Cerca nel blog

lunedì 2 aprile 2012

Provocatori

Una settimana fa, nella notte tra domenica 25 e lunedì 26 marzo, qualcuno ha appiccato il fuoco ad una centralina elettrica sulla linea ferroviaria fra Lambrate e Rogoredo, nei pressi di Milano. Mancavano solo due giorni all'anniversario della morte di Baleno, Edoardo Massari, l'anarchico arrestato con l'accusa di essere uno degli autori dei sabotaggi contro l'alta velocità in Val Susa e suicidato qualche settimana dopo in carcere nel lontano 1998. Qualcuno ha voluto ricordarlo, lui come Sole – ribelli scomparsi che a modo loro hanno contribuito ad accendere gli odierni sommovimenti valsusini.
Ma il piccolo atto di sabotaggio compiuto una settimana fa, accompagnato da alcune scritte contro il Tav, ha causato un certo disagio. A chi? Passi per le Ferrovie dello Stato che hanno lamentato ritardi nella circolazione dei treni. Passi per i viaggiatori che non hanno gradito di veder rallentato il proprio trascinarsi quotidiano. Ma che dire di quegli oppositori dei padroni delle ferriere che possono vantarsi di aver portato la lotta NoTav fuori dalla selva oscura della rivolta per trascinarla nell'illuminata agorà – piazza e mercato al tempo stesso –  della politica? Puntualmente si sono affrettati ad evacuare un comunicato di dissociazione* diffuso a nome di un tal Movimento che in circostanze del genere assomiglia decisamente più ad un Partito o ad una Organizzazione.
Infatti un movimento sociale degno di questo nome, che per di più si pretende senza leader e senza Comitati centrali (visibili o invisibili che dir si voglia), dovrebbe comprendere al suo interno tutti coloro che ne condividono il fine liberatorio  immediato, senza discriminazione alcuna sui mezzi. Se davvero fosse composto da una molteplicità di sfumature, rispettose le une delle differenze delle altre, a nessuna delle sue parti verrebbe in mente e sarebbe concesso di decidere la tinta unita a cui omologarsi. Contro il Tav – si sente dire – si dovrebbe poter recitare preghiere e tirare bestemmie, sussurrare e urlare, passeggiare e correre, difendersi e attaccare. Ed invece, ecco spuntare imperturbabile il solito ceto politico che si affanna a fare fronte contro i «provocatori» che non rispettano le «metodologie di lotta popolare fatte alla luce del sole» (linguaggio vetero stalinista quanto mai rivelatore). Ma chi lo dice che quelle metodologie sono l'unica e legittima espressione di un intero movimento? Già è irritante la costante preoccupazione di farsi benvolere dall'opinione pubblica quando si tratta di fatti che accadono in valle (come l'incendio dei veicoli della Italcoge di Susa nel luglio scorso), ma ora si è arrivati a tracciare linee di condotta anche per chi vive altrove. Senza che la cosa abbia suscitato un dibattito di qualche rilievo. Silenzio, nell'agorà tutto tace.
C'è chi si dissocia dal disordine dell'attacco singolare per dedicarsi all'organizzazione dell'acchiappo collettivo. E c'è chi mantiene in proposito un riserbo giustificabile solo in nome della Ragione del controStato. Nonostante le chiacchiere interessate ma assai poco interessanti, è bastato il piccolo fuoco divampato fra le rotaie meneghine per mostrare la grande differenza che intercorre fra la percezione che il tav è ovunque e l'intenzione di portare la valle in città. Nel primo caso viene identificato il nemico, se ne mostrano i lineamenti e l'onnipresenza sul territorio al fine di metterlo alla portata delle attitudini di chiunque. Nel secondo invece si pubblicizza un modello giudicato vincente, pretendendo di imporre le «metodologie di lotta popolare fatte alla luce del sole». A scapito di chi, è facile capirlo: di chi intende partire, agire e tornare in ordine sparso, a seconda dei propri gusti. A beneficio di chi, non ci sembra più superfluo aggiungerlo. Di quella politica portata avanti dagli strateghi diversamente repubblicani che, nel loro delirio d'onnipotenza, si son messi in testa di poter dettare a tutti ed in tutta Italia, non solo in una vallata piemontese, le istruzioni pratiche del conflitto — ovvero il chi, cosa, come e quando. Ma le pecorelle, non stavano dall'altra parte della barricata?

Nessun commento:

Posta un commento