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mercoledì 5 gennaio 2011

FONDAZIONE DELLO STATO DI ISRAELE







(63 anni di diritti violati in Palestina)

 

 

 

 

 

A cura di Matteo Montieri

 

«Io sono quì per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e
sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre

Oriana Fallaci


Nel seguente articolo andremmo ad analizzare le cause e gli effetti comportati dalla nascita di uno stato che invase un territorio già popolato, la Palestina.
Questo vasto processo, si può dividere in due fasi:
  1. dalla seconda metà dell’ 800 al 1917
  2. dal 1918 al 1947

PRIMA FASE:
(1) L’indebolimento dell’impero ottomano vede il suo inizio nel 1700, ma è nel 1853-56 che la sua caduta si fa irreversibile e tramonta il sogno di un risorgimento turco.
Alle prime avvisaglie di questa crisi, si misero in atto i primi progetti d’influenza sull’area ottomana da parte delle potenze europee.
Queste azioni d’influsso vennero mascherate sotto forma di iniziative umanitario-religiose, lo Stato francese subentrò in Libano con la collaborazione dei cristiani maroniti, anche l’impero russo vide la possibilità di estendere i suoi territori, e s’intromise nella vita interna dei paesi arabi attraverso le minoranze ortodosse, ma la campagna che ebbe più risonanza fu quella dell’impero britannico che cominciò ad architettare una ripopolazione nell’area araba di comunità israeliane.
I grandi industriali inglesi fiutarono subito l’affare e cominciarono anche loro a puntare l’area interessata, come il banchiere di origine ebraica M. Montefiore che acquistò vari lotti di terra in Palestina, e iniziò la costruzione di un quartiere ebraico a Gerusalemme.

Ci fu anche l’immediato appoggio incondizionato da parte della British Petroleum,

che ambiva al controllo del canale di Suez attraverso gli alleati sionisti.
Tuttavia mentre gli stati europei progettavano come spartirsi il morituro impero ottomano, le popolazioni arabe diedero vita ai propositi d’indipendenza, sogni d’indipendenza che incrementarono sotto la spinta di cocenti delusioni, come quella del 1908 quando la rivolta dei Giovani Turchi, portò soltanto un netto inasprimento del potere.

Dal 1890 si verificarono dei cambiamenti che avrebbero condizionato il corso della storia:
in primis si sviluppò un grande flusso immigratorio dalla Russia, dove i cambiamenti politici, che dopo la morte dello zar Alessandro II mutarono in un fervente nazionalismo e l’impoverimento della condizione economica spinse le comunità ebraiche verso occidente.
A questo periodo risalgono i primi insediamenti israeliani e la nascita del sionismo, infatti un piccolo gruppo di ebrei finanziati da facoltose personalità, giunse in Palestina, allora ancora governata dal potere ottomano, cercando di costruire una loro identità nazionale.
Nei paesi europei che vennero “invasi” da questa massa errabonda sorsero le prime forme di antisemitismo, anche se in realtà questa ideologia non nacque nel XIX secolo, ma pone le sue radici già nel mondo romano.
La discriminazione avrà lungo seguito fino alla rivoluzione industriale, dove le persone di origine ebraica venivano allontanate dalla vita sociale e segregate in ghetti.
Dalla metà dell’ottocento, la discriminazione non è più soltanto religiosa, come nei secoli precedenti, ma diventa anche politica e giustificata da teorie scientifiche sulla razza, come i trattati del francese Joseph Arthur de Gobineau e del filosofo tedesco Karl Dühring, che “legalizzavano” i massacri e le distinzioni dei diritti civili e religiosi che gli ebrei subirono nel tempo.
La prima azione di propaganda antisemita si riscontra nel 1880, quando Eugène Dühring scrisse il trattato “la questione ebraica”.
In questo clima venne pubblicato da Theodor Herzl “lo stato ebraico, tentativo di una soluzione moderna del problema ebraico”, che si pone come risposta all’antisemitismo filosofico e scientifico e segna l’inizio del sionismo come movimento politico.
L’ultimo elemento che va a destabilizzare la situazione è l’ipotesi di una colonizzazione sionista nell’area della Palestina.
Il nodo cruciale di questo cambiamento sembra essere quindi la nascita e lo sviluppo del movimento sionista.
Abbiamo già descritto il clima a passi esemplificati da cui nacque questo movimento, ma quali sono i propositi che portava avanti il popolo di Sion?
Esso si attiene a grandi linee alle politiche nazionaliste e razziste che si svilupparono soprattutto nel XIX sec.
Lo si può evincere già da pochi elementi che emergono dallo Stato d’Israele, come la discriminazione della popolazione araba, un’ etnocentrismo esasperato e un imperialismo appoggiato anche dagli usa...
Agli albori della sua nascita il sionismo era un movimento minoritario, poiché andava a scontrarsi con molte delle convinzioni dell’ebraismo tradizionale che si collocavano contro la visione di una nazione ebraica a Gerusalemme, finché non ci fosse stato un segno della volontà divina.
Nel contempo nacquero molte altre soluzioni appoggiate dalle altre correnti ideologiche che non riuscirono però a far valere la loro opinione, come "territorialisti”, gli “autonomisti” o come le correnti di sinistra che proponevano uno stato socialista come placebo alle guerre razziali ed economiche che dilagavano nel globo.
La popolazione araba si pose subito contro la nascita di uno stato israeliano, nonostante convivessero da molti secoli e l’economia giovasse della presenza della comunità ebraica.
Essi non si fecero abbindolare dalle parole di libertà studiate a tavolino dai politici sionisti che richiedevano alle grandi potenze europee “una sede in Palestina per il popolo ebraico garantita dal diritto pubblico”.
Alla conclusione della prima guerra mondiale l’impero ottomano cedette tutti i suoi possedimenti in Medioriente.
Le mire delle potenze erano molteplici, l'Inghilterra voleva occupare l'Iraq e la Palestina, la Francia voleva staccare la Siria dalla Turchia.
Il governo della Gran Bretagna al fine di far cadere definitivamente l’impero ottomano e di riuscire a far crollare il potere turco promisse agli arabi l’appoggio per la loro indipendenza, e spinse cosi 70.000 persone ad insorgere in Transgiordiania e Damasco. La rivolta capeggiata non a caso da un agente gallese, Thomas Edward Lawrence, senza naturalmente smettere i progetti e il dialogo con la parte sionista per la nascista del nuovo stato.
Il 2 novembre del 1917 viene spartito ufficialmente l’impero ottomano, sancito dalla dichiarazione di Balfour, nome attribuito dall’omonimo ministro degli esteri, che inviò la dichiarazione al rappresentante della comunità ebraica, cioè colui che teneva in mano la maggior disponibilità di potere politico e economico, Lord Rotschild.
La dichiarazione esprime l’appoggio e l’intento dell’impero britannico nell’aiutare la nascita dello stato israeliano affinchè non leda le altre popolazione presenti in quella zona.
Naturalmente l’ultima postilla è una paraorecchie per i somari, in quanto lo scopo era proprio quello di destabilizzare la zona per avere un controllo economico e intaccare il potere russo affiancandosi nei suoi territori nell’area georgiana.
SECONDA FASE:
(2) Tra il 1923-1929 in Palestina si riscontrò un grave disagio economico che portò una gran parte della società ad emigrare dal luogo di colonizzazione.
In quel periodo ebbero inizio una serie di scontri politici-filosofici, tra le varie alternative di nuovo stato israeliano.
Da una parte alcuni giovani provenienti dall’unione sovietica, coltivavano il sogno di uno stato socialista che avrebbe messo a tacere le diaspore religiose.
Ma pian piano questo sogno si andò ad infrangere nella realtà dell’influenza sionista, su quell’area vennero applicate le prime leggi: come l’obbligo di assumere solamente lavoratori di origine ebraica.
La sconfitta del 1926 segnò la quasi totale capitolazione dell'utopia socialista, cosi dalla Palestina la maggior parte di loro tornarono in URSS.
Tra il 1920-1940 l’amministrazione dell’area decise di bilanciare le percentuali di comunità ebraiche ed arabe, allorché scaturirono le prime rivendicazioni del potere, sia da parte del contingente palestinese che israeliano.
Il primo scontro armato si riscontra nel primo marzo del 1920, si apre cosi una sequenza di scontri che a singhiozzi si protrarrà fino ad oggi.
Rilevante è la rivolta che si ebbe dal 1936-1939, preceduta da uno sciopero generale durato qualche mese a cui partecipò gran parte del popolo palestinese, che finì per promuovere un azione insurrezionale contro l’impero britannico il quale rispose con l’invio di un ingente reparto militare.
Con quest’atto la popolazione volle chiarire la sua posizione nei confronti dell’insediamento israeliano e in favore del sogno di uno stato nazionale guidato da un “potere arabo”.
Il governo londinese, dopo tale sommossa, perpetuò i suoi piani, volendo arrivare ad un accordo con i dirigenti moderati della Palestina, fu l’inizio dell’invio di una serie di commissioni che volevano arrivare ad un compromesso che mettesse a tacere i dissensi.
Furono due i tentativi che ebbero più ripercussioni, la prima della commissione Peel nel 1936-1937 che ideò la divisione della Palestina tra Arabi ed Ebrei, la seconda fu quella del libro bianco, pubblicato per placare l’ira degli arabi, stabilì una limitazione dell’immigrazione ebraica, restrizioni di acquisto di terre da parte dei sionisti e l’edificazione di uno stato Palestinese entro dieci anni.
Dopo che si affermò il potere nazista in Germania, riaumentò la popolazione ebraica nel territorio palestinese, visto come unica meta possibile da raggiungere, in quanto quasi tutti gli altri stati chiusero le frontiere o ne limitarono l’accesso al popolo di Sion, attraverso mezzi burocratici e giuridici.
In questo periodo si assistete ad un riorganizzazione della visione sionista, che non si sentiva più tutelata da un Gran Bretagna troppo impegnata e smarrita nel conflitto con il nazismo.
Si affermò quindi un' altra corrente, quella capeggiata da Ben Gurion, che ingiunse un cambio di rotta, che di fatto fratturò l’alleanza con la Gran Bretagna, per favorirne invece una con la nascente potenza degli Stati Uniti d’America, ritenuti come unici che potevano realizzare lo stato israeliano, e cosi abbandonare le proposte di stato binazionale.
Ben Gurion strumentalizzò lo sterminio avvenuto nei lager nazisti, richiedendo l'adatto risarcimento, la cessione della Palestina ai sionisti.
Dal maggio del 1945, la corrente sionista diede vita ad una sempre più massiccia protesta volta alla cancellazione dei decreti che limitavano l’immigrazione nell’area “colonizzata”, richiesta che venne accettata per vari motivi:
prima di tutto, alla fine del conflitto il continente aveva ereditato alcune centinaia di migliaia di profughi riusciti a sopravvivere o a fuggire dai lager, in secondo luogo perché il nuovo presidente degli Stati Uniti Henry Truman, ambiva ad avere un largo consenso nella popolazione, in particolar modo nell’elettorato ebraico.
Nel 1946, invece di assistere all'organizzazione delle prime truppe di guerriglia israeliana tra le quali “organizzazione militare nazionale” o i “combattenti per la libertà di Israele”, nel frattempo la Gran Bretagna tentò di ristabilizzare la situazione attraverso una commissione d’inchiesta, ma su pressione dell’organizzazione internazionale Londra rinunciò al mandato sulla Palestina ufficialmente nel 2 aprile 1947.
Le Nazioni Unite, il 29 settembre 1947, concordarono nella divisione della Palestina in uno stato arabo ed uno ebraico, di cui i luoghi sacri e Gerusalemme direttamente sotto il controllo del ONU.
Subito dopo questa decisione si accentuarono gli scontri, fin ad ora sparuti, in cui si mise in luce la superiorità militare d’Israele, poiché molti dei combattenti israeliani di quell'epoca, erano coloro che già avevano combattuto nell’esercito inglese.
Ciò permise all’esercito israeliano di conquistare immediatamente postazioni strategiche e di mettere in atto il piano Dalet, che si proponeva la conquista dell’intera Palestina, violando cosi il trattato ONU e i limiti impostogli da quest’ultimo.
Lo squilibrio militare non mutò neanche dopo l’aiuto che arrivo da Egitto, Siria e Iraq alla Palestina, anche perché, gli armamenti israeliani furono rifocillate dall’est Europa.
Niente riusci a fermare la proclamazione dello stato d’Israele tra il 14 e il 15 maggio del 1948, poiché era una decisione varata dalle grandi potenze mondiali.
Nel corso dei vari dibattiti non si arrivò ai due terzi, il termine fissato per approvare questa proposta, poiché vari stati tra cui l’India si posero contro questa nuova idea.
Lo stesso governo della Gran Bretagna non era totalmente favorevole alla nascita di uno stato sionista in terra araba, ma gli interessi economici capeggiati dalla British Petroleum, portarono ad una decisione ben differente dai loro propositi.
La svolta si ebbe con l’impegno attivo degli usa e degli URSS che intimidirono gli stati minori affinché approvassero i loro piani, e cosi dopo una serie di encomiabili minacce si arrivò alla nascita di un altro infruttuoso stato.

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