All’alba di oggi, primo agosto, intorno alle sei del mattino, decine di immigrati reclusi in un campo di concentramento di Stato (cpt/cie) sono evasi, rompendo le recinzioni e riversandosi nei campi, ma invece di fuggire, come sarebbe stato scontato, i giovani provenienti per lo più dal centro e dal nord Africa hanno deciso di invadere la strada statale (arteria del traffico pugliese) e le rotaie della ferrovia (unica nella ragione) , erigendo infuocate barricate, distruggendo vacanziere automobili e attaccando la polizia accorsa in tenuta antisommossa. Non solo una rivolta violenta, ma il gesto preciso di chi chiede un semplice pezzo di carta, un banale permesso di soggiorno.
In Salento, vicino Nardò, sabato sera scorso, centinaia di braccianti, tutti immigrati, si sono riuniti in assemblea dopo la morte di un loro collega tunisino di 34 anni, morto per «cause naturali» hanno sentenziato i medici (come se fosse naturale vivere in condizioni di miseria assoluta e morire mentre si è chini a raccogliere ortaggi sotto il sole rovente di luglio per pochi euro). La riunione ha deciso per lo sciopero a oltranza, al fine di costringere la parte datoriale a elargire la paga prevista per legge (38,49 € a giornata - 6:30 ore al giorno - e 5,92 € l’ora) anziché le attuali retribuzioni che ammontano a circa al metà delle determinazioni del normale sfruttamento. L’assemblea ha anche denunciato l’indegna tratta dei caporali che, ogni mattina, raccattano i lavoratori per strada, pretendendo 3-5 € per essere portati al lavoro (!!). Lo sciopero, lasciando a terra il “raccolto”, può mettere a repentaglio gli ingenti profitti dei padroni dell’agricoltura. L’assemblea e la mobilitazione dei braccianti immigrati è completamente autorganizzata e dalla spontaneità iniziale si va passando a una strutturazione della protesta. Subito, come avvoltoi, si sono fiondati i bonzi della Cgil, cercando di incanalare la lotta. Vedremo.
| laMalatesta |
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