanno potuto fare credere a  ripensamenti  ricorrenti. Col  passare  del tempo, è soprattutto la coerenza di un percorso intellettuale e di un'opera che vengono in evidenza. I temi delle prime prove attraversano tutta l'opera: la brama di vivere, la passione mediterranea per il sole ed il mare. È su una spiaggia piena di sole che Meursault commette il suo crimine, ed i superstiti della peste trovano il gusto di vivere in occasione di un  bagno di  mare. Il  " pensiero del Sud" con il quale si conclude L'uomo in rivolta è anche quella di Nozze e de L'estate: lucido, solare, ardente. Ma "tutto ciò che  esalta la vita accresce allo stesso tempo la sua assurdità".
Invero, non è il mondo che è assurdo, ma il senso che l'uomo vi cerca, senza trovarlo. Su questa meccanica cieca e priva di significato trova fondamento  una dramma. Come Meursault, come Sisifo, siamo condannati a spingere senza fine una roccia davanti a noi. Vale allora la vita di essere vissuta? Sì, poiché l'uomo, nel suo sforzo inutile, è più grande del suo destino poiché può rivoltarsi contro di esso. Questa è la sua libertà: "occorre immaginare Sisifo felice."


Rivolta  e "umanesimo"
L'uomo esiste dunque soltanto per  la sua rivolta, che può assumere mille modalità: filosofica, storica, politica, poetica. Ma, tra la schiavitù accettata e la  violenza rivoluzionaria, la creazione è la vera libertà, il più umile e il più fiero sforzo umano. È ciò che mettono in pratica i personaggi de La peste. Tuttavia, in mezzo al XX secolo, il mondo resta scosso, l'individuo inquieto. Camus ha la sensazione di non aver saputo indicare una vera saggezza, e di essere pervenuto soltanto ad una cattiva coscienza. Gli ultimi lavori, disincantati, evidenziano un fallimento, un pessimismo cupo. Ciò che resta di questa messa in discussione, è la verità, la nobiltà dell'uomo, "la vita allegra e lacerata" celebrata nel discorso del Nobel. È per questo che la parola "humaniste"   definisce meglio Camus che quella di  "esistenzialista" . Cosa importa se le domande non trovano risposte? L' umanesimo  può trovare compimento nell'inquietudine stessa,    in essa  fissare la coscienza, e la sua estensione ed i suoi limiti.

Uno stile al servizio dell'idea
Le idee non sono nulla senza la loro espressione. L'opera di Camus è quella di uno scrittore non di un filosofo. Lo ha detto egli stesso - anche se non ha dissipato del tutto  quest'altro malinteso. Come non ha voluto limitarsi ad un genere letterario, così s'è ben guardato dal  contenere il suo stile in un solo registro.  "Ho adattato la forma al soggetto all'argomento, ecco tutto."  Infatti, secondo l'argomento o il personaggio, la scrittura cambia: neutrale per Meursault ne Lo straniero; rigorosa, oggettiva e tuttavia appassionata per la cronaca de La peste; ironica per Clamence ne La caduta. Se gli articoli giornalistici si avvalgono di  una prosa impeccabile e vibrante, dove la parola va diritto all'idea, senza effetti né aridità, è forse nei saggi letterari che si afferma soprattutto il magistero di un linguaggio personale. Meglio che delle argomentazioni, le immagini, i ritmi compongono una meditazione luminosa, un inno alla bellezza e  all'ardore. Parallelamente, mentre ritorna ne L'estate al lirismo  magico de Le Nozze, Camus, negli ultimi romanzi, diventa moralista e poeta. Un  tono confidente ed allusivo sostituisce quello semplicemente discorsivo. "Gli stili - diceva- non sono che un mezzo".

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