da "la-malatesta"
Kronstadt 1921-2011: Bagliori di socialismo e libertà
Il 1° marzo del 1921 a Kronstadt la rivoluzione russa riappariva in superficie, per la quarta volta in quindici anni. Non più solo contro lo zar, né contro i conciliatori, ma sempre per il socialismo e questa volta contro il potere bolscevico. Cogliere quello che accadde a Kronstadt non è possibile senza riferirsi all’esperienza concreta vissuta nella tumultuosa isola del Golfo di Finlandia. Concepita dagli zar come isola fortificata per presidiare un attacco dal mare alla capitale, essa avrebbe finito per rappresentare l’avanguardia della rivoluzione in un crescendo vorticoso.
All’appuntamento del 1905 i marinai della fortezza sono presenti, ma il loro ammutinamento nel crogiolo della prima rivoluzione russa non rappresenta ancora alcuna particolarità rispetto ad altri avvenuti in tutta la flotta, tra cui quello famosissimo dell’incrociatore Polùmkin: è pienamente inserita nella corrente rivoluzionaria con tutte le immaturità di quel primo tentativo. Ma il soffocamento della rivoluzione porta con sé a capo della guarnigione dell’isola l’ammiraglio Viren, con il compito di ripristinare l’ordine tra i marinai e gli abitanti dell’isola imponendo una disciplina severissima e odiosa. Confidando nella capacità del suo ammiraglio di “ridurre alla ragione” i più riottosi e recalcitranti, lo zar farà trasferire a Kronstadt molti soldati distintisi tra i rivoluzionari, al fine di punirli e piegarli. La mossa si sarebbe rivelata decisamente improvvida: sotto la cortina della disciplina apparente si diffondevano e confrontavano idee di cambiamento radicale, che al momento critico sarebbero germogliate nel processo rivoluzionario. Nel ‘17, infatti, quello di Kronstadt fu tra i primi soviet a costituirsi, distinguendosi da subito per le posizioni molto radicali.
In prima fila nelle drammatiche giornate di luglio, determinati contro il tentativo reazionario di Kornilov in settembre, pienamente coinvolti nella rivoluzione di Ottobre, i marinai di Kronstadt si guadagnarono così da Trotsky l’appellativo di “onore e gloria” della rivoluzione. Eppure non è lecito pensare a Kronstadt in ogni circostanza e su ogni questione come ad un fiore all’occhiello bolscevico, ché anzi vi furono ragioni di differenza e di attrito molto importanti. Nel giugno del ‘17 il soviet di Kronstadt proclama l’indipendenza della cittadella, certo segnalando così la propria diversità dall’allora ancora troppo moderato soviet di Pietrogrado, ma soprattutto riflettendo una spinta anticentralista e federativa che provocò un certo imbarazzo tra i bolscevichi della cittadella e critiche da quelli della capitale; dopo l’Ottobre a Kronstadt continua a funzionare e si rafforzò una rete di comitati di palazzo, di officina, di unità militari e navali che, intrecciandosi con il soviet, ne articolavano l’attività: dall’amministrazione delle case e delle officine, alla iniziale socializzazione dell’orticoltura isolana, aspetti che suscitarono polemiche durissime da parte della minoranze bolscevica in seno al soviet dì Kronstadt.
Il 1918 rappresenta un turning point: i bolscevichi nel volgere di tre mesi vedono la loro rappresentanza al soviet locale passare da quasi la metà a meno di un terzo, a vantaggio di altre organizzazioni rivoluzionarie (dai socialrivoluzionari di sinistra, ai socialrivoluzionari massimalisti, agli anarchici, ai menscevichi internazionalisti). Otterranno la maggioranza in seno al soviet alcuni mesi più tardi grazie alla bolscevizzazione dei soviet, in virtù della quale vengono semplicemente espulse tutte le componenti di opposizione. L’apparente ed effimera docilità di Kronstadt da allora in poi fu dovuta al contraccolpo immediato della sconfitta della democrazia sovietica, ma si combinò anche molto alla convinzione che le circostanze eccezionali della guerra civile rendessero necessario mettere da parte dissidi e polemiche per far fronte comune nella lotta alla controrivoluzione. Perciò la conclusione della guerra civile all’inizio del ‘21 fu vista da importanti settori come la fine delle misure eccezionali che il governo bolscevico aveva adottato e la possibile ripresa della democrazia sovietica, d iure et de fàcto soppressa. Nella capitale pareva sempre più insopportabile il regime dei razionamenti, dei commissari e della Ceka e nel febbraio del ‘21 si verificarono scioperi in parecchie officine .Colpiti da queste notizie i marinai di Kronstadt decidono l’invio nella capitale di una delegazione che raccolga informazioni e riferisca. La delegazione trova una città ingessata dalla ripresa del controllo da parte della Ceka, che palesemente presidia le fabbriche: gli operai restano perlopiù silenziosi e intimiditi di fronte alle domande della delegazione; solo uno denuncia la totale soppressione di libertà e il potere pervasivo dei commissari. Il rapporto della delegazione di fronte agli equipaggi riuniti della Sebastopol e della Petropavlovsk, le corazzate di stanza a Kronstadt, indignai marinai che alla fine dell’assemblea approvano con due sole astensioni la risoluzione in quindici punti che qui riproduciamo:
“Udito il rapporto dei rappresentanti dei marinai mandati a Pietrogrado dall’assemblea generale degli equipaggi per accertare la situazione, noi chiediamo:
1. che in considerazione del fatto che i Soviet attuali non esprimono la volontà degli operai e dei contadini, si tengano immediatamente nuove elezioni a voto segreto, con libertà di propaganda preliminare per tutti gli operai e i contadini;
2. libertà di parola e di stampa per gli operai e i contadini, per gli anarchici per i partiti socialisti di sinistra;
3. liberta di riunione per i sindacati e le associazioni contadine;
4. che sia convocata, non oltre il 10 marzo 1921, una conferenza apartitica di lavoratori, di soldati dell’Armata rossa e di marinai di Pietrogrado, di Kronstadt e della provincia di Pietrogrado;
5. la liberazione di tutti i prigionieri politici dei partiti socialisti e di tutti gli operai e contadini, soldati dell’Armata rossa e marinai imprigionati in relazione ai moti della classe operaia e dei contadini;
6. l’elezione di una commissione incaricata di riesaminare i casi delle persone detenute in carcere e nei campi di concentramento;
7. l’abolizione di tutti gli uffici politici, perché nessun partito deve godere di privilegi speciali nella propaganda delle sue idee e ricevere fondi dallo Stato per questo scopo; invece di questi Uffici, si devono istituire commissioni culturali-educative elette localmente e finanziate dallo Stato;
8. l’abolizione immediata di tutti i blocchi stradali;
Insorti della marina imperiale zarista, equipaggio della nave Petropavlovsk (Петропавловск), in Finlandia prima di partecipare alla rivolta di Kronstadt
9. la parificazione delle razioni di tutti i lavoratori, ad eccezione degli addetti a lavori dannosi per la salute;
10. l’abolizione dei distaccamenti comunisti di combattimento in tutte le unità militari e delle guardie comuniste in servizio nelle fabbriche e negli stabilimenti; se di questi distaccamenti e guardie ci fosse bisogno, potrebbero essere scelti dalle compagnie nelle unità militari e a discrezione degli operai nelle fabbriche e negli stabilimenti;
11. che ai contadini sia dato il diritto e la libertà di usare la terra come meglio credono e anche il diritto di avere il bestiame che sono in grado di mantenere e custodire da soli, cioè senza l’uso di manodopera salariata;
12. chiediamo che tutte le unità militari e anche i compagni kursanly (gli allievi ufficiali) approvino la nostra risoluzione;
13. chiediamo che a tutte le risoluzioni si dia ampia pubblicità sui giornali;
14. chiediamo la nomina di un ufficio itinerante di controllo;
15. chiediamo che sia consentita la libera produzione artigianale di chi lavora in proprio.
L’indomani, 1 marzo, la stessa risoluzione viene presentata discussa in un’assemblea cittadina, cui prendono parte almeno 15.000 persone. Tra queste, accolti con gli onori ufficiali, vi sono anche due inviati del partito bolscevico, i quali esprimono immediatamente la contrapposizione del partito alle richieste dei marinai, rendendo evidente che mancava qualsiasi volontà di mediazione. L’adozione a larghissima maggioranza della mozione de marinai apre la strada alla conformazione di un comitato rivoluzionario provvisorio, inizialmente di cinque componenti, poi allargata a quindici per cooptazione. La quarta rivoluzione russa era cominciata. L’indomani la cittadella è totalmente nelle mani degli insorti. Immediata, parte la campagna bolscevica per isolar Kronstadt da Pietrogrado e dal resto dell’Unione: un profluvio di menzogne si abbatte sugli insorti, mentre i loro familiari vengono arrestati e presi in ostaggio.
Disperatamente gli insorti, sulla stampa delle Izsvestija di Kronstadt e negli appelli radio, smontano le accuse di essere al servizio della controrivoluzione, rivendicano il carattere socialista delle loro rivendicazioni, spiegando che il loro programma vuole l’autentico esprimersi del potere dei soviet, nella libertà e nella difesa delle conquiste della rivoluzione. Ma non riescono ad estendere la loro rivoluzione oltre la roccaforte, impediti a portare il loro messaggio al di fuori dell’isola, a causa delle inconseguenze delle correnti rivoluzionarie, oltre che dello strettissimo filtro bolscevico. Un fatto gravido di conseguenze negative, che renderanno più semplice la repressione che i bolscevichi stavano preparando. Nel frattempo la situazione si fa di ora in ora più tesa. I bolscevichi paiono sempre più determinati a reprimere: il loro statalismo non ammette critiche, né prevede di relazionarsi a questa rivoluzione, per rintracciare in essa le energie per superarsi. Altri bolscevichi, centinaia di abitanti e marinai di Kronstadt, nelle stesse ore decidono di uscire dal partito in cui avevano creduto o vi restano schierandosi apertamente con l’insurrezione. Il tentativo di mediazione degli anarchici Emma Goldman e Berkman in queste condizioni è destinato a naufragare sul nascere. Il 7 marzo sotto il comando di Tuchaèevsky iniziano le operazioni militari contro Kronstadt.
Il X congresso bolscevico, che si riunisce in quei giorni, approverà all’unanimità l’invio di un quarto dei delegati per contribuire ad espugnare la fortezza. Ben 60.000 uomini fronteggeranno la cittadella rivoluzionaria cercando di avanzare sul ghiaccio del golfo di Finlandia, incalzati da tergo dalle mitraglie della Eeca indente a dilaniare i corpi di chi si ritirava. Con perdite gravissime e dopo dodici giorni di reiterati attacchi le truppe governative irrompevano nella cittadella, sparando casa per casa, massacrando chiunque, anche molti tra gli arresi cosi come poi sarebbe accaduto ai familiari presi in ostaggi. Il resto lo avrebbero fatto i tribunali e le sezioni della Eeca. I vincitori saranno minuziosamente attenti a cercare di disperdere la memoria; il soviet della cittadella che aveva innalzato nel proprio vessillo la consegna: “Tutto il potere a i soviet e non ai partiti” sarebbe stato sciolto, per non essere mai più ricostituito, sostituito da una troika di commissari bolscevichi.
La rivoluzione socialista si forgia
Veniva stroncato così dai bolscevichi l’ultimo tentativo della rivoluzione russa di risollevarsi e di reagire al suo riflusso. Lo statalismo rivoluzionario dei bolscevichi nella situazione di generale ripiegamento dell’ondata del 17, li aveva portati a concepire solo se e nient’altro che sé quale garanzia di una vittoria rivoluzionaria, proprio mentre non erano in grado, né volevano riconoscere la rivoluzione che riemergeva, anzi, le si contrapponevano frontalmente. Quella di Kronstadt fu peraltro una rivoluzione le cui caratteristiche vanno viste più da vicino. In essa si manifestò, infatti, una spinta evidente al socialismo, esprimentesi nella chiara carica libertaria che la contraddistinse. Qui si evince un nodo importante: la quarta rivoluzione russa nel rivendicare il ‘potere ai soviet e non ai partiti” esprime l’impossibilità di realizzare il socialismo, se le classi subalterne vengono espropriate della facoltà di autogoverno. Questo elemento molto importante non casualmente verrà ignorato da tutti i sostenitori di Lenin e Trotsky nelle decadi successive. Tuttavia la stessa concezione di autogoverno degli insorti merita alcune brevi considerazioni.
Tale era la fiducia nella insostituibilità dei soviet che i rivoluzionari di Kronstadt vedevano in essi il solo strumento possibile; tutto ciò che non fosse ritenuto sovietico doveva essere spazzato via, anche contraddicendo l’esigenza democratica e libertaria che animava la rivendicazione del soviet come forma di autogoverno: fortissima resterà la rivendicazione dello scioglimento dell’Assemblea costituente, per eseguire il quale Kronstadt aveva fornito una delegazione molto ampia e determinata. D’altra parte l’elemento dell’autogoverno, per quanto caratteristico, è insufficiente per l’edificazione di una società socialista, per il fatto che la socializzazione è l’elemento conn0tante e fondamentale al contempo della affermazione delle basi di una civiltà delle donne e degli uomini liberamente associati, ciò che per comodità chiamiamo socialismo” . Sebbene nella vita quotidiana della cittadella elementi iniziali di socializzazione fossero presenti, ad esempio nella coltivazione degli orti urbani, in quella fitta rete di comitati di caseggiato, di fabbrica e anche di unità militari, è interessante notare come i 15 punti di Kronstadt non contengano in merito alla socializzazione riferimenti di alcun tipo. Le rivendicazioni in campo sociale, paradossalmente, si fermano molto più indietro di quanto non fosse stato larvalmente praticato dai rivoluzionari isolani dal 17 in poi. Pare quasi che i protagonisti non assegnassero alcuna importanza qualificante a una parte importante di ciò che, pur contraddittoriamente, avevano iniziato a fare.
Ma il paradosso apparente trova una sua spiegazione nel fatto che se la rivoluzione di Kronstadt fu, da un lato, l’opposto di ciò che la leadership bolscevica l’accusava di essere, cioè una controrivoluzione al soldo dell’imperialismo, dall’altro, essa deve non solo la sua forza, ma anche i suoi limiti proprio al fatto di essere stata parte integrante della rivoluzione russa. La debolezza dell’idea di socialismo che emerge dalla rivoluzione di Kronstadt, per quanto ben più avanzata ed affascinante di quella sostenuta con il terrore rosso dai bolscevichi deriva, insomma, proprio dal fatto che quella rivoluzione germinava dalle tensioni positive del 17, ma ne subiva anche la debolezza socialista , o, detto in altri termini, non aveva saputo andare oltre la richiesta di autogoverno per affermare e praticare la centralità della socializzazione.
La rivoluzione di Kronstadt non fu un frutto improvvisato: il suo insorgere derivò dalla vivace presenza e anche dallo scontro di varie componenti rivoluzionarie, che vi si svilupparono a partire dal 1905. Il particolare concentrate di oppositori che si ritrovarono nell’isola grazie alla miope mossa dello zarismo, citata all’inizio, creò a Kronstadt condizioni particolari, che vanno lette per le loro implicazioni. Innanzi tutto può stupire la contraddizione tra Kronstadt e altre cittadelle militari nelle esperienze rivoluzionarie, poiché queste ultime mai sono state delle avanguardie nel processo rivoluzionario, quanto piuttosto realtà di retroguardia; in generale, come ci ricorda correttamente Rosa Luxemhurg, la disciplina militare, lungi dall’essere una scuola di preparazione alla rivoluzione , rappresenta al contrario un elemento di diseducazione. Tuttavia proprio la presenza concentrata di avanguardie rivoluzionarie nell’isola riuscì a rappresentare una controspinta formidabile alla barbarie della disciplina militare e della guerra stessa. Non deve stupire allora il senso di differenza dei marinai di Kronstadt che, già nel 17, deprecavano la maniera manesca degli operai di Vyhorg nell’affrontare le differenze di opinione.
Varie correnti avevano lavorato per lunghi anni alla preparazione della rivoluzione nella cittadella, dai bolscevichi, ai socialrivoluzionari di sinistra, agli anarchici, ai menscevichi internazionalisti, ai socialrivoluzionari massimalisti. Questi ultimi rappresentano un’anomalia, perché il loro radicamento, generalmente molto limitato, è sicuramente profondo a Kronstadt. Il loro principale esponente, Anatoly Lamanov, verrà più volte eletto delegato ai congressi panrussi dei soviet e dirigerà il giornale del soviet locale, le Jzvestija di Kronstadt, conducendo il suo raggruppamento a risultati molto importanti, arrivando nel 18 a essere la seconda organizzazione al soviet locale, appena dietro i bolscevichi. Molto del programma dei 15 punti di Kronstadt viene dalle posizioni di questo raggruppamento, mentre va ridimensionato il peso, che un luogo comune vuole attribuire all’anarchismo, sulle posizioni di Kronstadt. Infatti, se è vero che alcune rivendicazioni erano state già innalzate dagli anarchici, la Kronstadt del 21 non si batteva contro lo Stato in quanto tale, ma per uno Stato nelle mani dei lavoratori. Dei bolscevichi, poi, è bene ricordare che solo dopo la bolscevizzazione dei soviet, nel luglio 19, essi sarebbero riusciti a divenire maggioranza assoluta. In precedenza, infatti, per quanto fossero il gruppo più numeroso, in più di una circostanza vennero messi in minoranza. Battaglie durissime vennero combattute in seno al soviet proprio sugli elementi di larvale socializzazione degli immobili e dei servizi urbani, che i bolscevichi osteggiarono costantemente, o sulla denuncia da parte del soviet di Kronstadt della repressione degli anarchici attuata nell’aprile del 18 dal soviet di Mosca, per non ricordare la proclamazione della repubblica di Kronstadt nella primavera del 17.
Insomma, posizioni distinte tra correnti rivoluzionarie diverse si confrontarono e scontrarono a Kronstadt per anni, mantenendo viva la prassi della discussione aperta tra i settori più ampli della società civile che cercavano sempre spazi di libertà nonostante le chiusure bolsceviche. Il concorrere di varie correnti che discutevano, proponevano e lottavano sulle strade che la rivoluzione poteva seguire fu un elemento preparatorio decisivo per la quarta rivoluzione.
Kronstadt insegna
Interrogarsi sul lascito di Kronstadt è molto importante per chi vuole mantenere viva e rafforzare la prospettiva del socialismo come primo passo per l’autoemancipazione. Non casualmente i vecchi marxisti rivoluzionari, e segnatamente i trotskisti nella crisi che li attanaglia, continuano a non voler imparare dagli eventi di quel drammatico 1921. Viceversa il nuovo marxismo rivoluzionario continua a cercare di estrarre lezioni vive dalle rivoluzioni, sia per la positiva sia per la negativa. In effetti, grazie in primo luogo al contributo di Dario Renzi, la posizione del nuovo marxismo rivoluzionario su Kronstadt, è assolutamente controcorrente rispetto alle posizioni classiche invalse nel marxismo rivoluzionario. La pochezza, sotto tutti i profili, di chi continua a ripetere che la repressione di Kronstadt fu una tragica necessità” si evidenzia ancor più per contrasto con il giudizio solidale con gli insorti che viene dalla corrente del nuovo marxismo rivoluzionario. Due insegnamenti in particolare ci vengono offerti a questo proposito) dal giudizio di Dario Renzi: se come speriamo di essere riusciti a dimostrare quella di Kronstadt fu una rivoluzione socialista, allora la sua repressione ad opera dei bolscevichi fu un crimine contro il socialismo e la rivoluzione, e, se la repressione avvenne in nome e nell’interesse del mantenimento del potere da parte dei bolscevichi, allora da essa possiamo estrarre fondamentali ragioni per la critica della politica, anche di quella rivoluzionaria Queste caratterizzazioni critiche sono la base sulla quale è possibile cogliere insegnamenti a positivo, per saper estrarre dalla rivoluzione di Kronstadt il suo contributo al socialismo, così come i suoi limiti.
La proclamazione della repubblica di Kronstadt nella primavera del ‘17 non fu un escamotage per prendere le distanze dal soviet di Pietrogrado, allora orientato su posizioni moderate; che vi fosse anche questo può essere, ma non era l’elemento preponderante. Quella scelta rappresentava qualcosa di più profondo, cioè una tensione anticentralista e federativa che è al contempo espressione della diffidenza verso un’eccessiva concentrazione di potere nell’apparato centrale dello Stato; in questo senso da quella scelta di Kronstadt possiamo estrarre una tensione antistatalista che la rivoluzione socialista deve assumere al fine di disarticolare e rendere più leggero possibile lo Stato, perché possa essere uno Stato-non Stato) che non si estingua semplicemente all’estinguersi delle classi, ma sia invece, pena la ricostruzione di classi o ceti dominanti per tramite dello Stato, predisposto ad estinguersi al più presto possibile, facendosi assorbire dalla società civile.
Un altro aspetto da sottolineare è il valore della preparazione della rivoluzione. Molti storiografi della rivoluzione di Kronstadt , nello smentire le accuse bolsceviche secondo cui gli insorti sarebbero stati al servizio della reazione o avrebbero svolto un ruolo obiettivamente reazionario, insistono troppo nell’affermare il carattere spontaneo della rivoluzione di Kronstadt. Tale affermazione rischia di essere o un’ovvietà o un’inesattezza. Infatti, da un lato, nessuno può stabilire l’inizio della rivoluzione, se non le masse che decidono di mobilitarsi per la propria liberazione: nessuna eminenza grigia, nessun partito, né tantomeno uno Stato può decretare una rivoluzione, perché essa è un fatto agente che risponde a dinamiche obiettive nella società profonda. Se carattere spontaneo di una rivoluzione significa che le masse decidono di fare la rivoluzione, allora, sì, quella di Kronstadt, come ogni rivoluzione, fu spontanea. Ma questa, appunto, è un’affermazione talmente generale da essere in sostanza tautologica. Se si ritiene, invece, che quella di Kronstadt, a differenza di altre, sia stata una rivoluzione spontanea si commette un duplice errore: quello di ritenere che vi siano rivoluzioni dettate dall’alto, decise da entità esterne ai soggetti protagonisti e quello di non cogliere come nello specifico di Kronstadt varie correnti rivoluzionarie avessero lavorato per preparare o rafforzare la rivoluzione. In altri termini la rivoluzione di Kronstadt fu preparata dall’azione di differenti correnti rivoluzionarie, di matrice marxista, populista e anarchica e tra queste dobbiamo inserire, sub specie particulare, il partito bolscevico, prima, gran parte dei militanti bolscevichi isolani, poi.
È chiaro che non si può fare un segno di eguale tra esse: una cosa sono il radicamento dei socialrivoluzionari massimalisti e l’ardore che misero nel criticare quella che chiamavano “commissariocrazia”, altro ciò che orientò l’attività del partito bolscevico, proteso alla detenzione del potere con il terrore rosso. Ma la rivendicazione: “Tutto il potere ai Soviet e non ai partiti!”, aspetto centrale della volontà di autogoverno, se era stata lanciata dai socialrivoluzionari massimalisti e condivisa dagli anarchici, era in sintonia con la consegna centrale dei bolscevichi sfociata dalle Tesi di aprile. Certo, i bolscevichi nella loro involuzione statalista correggeranno la consegna, argomentando che non potesse esistere potere sovietico senza il loro partito, ma Tutto il potere ai soviet!” era la parola d’ordine che ne aveva accompagnato la crescita tumultuosa e che aveva marcato l’adesione o l’appoggio di milioni di persone. Questo spiega anche perché una grande parte degli aderenti al partito bolscevico di Kronstadt ne uscirà nel fuoco dell’insurrezione del marzo 1921. Se dunque alle forze rivoluzionarie di Kronstadt va riconosciuto, pur con differenze molto accentuate il merito della preparazione della rivoluzione del ‘21, ad esse dovremo riferirci anche per individuare carenze e limiti di quell’esperienza. Mentre assumiamo il punto di vista degli insorti, schierandoci centro il partito bolscevico e rivendicando la rivoluzione di Kronstadt, proprio per questo, anzi, non possiamo sottacere i limiti di quella rivoluzione e della sua direzione composita.
Un primo aspetto sta nella mancata considerazione della socializzazione come aspetto centrale, laddove i 15 punti quando esulano da aspetti più direttamente inerenti l’autogoverno, si limitano a rivendicazioni assai elementari, non proponendo nemmeno l’estensione di quell’inizio larvale di socializzazione che a Kronstadt, pur contraddittoriamente, si era dato. Ma il limite probabilmente più evidente della rivoluzione di Kronstadt non fu al suo interno, quanto nella sua mancata estensione territoriale. Fu un problema serissimo l’assenza di una direzione in grado di favorire l’estendersi della rivoluzione, combattendo colpo su colpo le calunnie dei bolscevichi e capace di spingere sulla strada di Kronstadt. Diciamo ciò non tanto e solo per muovere una critica all’inconseguenza su questo terreno da parte dei raggruppamenti che nell’Urss continentale sostenevano gli insorti, quanto per segnalare l'insostituibilità di una direzione conseguente della rivoluzione. Il che rimanda ancora una volta alle responsabilità dei bolscevichi per non aver voluto, né saputo accogliere la sfida di Kronstadt, da cui avrebbe potuto derivare una straordinaria energia per risollevare le sorti della rivoluzione russa e probabilmente cambiare il corso della storia
da Anarcopedia
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