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venerdì 11 marzo 2011

Giuseppe Furia

Peppe furia nasce a Napoliil 29 dicembre 1947 da Francesco e Filomena Caruso.
All’età di due anni, cade da una scala, rompendosi la spina dorsale e rimandendo per il resto dei suoi giorni in condizioni d’infermità.
Autodidatta, impara a leggere e a scrivere.
Nonostante progredisca l’handicap, ha con fratelli e cugini, che vivono nella stessa casa, un’ infanzia relativamente serena.
Inventa la sua mobilità, costruendosi un carroccio.
L’ultima carta nella speranza della guarigione la gioca l’anno dopo: un viaggio a Lourdes. Ritorna
Naufrago del mare del dolore.
Nella casa di vicolo I Montesanto, inizia la frequentazione di elementi cattolici, dediti ad opere di misericordia corporale.
La rassegnazione non gli appartiene; rigetta il senso di pietà “...uomini e donne deformi non intaccano il piacere estetico ma coinvolgono il nostro animo”.
Nell’intimo nascono nuove e pressanti domande.è in embrione il ’68.
Quando scoppierà, ne sarà protagonista fra migliaia di giovani.
Sensibile ai mutamenti entra nel merito delle contraddizioni sociali: “i miei sensi portano suoni che non sono lontani; voci immediate con problemi reali, voci concise che chiedono pane...”
Ancora “...vedere è capire ma io vedo sangue e non capisco; il male dell’uomo è che se sbaglia non può tornare indietro” Viet-nam.
Si riconosce sempre più nella filosofia anarchica e nella prassi politica stessa “ non può esserci società anarchica senza anarchici, non c’è anarchia senza un solo individuo anarchico, non ci possono essere anarchici senza anarchia”.
Critico con se stesso e con gli altri, coerente, metti in pratica il principio libertario del Mutuo Appoggio, divenendo contemporaneamente custode di vicissitudini umane che attraversano molti compagni.
La casa è frequentata ogni giorno da decine di giovani.
Nascono spontaneamente dipinti collettivi, si lavorano pietre di tufo raccolte in riva al mare, si scrivono e si recitano poesie; ancora: suonano a notte tarda le chitarre e c’è pasta e vino per tutti.
A proposito delle sue poesie dice” i miei scritti nascono da particolari stati d’animo colti in brevi momenti di poesia e non da profonde riflessioni filosofiche”.
Nel 1973, quando il M.S.I. è, per voti, il secondo partito a Napoli, sostiene la campagna in difesa di Giovanni Marini.
Nel 1974 collabora alla realizzazione della rappresentazione scenica delle “Lettere dei Condanatti a morte della Resistenza Italiana”.
Scende in campo sulle battaglie per i diritti civili elavorate da gruppi libertari.
Nel 1975 visita Milano e Bergamo.
Il primo ed unico viaggio laico, nella quieta padana “un ossigeno di serenità”dirà, ricordando “ un pomeriggio nell’erba che sa di erba”.
Presente nei momenti di lotta dei lavoratori, partecipa a cortei, organizzando la diffusione della stampa anarchica.
Trascorre nel ’77, a Ischia, una vacanza discorrendo col mare, con l’onda, col canotto pirelli. Coi compagnia che osservano dalla spiaggia come era stato a Maiori qualche anno prima.
Negli anni che seguono si dedica al C.A.D ( Comitato di difesa Anarchico) intrecciando, attraverso rapporti epistolari, con detenuti libertari sensibili sentieri umani e politici “... per l’idea che ci accompagna come una grande ombra, con rabbia e con amore” .
Lucido, coerente nella vita intima come in quella sociale, che facevano tutt’uno, attraversa una crisi; a quella individuale s’aggiunge l’altra:”... ho paura di guardarmi dentro, un anno è trascorso e ho paura di guardarmi dentro...”.
In corpo, accusa sempre più.
Alla morte del padre, avvenuta il 15 novembre 1982, la situazione peggiora.
Confessa alla madre,che gli ha dedicato tutte le energie, trasportata dal totale amore per il figlio sofferto, d’essere alla fine.
Si spegne, con pari dignità di com’era vissuto,il 16 maggio del 1983 al II Poclinico di Napoli.

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