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lunedì 28 febbraio 2011

Gradisca a pezzi, ufficialmente

Gradisca a pezzi, ufficialmente

 

da macerie

La notizia è ufficiale: dopo questi due giorni di rivolte il Cie di Gradisca è al collasso. Date una occhiata all’articolo uscito quest’oggi su di un quotidiano locale, che conferma dal lato dei questurini quello che già i reclusi ci hanno raccontato: in tutto il Centro le camerate ancora utilizzate sono solo sei o sette per centoquaranta persone. Tanto che si comincia a parlare della lontana possibilità di dover liberare dei prigionieri che non si sa più dove mettere…
Aggiornamento - ore 14.00. Il Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca non esiste più. Le ultime camerate che rimanevano sono state distrutte o rese inagibili dai rivoltosi questa mattina. Praticamente, del Cie rimane solo il cortile, dove sono stati ammassati tutti i prigionieri.
Aggiornamento - ore 18.00.  La Questura di Gorizia detta all’Ansa la conferma ufficiale della distruzione del Cie di Gradisca. Dopo il 18 febbraio 2009, data dell’incendio del Cie di Lampedusa, oggi è un’altra data da segnare sul calendario.
«[Altre] sei stanze del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) sono state date alle fiamme oggi. I danneggiamenti sono iniziati intorno alle ore 14.00, in una struttura che già nel corso della settimana è stata interessata da roghi appiccati con l’intenzione di danneggiare e rendere inservibile il Cie. Al momento resta agibile una sola stanza della cosiddetta ”zona rossa”, con otto posti letto. I 105 clandestini ospitati nel Cie sono stati ridistribuiti negli spazi comuni, con sistemazioni di fortuna. (ANSA
«Tensione alle stelle al Cie: la struttura gradiscana cade a pezzi dopo la seconda giornata consecutiva di disordini. Ed è prossima al sovraffollamento. Anche ieri all’ex Polonio decine di immigrati hanno devastato le stanze, appiccando il fuoco in altre 4 celle e rompendone le vetrate per esporle al gelo e renderle inutilizzabili. Con mezza dozzina di spazi inagibili dopo la rivolta di giovedì, le stanze integre rimangono appena 6 o 7. All’ex Polonio non sta più uno spillo: 142 gli ospiti presenti, ben oltre la capienza attuale già ridotta - ironia della sorte - per la concomitante ristrutturazione. In stanzoni da 8-10 posti letto rischiano di dormire 20 e più persone. A meno che non inizi un progressivo svuotamento «che però significherebbe cedere al ricatto dei dimostranti e ammettere il fallimento delle politiche di rimpatrio» vanno giù duro i sindacati di polizia. La protesta ieri ha toccato l’apice dopo le 14, quando i vigili del fuoco sono intervenuti per sedare le fiamme. Un’intera sezione di fatto è in mano agli immigrati. A fine giornata nessun ferito fra gli ospiti e le forze dell’ordine, che l’altro giorno avevano arrestato e tradotto in carcere 5 tunisini con l’accusa di danneggiamento. Farebbero parte del contingente di 50 profughi trasferiti da Lampedusa. L’emergenza al Cie arriva nel momento peggiore. Gli operatori denunciano nuovi ritardi nell’erogazione degli stipendi. I sindacati di polizia protestano per le persistenti carenze di organico e i ritardi nei lavori iniziati proprio in questi giorni di tumulto seppure invocati da anni. L’obiettivo dei migranti, forse suggerito da regia esterna, è sfruttare questo momento di precarietà per rendere inagibili tutte le stanze. Ed incrementare le chance di fuga, di trasferimento o addirittura di rilascio seppure con l’intimazione - mai rispettata - di lasciare il territorio nazionale. Il rischio è denunciato da Angelo Obit, del Sap: «La risposta dello Stato deve essere ferma. Nessuno dei dimostranti va liberato, magari scegliendo quelli con minori precedenti penali. Significherebbe cedere». Altre misure invocate dagli agenti: niente nuovi arrivi sino alla completa efficienza strutturale e organica, immediato ripristino delle camerate, sistemazione provvisoria dei trattenuti in quelle agibili, divieto di detenere accendini. «Qualsiasi segnale diverso - conclude Obit - significherebbe ammettere il fallimento».
Luigi Murciano - Il Piccolo

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