Sono passati due anni da quel 11 Ottobre 2009 quando ignoti riarredarono una sede neofascista in città, evento per il quale fummo –in varie fasi- arrestati in sette, condannati in primo grado in sei, a mezzo di due sentenze (la mia con rito abbreviato, quella degli altri con rito ordinario) al limite del ridicolo.
Sono passati due anni, lasso di tempo nel quale ci siamo visti sbattuti in prima pagina, additati, biasimati da un po’ tutti, nonostante le accuse nei nostri confronti fossero evidentemente inconsistenti quando non palesemente costruite a tavolino da alcuni miseri nostalgici in camicia bruna che pensarono evidentemente di guadagnare visibilità e denari, e da vanitosi funzionari di questura e tribunale smaniosi di aggiungere una nuova medaglietta sui loro sudici sai da inquisitori.
Venerdì 7 Ottobre 2011 il tribunale d’appello di Firenze mi ha assolto per non aver commesso il fatto ribaltando la sentenza di primo grado del tribunale di Pistoia; poco m’interessa mettere a confronto le differenti capacità dei due tribunali, come ancor meno m’interessa tessere le lodi quello fiorentino, ben consapevole del vile attacco che quest’ultimo sta portando senza tregua agli studenti della città di Dante, sepolti sotto denunce ridicole, anche loro rinchiusi e attaccati da ogni lato per il solo motivo di aver deciso di rivendicare con forza e decisione i propri diritti, o l’offensiva che da anni sta portando avanti contro i compagni anarchici che a breve dovranno affrontare un delirante processo per associazione sovversiva, rei di aver srotolato striscioni e aver irriso qualche politicante locale.
Non è la giustizia dei tribunali che m’interessa, ma come questa venga utilizzata strumentalmente a fini politici contro chi decide di muoversi fuori dall’alveo della rivendicazione simbolica dei propri diritti. A Pistoia si sono presi a pretesto i fatti di quella giornata per colpire un movimento che nei mesi (e gli anni) precedenti si era mosso in maniera fattiva e complice con i lavoratori in lotta, fossero quelli dell’Answers o della Radicifil, portando sempre un punto di vista differente da quello delle ufficialità burocratico/politico/sindacali. Questo era inammissibile, l’11 Ottobre è stato lo specchietto per le allodole che la repressione ha utilizzato per colpirci, per ingaggiare le nostre forze in iniziative di solidarietà e controinformazione sviandole dalle tematiche che fino a quel punto avevamo affrontato. In due anni ci siamo visti bandire dai circoli arci a mezzo diffida ufficiale, abbiamo visto le “sinistre” cittadine voltarsi dalla parte opposta, prendere le distanze accettando acriticamente le tesi della questura senza voler mai affrontare il dibattito su un castello accusatorio che a chiunque abbia avuto voglia di prenderlo in esame è da subito risultato risibile. Eppure in due anni ci siamo dati da fare, abbiamo raccolto materiale, smontato testimoni fasulli e messo in dubbio, fino a sgretolarle, verità che sembravano granitiche…nonostante ciò per quieto vivere il tribunale di Pistoia ha deciso di portare la farsa fino in fondo, ben sapendo che poi a Firenze non avrebbero potuto che assolvere, ma a quel punto la faccenda non li avrebbe più riguardati.
La sentenza di Venerdì 7 non è che il prologo di una storia che avrà il suo epilogo con l’assoluzione per tutti gli imputati. Di tutto ciò rimarranno i mesi di carcerazione, i soldi spesi in avvocati, la totale acriticità dei giornalisti che hanno seguito la vicenda basandosi solo sulle veline di questura, un movimento pistoiese pavido e tremante e la solidarietà giunta da tutta Italia e dall’estero.
Alcune domande poi sorgono spontanee: quanto è costato il moloch giudiziario messo in piedi dalla procura pistoiese? Che credibilità rimane agli apparati repressivi di questa urbe? E quanta ne rimane a chi ha piagnucolato mentendo nelle aule di giustizia accusando per avidità a destra e a manca?
Ma il passato è passato, il presente è fatto di una città che sta affogando nel cemento nell’indifferenza generale, dell’occupazione in picchiata libera, dell’ambiente avvelenato da inceneritori e discariche, di una classe politica nepotista e di una crisi generale del sistema economico e di valori capitalistico che possono essere affrontati solo ribaltandone radicalmente i paradigmi, rifiutando gerarchie e deleghe, autogestendo orizzontalmente l’esistente…è questo quello che ora mi/ci interessa, questo è quello di cui continuerò/continueremo ad occuparci.
Marco Tonarelli, Anarchico individualista .
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